A volte leggi certe carte dei vini e ti deprimi. Le etichette sono scelte “a peso”, da un solo distributore. Una roba tipo: “Caro, dammi un pinot grigio a caso, una falanghina, una ribolla e un etto di mortadella”. Altre volte ci sono prezzi folli, tipo furto con scasso. Direte voi: se non ti piacciono i prezzi, puoi non andarci. Ok, ma due obiezioni. Uno: la carta dei vini spesso non è pubblica. Una volta seduto che faccio, mi alzo? Due: ma perché mi devi togliere il piacere di bere una buona bottiglia al ristorante?
Prezzo del vino: vedi alla voce ricarico
La parolina magica è ricarico, ovvero quel di più che viene aggiunto al prezzo pagato sul prezzo di listino. State buoni, amici ristoratori, so bene che nel ricarico va inserita non solo la legittima brama di guadagno, ma anche i dolorosi costi dell’affitto, del personale, della burocrazia, delle utenze. E che un ristorante affaccio Duomo di Milano ha ricarichi ben più alti di uno del Crotonese. Ma spesso esagerate. Puntate sui ricarichi del vino per far soldi facili.
Qualche esempio? Vediamo a Milano, sulla base di listini Horeca del 2023. Al Vesta, il prosecco Cartizze 2022 Col Vetoraz viene un bel 60 euro: ricarico a cinque-sei volte. Da Bu:r, un Monleale 2013 di Walter Massa è in carta a 55 euro, per un costo al ristorante di 13,5 più Iva: ricarico quasi il quadruplo. Il Pertichetta di Massa, che ha lo stesso costo, misteriosamente è a 10 euro in più (50 euro di ricavo a bottiglia). Passiamo a Ceresio 7, sempre a Milano: una magnum Maurizio Zanella 2019 Ca’ Del Bosco da 88 euro arriva in carta a 285 euro. Margine di circa 178 euro. Non male, no? Eccoci al Sine by Di Pinto: un Furore bianco 2022 Marisa Cuomo da 14 euro (ora è già a 16) viene scodellato a 52 euro, il Fior d’uva 2020 da 36 arriva alla bellezza di 105 euro (oltre 60 euro di margine). Una malvasia 2019 Podversic da 26 euro arriva a 85 euro. Da Autem, il Valpolicella Rio Albo Ca’ Rugate, 7,65 al ristorante, è in lista a 45 euro: ricarico quadruplo.
Permetteteci di esagerare!
Ora, proviamo a ragionare. Ma possibile che dobbiate prendervi 50 euro per una bottiglia medio-bassa e 180 euro per una bottiglia speciale? E soprattutto: quante ne vendete di Magnum Zanella da 285 euro all’anno? Una? Due? E allora perché ricaricate così tanto? Non solo non è carino verso il cliente, ma è anche inutile. I soldi veri si fanno con i vini più ordinati. E si fanno spingendo il cliente a ordinare la bottiglia o fare il bis. Lo stesso vale per il prezzo minimo della carta: se mi parti da 40-50 euro, di solito con etichette “misteriosamente” esaurite, allora mi intristisco e bevo acqua. Insomma, amici sommelier e ristoratori: dimezzate i vostri margini sulle bottiglie più alte e contenete gli altri. Farete un favore a noi, che ogni tanto vogliamo esagerare, e pure a voi, che ci fate pure bella figura senza perderci nulla.