Gli acquisti di vino a livello mondiale sono fortemente rallentati dall'epidemia. E se l'impatto della pandemia non è ancora misurabile coi dati, tutti stanno rivedendo i piani di business. Rossi, spumanti, bianchi: la congiuntura negativa non sta risparmiando nessuno, nemmeno la corsa dei rosé che da un decennio, assieme alle bollicine, registrano le migliori performance sui mercati. I numeri diffusi dal recente rapporto dell'Osservatorio mondiale dei rosé ha certificato quello che si attendeva dopo un 2017 difficile: il record per produzione, consumi ed export globale di questa particolare categoria nel 2018 (anno a cui si riferiscono gli ultimi dati a disposizione) che restituiscono una fotografia di una realtà sempre più decisiva nell'equilibrio del grande mercato del vino.
Rosati asset strategico
Il rapporto è una cartina al tornasole per le imprese vitivinicole produttrici di questa tipologia, apprezzata da un crescente numero di consumatori, divenuta un segmento su cui puntare, con azioni mirate e di sistema che, soprattutto in questo momento di stallo, hanno bisogno di essere ridefinite. Lo sta facendo innanzitutto l'istituto Rosautoctono, nato appena un anno fa, che in questo 2020 avrebbe dovuto dare il via a una serie di iniziative sui mercati per valorizzare la grande diversità dei rosati italiani da uve autoctone. Purtroppo, tutto è cambiato e il mercato è fermo. Ma si potrebbe presto ripartire e, per cogliere il momento, occorrono idee chiare, e dati certi alla mano, per metter in campo le migliori strategie.
Nel 2018 produzione record
Oggi, nel mondo, una bottiglia su dieci di vini fermi è rosa e gli ultimi dati dell’Osservatorio mondiale dei rosé (aggiornati a tutto il 2018) dicono che è stato raggiunto il livello record di 26,4 milioni di ettolitri prodotti, con un aumento del 31% in un solo anno. A guidare il podio dei Paesi c’è la Francia che, dopo un quadriennio di cali, è passata in 12 mesi dai 5,5 mln/hl ai 7,5 mln/hl del 2018, guadagnando ben 2 mln/hl. Il segno dell’importanza che il segmento riveste nell’economia nazionale di settore (22% delle quote a volume). Livelli record anche per gli Stati Uniti (5 mln/hl) che sono un gradino sopra la Spagna. Tre Paesi che occupano il 64% del mercato a volume. L’Italia, dal canto suo, ha praticamente dimezzato i livelli produttivi se si considera il decennio 2008/18 e nell’ultimo anno ha incrementato lievemente i livelli quantitativi. Esce dalla top ten il Portogallo ed entra la Romania. Quest’ultima fa parte di quel gruppo di Paesi della Mitteleuropa e dell’Est Europa che stanno credendo nella tipologia rosata: Austria, Ungheria, Romania, Svizzera, Moldavia, che nel decennio segnano crescite tra 60% e 180%. Nel sud del mondo, il Cile ha più che raddoppiato e il Sud Africa che ha più che quadruplicato i volumi.
Boom dei consumi
Il 2018 sarà ricordato anche per aver toccato il tetto dei 25,6 milioni di ettolitri di rosé consumati, un livello che porta la crescita al 40% nel periodo 2002/18, nettamente sopra la media di tutto il vino che è stata di appena il 5%. Grazie al +9% registrato nel 2018, il peso dei rosati sul consumo globale di vini fermi ha raggiunto l’11,2%, il che significa che più di 11 litri su cento di vini fermi bevuti sono rosati. I mercati principali restano Francia e Stati Uniti che si confermano locomotive del comparto, scrivono gli analisti dell’Osservatorio, ricordando che assieme occupano il 54% delle quote (dieci anni fa erano al 47%). In particolare, la Francia conta più di un terzo (34%) dei volumi globali consumati; gli Stati Uniti rappresentano il 20% nel 2018, con un impressionante balzo nel solo canale off-trade di 43 punti sul 2017 (circuito che vale l’80% dei consumi in questo Paese). Il mercato a stelle e strisce è certamente quello a più alto potenziale per le imprese, considerando che il consumo pro-capite di rosati è ancora al di sotto dei 2 litri (14ma posizione globale). In calo, invece, tra gli altri Paesi, la Germania, l’Italia e la Spagna che dal 2002 ha segnato un -70% e che dal 2016 è stata superata dal Sud Africa nei volumi consumati. Si riprende il Regno Unito, dopo tre anni difficili. Mentre la Scandinavia (Danimarca, Norvegia e Svezia) ha triplicato in dieci anni i quantitativi.
Import
Quattro bottiglie di rosato su dieci consumate nel mondo sono d’importazione e, nel 2018, ammonta a 10,9 milioni di ettolitri il quantitativo di import di vino rosa (+7% sul 2017), confermando una tendenza in atto da oltre quindici anni. La Francia, con 2,8 mln/hl, è il più grande acquirente ed è parte del quartetto che, con Germania, Regno Unito e Stati Uniti, conta il 62% dei volumi e il 55% dei valori. Gli Stati Uniti spendono più di tutti, importando 500 milioni di euro di questa tipologia, pari al 22% del totale, e dominano una classifica che vede al secondo posto il Regno Unito (14% delle quote) e al terzo la Francia (10% delle quote). Segnali positivi dalla Russia, dove è diminuita notevolmente la tipologia sfusa per far posto al rosé confezionato. L’Italia non compare nella classifica degli importatori né a volume né a valore. Le altre posizioni sono occupate da Belgio, Olanda, Svizzera, Danimarca, Canada e Russia.
Export
Il 2018 è l’anno dei record anche per le esportazioni di vini rosati, che hanno raggiunto i 10,6 milioni di ettolitri. La Spagna (40%) guida la classifica, seguita dalla Francia (14%) che ha superato l’Italia (13%). I tre grandi produttori rappresentano i due terzi di tutto il vino rosato venduto fuori confine, che tra 2002 e 2018 è aumentato del 39%. I rosati esportati valgono 2,2 miliardi di euro nel 2018 e segnano un incremento del 10% in un anno, pari a 200 milioni di euro.
Analizzando i singoli esportatori, la Spagna è leader dei vini entry level, con un prezzo medio di 0,75 euro per bottiglia da 0,75 litri (prezzo dogane, senza tasse); la Francia si conferma primo esportatore a valore col 32% delle quote e domina il mercato dei rosé premium, con un prezzo medio di 3,5 euro/bottiglia, in gran parte Made in Provence. L’Italia, pur avendo perso il secondo gradino del podio in quantità, è il secondo esportatore mondiale a valore, col 20% delle quote. Nei volumi, dopo un calo tra 2011 e 2013, è stabile dal 2015 ma non conferma nel 2018 la ripresa del 2017. Tre quarti dell’export italiano di rosati è confezionato e il nostro Paese, a fronte di un calo nei quantitativi esportati, ha registrato una “netta valorizzazione del prezzo medio, passato da 1,7 euro a 2,3 euro a bottiglia tra 2014 e 2018”, fa notare l’Osservatorio che, per i prossimi anni, prevede un’ulteriore crescita di questa categoria.
I distretti italiani del vino rosa
Ci siamo chiesti se l’Italia stia intercettando questo momento favorevole. In realtà, le potenzialità sono molteplici ma ci sono diversi tasselli da mettere a posto. Il 2020 sarebbe dovuto essere l’anno dell’inizio delle attività coordinate dell’Istituto del vino rosa autoctono italiano, ma l’emergenza Covid-19, che ha determinato la cancellazione del Vinitaly, ha rotto le uova nel paniere ai sei distretti riuniti sotto la presidenza di Franco Cristoforetti (Bardolino chiaretto, Valtènesi chiaretto, Cerasuolo d’Abruzzo, Castel del Monte, Salice salentino, Cirò). Ne abbiamo interpellati alcuni per capire che momento sta attraversando questo gruppo, che conta circa 20 milioni di bottiglie annue.
Valtènesi. Annullato l'evento Italia in rosa
“Il Vinitaly doveva essere un trampolino di lancio per le attività di Rosautoctono e ora dovremo rivedere i programmi”, spiega Alessandro Luzzago, alla guida del Consorzio Valtènesi (2 milioni di rosé prodotti nel 2019), che ha appena annunciato l’annullamento di Italia in rosa, la vetrina dei vini di Moniga del Garda. Sui dati dell’Osservatorio mondiale dei rosé, Luzzago evidenzia l’importanza della crescita del valore medio delle bottiglie italiane esportate: “I consumatori globali sono disposti a spendere di più per la qualità. Il rosato, del resto, si lega a un’utenza giovanile e dinamica e ciò emerge in particolare in Nord Europa e Nord America. Il consumatore italiano” osserva “è più tradizionalista e fa più fatica a recepire il concetto, ma prima o poi anche l’Italia sarà matura da questo punto di vista”.
Trimestre positivo per il Chiaretto di Bardolino
Primi tre mesi positivi per il Chiaretto di Bardolino. Gli imbottigliamenti, secondo i dati del Consorzio di tutela del Chiaretto e del Bardolino, segnano inaspettatamente un balzo in avanti del 21,1%. Una crescita che si accompagna a quella della versione rossa (+2,6%) che porta la Doc veronese a +9,7% nel trimestre. Come riferisce il presidente Franco Cristoforetti, la Gdo ha incrementato la domanda di vini quotidiani e accessibili e “la filiera sta raccogliendo i frutti di un buon lavoro anche in una fase di emergenza come quella provocata dall’epidemia da Coronavirus”. In tre mesi, sono già stati collocati 2,6 milioni di bottiglie di Chiaretto, mezzo milione in più dello stesso periodo dello scorso anno.
Salice salentino. Spunta l'idea di una doc Salento rosato
Damiano Reale, alla guida del Consorzio del Salice salentino, legge i dati del rapporto con un occhio ai quantitativi: “L’Italia non riesce a sfondare sulle quantità perché i distretti non sono concentrati come accade alla Provenza in Francia. Tuttavia, nonostante le iniziative di Rosautoctono non siano potute partire per l’emergenza sanitaria, intendiamo valorizzare a pieno il rosato italiano nei prossimi mesi. E se guardo, in particolare, al mio Salento” aggiunge “ritengo che la creazione di una Doc Salento rosato possa dare un contributo importante alla valorizzazione dei prodotti e del territorio”. Per i salentini, la ripresa passerà per iniziative con la ristorazione locale a partire dalla tarda primavera se, come ci si augura, l'emergenza sarà rientrata. "La promozione si concentrerà sul nostro territorio" aggiunge Reale "dove ci auguriamo anche di rivedere un po' di attività turistica, per noi fondamentale".
a cura di Gianluca Atzeni
Articolo uscito sul numero di Tre Bicchieri uscito il 9 aprile.
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