L’Italia è il secondo produttore al mondo di pomodoro, dopo gli Stati Uniti. Il pomodoro ed i suoi derivati sono un ingrediente fondamentale della cucina italiana ed un simbolo del Made in Italy, talmente connaturato con le nostre tradizioni alimentari, che lo consideriamo un prodotto autoctono del nostro Paese. Eppure, è arrivato da noi dopo la scoperta dell’America. Una considerazione analoga possiamo farla per i vitigni che sono coltivati in Italia. La gran parte è arrivata da altri Paesi, dando origine spesso nuove varietà attraverso incroci spontanei ed in minima parte sono il risultato della domesticazione delle viti selvatiche di un preciso luogo. A questo proposito solo un gruppo di vitigni può definirsi autoctona nel vero senso della parola, quelli che hanno nella radice semantica del loro nome, il termine labrusco/lambrusco.
Da cosa dipende l’attributo autoctono
Nel parlare comune, tutti questi vitigni coltivati da tempo in Italia sono definiti autoctoni, anche quando non lo sono. Ci si chiede allora se l’attributo di autoctono sia riferibile ad un luogo o come spesso si vuol fare credere, al tempo, al periodo dal quale è possibile documentare la sua coltivazione. In questa prospettiva anche il concetto di autoctono può paradossalmente perdere il suo significato ordinario per acquisirne di nuovi. Volendo trasferire i metodi dell’antropologia culturale alla storia dei comportamenti di una popolazione nei confronti della coltivazione della vite è necessario considerarla come il risultato di un adattamento prima di tutto a un contesto naturale. Lo studio dell’origine dei vitigni, l’identificazione dei luoghi nei quali è stata fatta la loro domesticazione e la successiva acclimatazione, la valorizzazione attraverso i vini prodotti scandiscono il processo di riappropriazione di questo materiale vegetale nel suo luogo d’origine.
Il caso del sangiovese
Da qualche lustro, con l’irruzione della genetica molecolare nel riconoscimento delle varietà di vite, molti miti e speculazioni favolistiche sull’origine dei vitigni sono stati riviste e per molte varietà si è potuto risalire alla loro origine geografica, ricostruire i percorsi che le hanno condotte a noi, individuare i parenti anche lontani che hanno contribuito alla loro formazione. Per questo motivo il termine autoctono non è più riferibile al luogo d’origine del vitigno, ma al luogo nel quale il vitigno si manifesta in modo ottimale attraverso le sue caratteristiche produttive. Un esempio può chiarire questa affermazione. Il sangiovese, vitigno originario dell’Italia meridionale, come hanno dimostrato i rapporti genetici con alcuni vitigni calabresi e siciliani, produce i vini più rinomati in Toscana, a Montalcino o nel Chianti, e nessuno mette in dubbio che questo vitigno, nell’accezione comune, non sia autoctono di questa regione.