Il messaggio è chiaro: il nuovo approccio al vino cambierà anche tutta l'agricoltura. Questo il senso della terza edizione di Slow Wine Fair: mille espositori presenti, più di 300 in più rispetto allo scorso anno, per una Wine List (così viene chiamata dagli organizzatori) di ben 3.576 etichette da degustare in allegria. E la direzione resta fissata verso un orizzonte più buono, più pulito e più giusto. L’atmosfera che regnava a Bologna era gioiosa, piena di brio e spensieratezza. Più di 12mila gli ingressi registrati, un vero record. Il momento non è di certo dei migliori se osserviamo diversi fattori che riguardano il mondo del vino, a partire dall’export, ma forse, anche per questo, una fiera rivolta perlopiù al pubblico di appassionati e consumatori finali è quello che ci vuole in questo momento. Non ci sono solo loro, ovviamente.
Organizzazione, numeri e vino
L’organizzazione ha pensato a tutto ed ecco quindi anche un folto gruppo di addetti al settore pronti a incontrare - attraverso una piattaforma dedicata - i tanti produttori giunti a Bologna. Tutto è filato liscio fin dal primo giorno. L’affluenza è di quelle di cui non ci si lamenta, si assaggia senza troppa ressa e tutto va nella giusta direzione, sia per gli avventori, sia per i produttori.
Due i padiglioni dedicati e non solo banchi d’assaggio (che tra l’altro ospitano le aziende che arrivano da 27 paesi diversi oltre che da tutta Italia): tantissime le masterclass organizzate, di diverse tematiche, molte delle quali sono incentrate su temi da sempre cari a Slow del Buono, Pulito e Giusto. Le parole di Giancarlo Gariglio, curatore della guida Slow Wine fanno capire bene la direzione della fiera e degli incontri organizzati.
«La Slow Wine Fair è una fiera ambiziosa con un importante obiettivo: cambiare l’approccio all’agricoltura attraverso la produzione del vino. Le quasi mille aziende che hanno esposto i propri vini alla Slow Wine Fair hanno fatto da tempo una scelta precisa, che va nel senso della drastica riduzione della chimica di sintesi. Inoltre, utilizzano le risorse ambientali in maniera cosciente e sostenibile, sono lo specchio del loro terroir di provenienza, di cui preservano la biodiversità, e sono motori di crescita sociale delle rispettive comunità di appartenenza.
Oltre il 50% delle aziende presenti sono certificate biologiche o biodinamiche e indicano con chiarezza come fare agricoltura in modo profittevole e sostenibile, avendo cura della fertilità del suolo, tema portante di questa terza edizione. Un suolo sano costituisce, infatti, la base essenziale dell'economia, della società e dell'ambiente, in quanto produce alimenti, accresce la nostra resilienza ai cambiamenti climatici e favorisce il nostro benessere».
I 12 migliori vini assaggiati a Slow Wine Fair
Vi presentiamo alcuni vini che ci sono rimasti ben impressi, non solo per la loro mera bontà, ma e soprattutto per la loro schiettezza, il loro modo di comunicare una o più varietà in un territorio ben preciso. Vini sinceri quindi, con carattere da vendere e una loro precisa identità. Sono una dozzina, ma la lista sarebbe molto, molto lunga.
1. Barolo Montanello ’19 – Monchiero
Vino di grande eleganza nonostante la sua giovane età, ma qui la bella annata fa tanto ed è così che il Montanello riempie il bicchiere di note terrose, di liquirizia e sottobosco e convince al palato per freschezza acida, un tannino presente ma molto integrato alla materia e una sapidità finale che lo rende profondo, finissimo e vibrante.
2. Cerasauolo d’Abruzzo Baldovino ’23 - I Fauri
Valentina e Luigi Di Camillo non produrranno Montepulciano d’Abruzzo nell’annata 2023 ed è così che tutte le uve raccolte sono andate in un Cerasuolo a dir poco delizioso. Corpo e struttura non mancano ma tutto è reso perfettamente equilibrato dalle parti dure: c’è un pizzico di tannino a dare ritmo, la freschezza non manca, ma soprattutto il finale saporito e appagante che spiazza. È un’anteprima, ma già lo vediamo come un vino da bere e da ribere, in estate come nel resto dell’anno.
3. Costa d’Amalfi Bianco Per Eva ’22 – Tenuta San Francesco
Delizioso bianco della Costa d’Amalfi prodotto dalla Tenuta San Francesco che già ci ha abituato a grandi vini di stampo mediterraneo, sapidi e appaganti. Per Eva è composto da tre varietà, 40% di falanghina e parti uguali di ginestrella e pepella, entrambe autoctone. Profumi di macchia, erbe aromatiche, fiori bianchi e un tocco floreale anticipano una bocca ampia e freschissima, dove l’acidità va a braccetto con la parte salata e insieme regalano un sorso profondo e appagante.
4. Derthona Timorasso Pitasso ’21 – Claudio Mariotto
Uno dei riferimenti per il Timorasso, Mariotto presenta i suoi bianchi a partire dallo storico cru Pitasso. Vecchie Vigne e la selezione naturale permettono di portare in cantina solo le uve migliori che nel bicchiere si esprimono tramite sentori di limone candito, ginestra e fiori gialli, erbe mediterranee e un tocco di elicriso. La bocca è ampia, il volume non manca, ma è la parte sapida che sorprende per il sapore e la profondità che riesce a dare.
5. Franciacorta Extra Brut Rosé – Barone Pizzini
Un Franciacorta che arriva da una delle cantine più attente alla sostenibilità e alla salvaguardia ambientale. Ci piace davvero questo Rosé in versione Extra Brut, ottenuto da Pinot Nero per il 70% e la restante parte di Chardonnay. Carbonica precisa a dare armonia al sorso, bella freschezza acida e un finale incredibile per finezza ed eleganza. Il naso fa il resto con i toni di fragolina di bosco tipici dell’uva rossa a fondersi bene con le sensazioni di fiori bianchi e pasticceria.
6. Grignolino d’Asti Arlandino ’22 – Tenuta Santa Caterina
È da tempo che apprezziamo i vini di Santa Caterina e in particolare i Grignolino di cui vi consigliamo alcune versioni con qualche anno sulle spalle. In questo caso però provate la versione giovane e pimpante chiamata Arlandino: frutti di bosco e spezie al naso, un tocco vinoso al palato e via sulla scia di una bella sapidità che si alterna alla freschezza acida. Davvero delizioso. Complimenti anche per il lavoro portato avanti dall’azienda riguardo la valorizzazione della fertilità dei suoli e la salvaguardia della biodiversità.
7. Lambrusco di Sorbara Lambrusco del Fondatore ’22 – Tenimenti Cleto Chiarli
Punto di riferimento assoluto se parliamo di Lambrusco, l’azienda della famiglia Chiarli racchiude dentro il marchio Tenimenti Cleto Chiarli il fiore all’occhiello della sua produzione, unicamente frutto di vigneti di proprietà. Il Lambrusco del Fondatore è un Sorbara di grande piacevolezza, che si distingue per la sua acidità che regala al sorso freschezza ed eleganza ed è perfettamente integrata a una materia succosa, scorrevole e profonda.
8. Ogliastra Rosso Case Sparse ’22 – Pusole
Lorenzo e Roberto Pusole lavorano con passione e rispetto del territorio alcuni ettari di vigna in piena Ogliastra. Siamo molto vicini al mare e l’uva d’elezione è il Cannonau che rappresenta la quasi totalità dell’assemblaggio del Case Sparse, vino dove viene utilizzato anche un 10% di Monica, vinificata col grappolo intero. Il risultato è un vino di grande freschezza che regala chiari cenni aromatici mediterranei, un sorso scorrevole e succoso e un finale sapido, leggermente pepato e dalle note di frutti rossi.
9. Spoleto Trebbiano Spoletino Anteprima Tonda ’21 – Antonelli San Marco
Cantina che non ha di certo bisogno di presentazioni, conosciuta per aver reso grande il territorio di Montefalco attraverso vini di stampo artigiani, molto ben fatti e identitari. A parte i rossi da uve sagrantino e sangiovese, tanto è l’investimento nel trebbiano spoletino, da cui deriva questo delizioso bianco frutto di un singolo vigneto. Macerazione sulle bucce dosatissima e vinificazione in anfora per un vino che non si scorsa facilmente: buccioso, dai sentori di frutto giallo e dal palato lievemente tannico, ma mai contratto piuttosto saporito e profondo.
10. Toscana Tinto di Spagna ’21 – Antonio Camillo
Conosciamo e apprezziamo i rossi di Antonio Camillo frutto di uve ciliegiolo, ma siamo rimasti letteralmente stregati da alcuni vini ottenuti con carignano e grenache. Come quello che vi presentiamo, chiamato con un sinonimo dell’uva grenache/alicante/cannonau, che sorprende per dei profumi di piccoli frutti rossi, fragola e rosa, ma soprattutto per un palato goloso e fragrante, dove la bocca è ampia e scorrevole e succosa. Da provare anche il Granè (carignano) e il Mediterraneo (ciliegiolo, carignano e grenache)
11. Valtellina Superiore Il Pettirosso ’20 – Ar.Pe.Pe
Ae.Pe.Pe non ha di certo bisogno di presentazioni, i suoi vini sono un rifermento certo in Valtellina e in tutta Italia. Abbiamo assaggiato il Pettirosso ’20, frutto delle due grandi zone dell’areale, il Grumello e la Sassella. Vigne di 50 anni, chiavennasca in purezza, per un risultato strabiliante, in cui l’eleganza regna padrona ed è scandita da note di sottobosco al naso e da una bocca sottile, fine, quasi ossuta, ma mai scontrosa.
12. Vigneti delle Dolomiti Nosiola ’18 – Salvetta
Piccola, piccolissima produzione per la Nosiola firmata Salvetta che arriva dal cuore della produzione di questa varietà, la bellissima Valle dei Laghi. La 2018 ci ha fatto letteralmente impazzire, ma abbiamo avuto occasione di fare una piccola verticale dalla 2017 alla 2021 e i risultati sono convincenti su tutti i fronti. La fuoriclasse ci è parsa la 2018, a 6 anni dalla vendemmia la freschezza olfattiva e gustativa è stupefacente e il vino è un tripudio di complessità, unita a un’eleganza senza eguali. Assolutamente da provare.