Qualcosa è cambiato, ma non è solo la fiera di Düsseldorf. C’è di più e ci riguarda tutti. La percezione è netta non appena mettiamo piede a ProWein. Attraversiamo i padiglioni 15 e 16, dedicati all’Italia, quindi prendiamo di slancio la prima uscita e raggiungiamo i cugini francesi, raccolti tra il 9 e il 10. L’afflusso è parecchio lento, continuo, ma flemmatico per una fiera di questa portata. Dopo pochi minuti, raggiungiamo il padiglione 5, quello dedicato agli spirit. C’è molta più gente che nelle sale che ospitano grandi produttori di Barolo o Bordeaux, l’età media? Nettamente più bassa.
Una scena simile l’avevamo vissuta, poche settimane fa, a Wine Paris, con il rinnovato spazio per gli spirit ben più frequentato di tanti padiglioni che accoglievano territori blasonati. In entrambi casi abbiamo avuto provato un brivido lungo la schiena. Sì, qualcosa sembra esseri inceppato nel mondo del vino. E le fiere internazionali di settore sono solo specchio di una crisi di cui ancora non s’intuisce a fondo la portata, ma che genera paura e incertezza. Non preoccupano solo i numeri dell’export, in calo ovunque, o lo spostamento dei consumi, quanto l’idea di una diversa percezione del prodotto vino, a partire da una nuova fruibilità e una diversa consapevolezza sull’alcol. Che non è ancora ben chiara, o quantomeno difficile da leggere, visto l’exploit numerico dei mosti d’uva fermentati o la crescita di diversi superalcolici. Il rischio è di scambiare il sintomo con la malattia.
Meno visitatori, ma Prowein è ancora viva
Com’è andata la fiera di Düsseldorf? I 1.200 produttori italiani presenti – anche in quest’edizione l’Italia primeggiava per numeri - sono rientrati mediamente poco soddisfatti. Eppure, la sensazione complessiva è che sia andata leggermente meglio dell’edizione 2023, funestata da scioperi, ma non c’è stato quel rilancio auspicato. La migliore giornata per gli incontri e il business si confermata quella di lunedì 11 marzo, con un martedì a dir poco deludente, mentre si mantiene alto il livello degli operatori chiave, che però è fermo, se non in diminuzione, da anni.
"Nessun'altra fiera offre una gamma così ampia come ProWein. Tutte le regioni vitivinicole internazionali sono rappresentate a Düsseldorf", afferma il direttore Peter Schmitz a caldo. "Siamo lieti non solo di registrare la massima qualità da parte degli espositori, ma anche di vedere persone di alto livello recarsi a Düsseldorf da tutto il mondo, tra cui un numero crescente di manager con potere decisionale".I numeri rilasciati dalla fiera parlando di 47mila visitatori nei tre giorni di fiera, 2mila in meno dell’edizione 2023, provenienti da 135 Paesi e ben 5,400 espositori in rappresentanza di 65 nazioni.
“Attenti a dare ProWein per finito. Di sicuro c’è una corrente che vuole affossarlo, ma la verità che è Wine Paris & Vinxepo Paris non sostituirà i clienti che porta Düsseldorf”, commenta Flavio Geretto, direttore commerciale di Villa Sandi. “È vero che Parigi è forse meglio organizzata, quest’anno ho visto una gestione che sta venendo meno e se non reagiscono perderanno terreno. I taxi che accettano solo contanti, bagni chimici fuori dai padiglioni, scale mobili ferme. Però con grande onestà dobbiamo ammettere che c’erano molti più operatori asiatici qui che a Parigi, anche molti operatori da Stati Uniti e Sud America, oltre a tanto est Europa”. Geretto punta, poi, il dito contro le stesse aziende: “Vedo ancora troppe cantine che non preparano la fiera e bisogna saper fare business, girando e informandosi. Vedo ancora tantissima gente ferma a guardare, un atteggiamento passivo. Cosa aspettano? Godot?”.
Il confronto con Wine Paris
“Qui a sinistra c’è un Consorzio, alla mia destra due imbottigliatori, lì uno che vende bag in box e vino sfuso: Prowein sta diventando questa cosa qui, una fiera da volumi. Per il singolo produttore di qualità è diventata una spesa troppo alta”, ci dice Luca Cuzziol, presidente di Cuzziol Grandi Vini e del club Excellence, che riunisce i maggiori importatori di Champagne in Italia. “Di sicuro, il principale motivo per venire qui, vista l’offerta, è quello di girare per il Nuovo Mondo. Ma ancora una volta Düsseldorf ha dimostrato che non vuole sostenere ProWein, tra tariffe alberghiere molto gonfiate e collegamenti aerei complicati. E c’è un problema storico, il nord Europa è storicamente un mercato dove il prezzo medio viene prima della qualità, penso a Germania, Paesi Baltici. Questo condiziona sempre più la natura della fiera”, aggiunge.
Accanto a lui Bruno Paillard, della celebre maison di Champagne, conferma quanto sia più conveniente l’offerta di Parigi, a partire dai prezzi di alberghi e spostamenti. I manager di Prowein, d’altro canto, hanno sottolineato i giudizi positivi degli espositori tedeschi – commenti che trovano conferme nei nostri assaggi e interviste al padiglione 1 – elogiando la professionalità degli operatori presenti e la conferma di una vocazione internazionale senza eguali. In generale, abbiamo visto grande partecipazione alle masterclass e a tutti quegli incontri dove il vino veniva proposta in una formula diversa dal solito assaggio al banchetto.
Per Perrucci, una fiera triste in un mercato triste
Dritto e lucido il pensiero di Gregory Perrucci della cantina Felline: “Una fiera triste. Un Prowein difficile, incerto e all’insegna della minaccia (di mercato in crisi, di assenze di operatori, di scioperi e disagi). E infatti la vigilia è stata sfregiata dai numerosi voli cancellati da Lufthansa, che ha lasciato a casa o procurato innumerevoli ritardi e frustrazioni ai visitatori che erano in partenza da ogni parte del mondo. Il primo giorno si è capito che non solo l’affluenza era minore, così come il numero degli espositori, ma che anche i servizi erano in disarmo (niente punti distribuzione caffè, niente acqua) ma addirittura le toilette interne soppresse e sostituite con dei “cessi container” unici per uomini e donne… Infine l’ultima giornata è stata segnata dallo sciopero di tutti i mezzi pubblici, che ha impedito il regolare afflusso alla fiera. Taxi introvabili, treni per l’andata e per il ritorno saltati, così come molti voli Lufthansa. Risultato: pochissimi visitatori e fuggi-fuggi generale degli espositori, alla disperata ricerca di una via di fuga per il rientro a casa”.
Conclusione inappellabile: “Se il mondo è nel caos, la Germania è nel casino totale e una volta tanto possiamo dire che non siamo affatto peggio degli altri in questa Europa sfibrata da emergenze pandemiche, guerresche, energetiche, finanziarie e sociali. Anche il suo presidio culturale che è il vino ne soffre le conseguenze”.
E ora tocca a Vinitaly
Tiriamo le somme. Prowein 2024 ha visto la defezione di alcuni produttori di grande qualità, che davano vitalità e risonanza alla fiera tedesca, la sensazione confermata dai nostri intervistati è che si stia profilando una fiera per grosse aziende, lascando alla Wine Paris un carattere più centrato sulle aziende medie e piccole. Anche se Parigi, nonostante i progressi delle ultime due edizioni, mantiene una vocazione francese ancora forte – 3 padiglioni su 7 – sia sul fronte visitatori che su quella dei visitatori. Commentando entrambe le fiere, non vediamo però grossi riscontri sulla percezione reale che vuole ora il Prowein sotto scacco matto e Parigi con il pieno vento in poppa.
Attenzione a dare per spacciata Düsseldorf, 10 anni fa doveva soppiantare Vinitaly, oggi sembra sul viale del tramonto per molti. La storia della fiera di Verona ricalca ironicamente quella del pattinatore australiano Steven Bradbury che vinse l’oro alle olimpiadi di Salt Lake City nel 2002. Parte ultimo, ma i suoi competitor, in questo caso Prowein e Wine Paris, cadono in modo rocambolesco uno dopo l’altro. E si ritrova, incredibilmente, a tagliare il traguardo per prima.