È il momento del Prosecco light: la versione con meno alcol è l'ultima novità delle bollicine dei record

19 Dic 2024, 18:14 | a cura di
Nell'anno in cui la Doc veneto-friulana va verso quota 660 milioni di bottiglie, il presidente Guidolin rivela che è allo studio una versione con minore tenore alcolico: "Il nostro segreto? Essere un lusso democratico"

Il Prosecco del futuro avrà un'anima più leggera. E, a giudicare dai trend che si stanno affermando nel mercato globale del beverage, è probabile che i consumatori apprezzeranno - già lo fanno - un prodotto effervescente, facile da bere e, soprattutto, moderato. Nell'anno in cui brinderà al record produttivo di sempre, stimato tra 650 e 660 milioni di bottiglie, il maxi distretto veneto-friulano guarda avanti e studia il modo di soddisfare anche i palati più esigenti, i giovani, con una versione light. Il Consorzio di tutela della Doc Prosecco è al lavoro, come racconta il presidente Giancarlo Guidolin in questa intervista esclusiva al settimanale Tre Bicchieri. Oggi, i limiti minimi per la Doc immessa al consumo sono fissati, da disciplinare, a 10,5% vol per il frizzante e il tranquillo e a 11% vol per lo spumante. L'idea è abbassare tale limite portando i quantitativi di etanolo tra 8 e 9 millilitri per 100 ml di vino. Nessuna dealcolazione - non consentita dal decreto Masaf per le Dop - ma un'operazione di riduzione del titolo alcolometrico di questo vino a base glera, ottenuta con accorgimenti agronomici ma soprattutto enologici, che avrebbe indubbi vantaggi anche a livello di marketing e di comunicazione.

Partiamo dalle vendite estere, col Prosecco che pesa per il 20% sull'export italiano nei 9 mesi 2024. Ancora una volta siete determinanti.

Ritengo che sia tutto collegato all'affermarsi di un certo stile di consumo, alla versatilità del nostro prodotto, al fatto che le bollicine abbiano abbandonato quegli ambiti in cui erano relegate in passato, entrando in altri momenti della giornata, con un occhio al mondo dei giovani e del fuori casa. Il successo del Prosecco è legato alla piacevolezza del bere vini meno complessi, meno cerebrali di altri ma che sono capaci di dare soddisfazione. È il concetto di esperienza edonistica, di cui avete parlato anche voi, quella che i giovani riconoscono, cercano e a cui i produttori devono guardare, con una differente narrazione sul vino se non vogliono che i prodotti restino in cantina.

Come si chiuderà il 2024 e che prospettive ci sono per il 2025?

Raggiungeremo quest'anno il record di sempre negli imbottigliamenti: tra 650 e 660 milioni di bottiglie, con una crescita significativa, intorno al 6 per cento, in un contesto di sostanziale tenuta dei prezzi al consumo. Anche se notiamo che il valore si stia trasferendo più sulla distribuzione che sulla produzione. Guardando ai mercati, stiamo crescendo in doppia cifra in Francia, mentre Stati Uniti, Regno Unito e Germania restano gli sbocchi principali e non ci stanno tradendo. Per il 2025, non dobbiamo perdere di vista l'obiettivo della tutela del valore, con una crescita controllata. La vendemmia 2024 è stata inferiore alle attese, con rese intorno a 170 quintali per ettaro, ma grazie agli strumenti attivati dal Consorzio e messi a disposizione dalla normativa, riusciremo ad accompagnare la Doc anche in caso di ulteriore incremento delle richieste del mercato.

In questi anni, avete lavorato per conferire caratteristiche "pop" al vostro vino. Avete la consapevolezza di aver cambiato radicalmente l'immagine del vino italiano nel mondo? Lo ritenete un pregio o un difetto?

A livello internazionale, l'immagine del Prosecco e delle bollicine è cambiata. Un cambiamento che consideriamo un pregio. Il nostro posizionamento è diverso da altre eccellenze italiane. Usiamo l'espressione "lusso democratico" e la nostra è un'immagine giovane in cui accessibilità e contemporaneità sono valori positivi. Altrimenti, non avremmo lavorato in tale direzione. La nostra prossima campagna, infatti, punterà sulla condivisione come messaggio positivo sui giovani: non il vino per annegare le frustrazioni, bensì come momento di socialità. Il Prosecco è un prodotto icona del saper vivere e saper fare italiani. Non per niente "Italian genio" è il nostro claim. E da questo punto di vista pensiamo di aver puntato sul concetto di italian fine living, un edonismo destagionalizzato e quotidiano, che potrebbe essere un apripista per tutto il vino italiano.

Il vostro successo è collegato anche alla moda degli aperitivi, che talvolta però dequalificano il prodotto. Che debito sentite di avere nei confronti della mixology?

Per prima cosa, alla mixology abbiamo offerto un ottimo prodotto, funzionale alle sue esigenze. Del resto, un buon miscelato parte da una buona materia prima. Ma non ritengo che il nostro successo sia dipeso da quel settore. Oggi, la richiesta di Prosecco con l'aperitivo sta assumendo la veste di un percorso edonistico, nel senso che ci si approccia al cocktail scegliendo un determinato tipo di Prosecco, come si può fare coi vermouth o i gin. Da un altro lato, però, accade anche che molti consumatori siano indotti a credere che nei cocktail ci sia Prosecco, quando in realtà non c'è. Ciò dipende dalla serietà degli operatori. Siamo consapevoli di questo fenomeno, che però non leggiamo come uno svilimento della Doc. Anzi, al contrario, sempre più locali che servono lo Spritz ora tengono a sottolineare che quel cocktail è fatto col Prosecco.

A proposito di beverage contemporaneo. Il Prosecco ha un titolo alcolometrico inferiore alla media dei vini italiani, circa 11% vol. Per incontrare le esigenze del bere moderato, potremmo immaginare uno spumante Doc, non dealcolato, più vicino alle soglie minime di legge?

Tecnicamente, senza modificare il nostro disciplinare, potremmo già ora fare uno spumante aromatico a base di uva glera con titolo alcolometrico di 8,5% vol, ma alla luce dell'alto residuo zuccherino si andrebbe nella fascia del demi-sec, ovvero un prodotto a tendenza dolce.

Invece, per essere fedeli a quello classico bisognerebbe avere meno zucchero

Esatto. Sono in corso delle sperimentazioni per ottenere spumanti tra 8 e 9 gradi alcolici, con residuo zuccherino tra il brut e l'extra dry, preservando le caratteristiche del Prosecco: fresco, floreale, fruttato. Sottolineo che si tratta di sperimentazione pura, ad oggi, che vede coinvolti atenei universitari e centri di ricerca. Dobbiamo ancora giudicare gli esiti. E quando li avremo a disposizione ne discuteremo in Cda e coi soci per valutare se e come cogliere questa opportunità.

E un Prosecco dealcolato?

Le Dop, al momento, non saranno interessate dai provvedimenti relativi ai vini dealcolati, pertanto tale argomento non è all’ordine del giorno del nostro Consorzio. Anche se riteniamo che tali prodotti possano costituire un'opportunità per il nostro sistema produttivo, il quale, grazie alla rete commerciale costruita in questi anni con l'espansione del Prosecco e con un'adeguata strategia di comunicazione, potrebbe soddisfare la domanda di questa tipologia di vino. Inoltre, in termini ambientali, è necessario riflettere se tali pratiche risultino sostenibili. La separazione dell'alcol, infatti, necessita di un considerevole consumo di energia.

Tra le ultime creazioni, l'ultima è il Prosecco Rosé. Quali i numeri del 2024? Il progetto sta rispettando le aspettative?

In 10 mesi abbiamo venduto quasi 60 milioni di bottiglie, con un +21% sul 2023. Il rosé vale circa il 10% della denominazione e tale percentuale rispetta le stime del Consorzio fatte in sede di lancio nel 2020, quando parlammo di forbice tra 8% e 12% dei volumi totali. Possiamo dirci soddisfatti che il rosé sia apprezzato e che le previsioni si siano concretizzate.

Dove bisogna migliorare?

Sicuramente, dobbiamo penetrare meglio nel canale Horeca. Infatti, abbiamo notato che un certo segmento della ristorazione e degli enotecari che guardava al Prosecco con una certa supponenza ha apprezzato il rosé, perché ha trovato nel Pinot nero vinificato in rosso quella spalla che si riteneva mancasse al Prosecco. Dall'altro lato, abbiamo visto che chi proponeva il Prosecco ha chiuso le porte alla nuova versione, restando così fedele a quella classica.

Veniamo al tema dazi. Gli Stati Uniti sono un mercato importante per voi. Quanto vi preoccupano le intenzioni del nuovo presidente Trump?

Gli Stati Uniti valgono il 22% delle vendite estere del Prosecco Doc, con un +14% nei 9 mesi 2024. E spesso si giocano la leadership col Regno Unito. Stiamo monitorando il mercato e staremo a vedere se ci saranno dei dazi all'import. Nella passata legislatura a guida Trump, per noi non ci sono stati problemi.

I Paesi Mercosur possono essere una valida alternativa? Come, ad esempio, il Brasile.

Il Brasile ha un peso relativo sul Prosecco, stiamo parlando di percentuali vicine allo zero sul totale esportato. L'entrata in vigore dell'accordo di libero scambio con l'Ue prevede sulle Ig un phasing-out quinquennale per Argentina e Uruguay e decennale per il Brasile. Per noi, sarebbe sicuramente una grande occasione, perché una volta risolte le questioni sull'uso del termine Prosecco nel Mercosur ci troveremmo a discutere esclusivamente con gli australiani.

A proposito, come va in Oceania, dopo l'ok alla protezione in Nuova Zelanda del 2022?

In Australia, il confronto è aperto. Spero si arrivi presto a un accordo.

Un recente progetto con Microsoft e Zecca di Stato prevede l'uso dell'intelligenza artificiale generativa. in funzione anti-contraffazione. Il sistema è stato implementato?

La chatbot è stata implementata, ma dobbiamo ancora attendere. Parallelamente, abbiamo avviato un altro progetto per arrivare a un database comprendente tutte le etichette di Prosecco delle varie aziende, per consentire al Consorzio e agli enti di controllo, come Dogane e Icqrf, una più efficace attività di vigilanza e tutela. Sempre tramite una chatbot di intelligenza artificiale sarà possibile, anche per i consumatori, verificare che a un determinato contrassegno di Stato corrisponda a una determinata etichetta. Miglioreremo, soprattutto nel commercio online, il grado di raffinatezza, la profondità e l'efficacia dei controlli anti-contraffazione. Il nostro è un progetto pilota che potrà essere replicato in tutte le filiere del made in Italy.

Chiudiamo parlando del rapporto non sempre idilliaco con le altre Docg, Conegliano Valdobbiadene e Asolo. Da quest'anno ci sono nuovi presidenti. Come procede?

Stiamo cercando di trovare un punto di caduta che faccia emergere le peculiarità di ciascuna delle tre denominazioni, senza che questo incida negativamente su qualcuna in particolare. Ritengo che l’autorevolezza dei colleghi delle due Docg possa agevolarci in questo processo. Inoltre, stiamo definendo linee guida di comunicazione condivise che, nell’evidenziare le peculiarità che ci contraddistinguono, possano rafforzare il nostro sistema produttivo nel suo complesso permettendoci, nelle nostre differenze, di raccontarci tutti assieme.

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