«Mi meraviglio che c’è chi si meraviglia della nostra fuoriuscita», inizia così la lunga conversazione, pregna di metafore e altre figure retoriche, con Quirico Decordi della Vinicola Decordi, uno degli imbottigliatori che ha lasciato il Cda dell’Oltrepò Pavese in dissenso con il Consorzio guidato da Francesca Seralvo. Al Gambero Rosso, Decordi (che in passato ha anche ricoperto il ruolo di vicepresidente del Consorzio) spiega i motivi che hanno portato a questo epilogo, rispondendo all’intervista rilasciata, scorsa settimana, dalla presidente. «Hanno fatto di tutto per arrivare a questo punto di gestione. Anzi di indigestione», aggiunge, spiegando che solo per senso di responsabilità lui, così come gli altri fuoriusciti - Federico Defilippi, Renato Guarini, Pierpaolo Vanzini e Valeria Vercesi - hanno lasciato solo il posto di consiglieri e non sono andati via dal Consorzio: «Altrimenti sarebbe saltato tutto». Scelta curiosa.
Il dissenso sul cambio del direttore
Sui motivi che hanno portato alla rottura, Decordi parla della scelta di cambiare il direttore: «Noi non eravamo d’accordo con la scelta di mandare via Carlo Veronese, accusato di non aver rispettato degli obiettivi che, in realtà, non gli erano mai stati dati. Piuttosto, l’Oltrepò Pavese non è mai stato così conosciuto nel mondo, come sotto la sua direzione".
Il caso delle fascette Igt
Ma il cambio di direzione non è l’unica recriminazione che viene fatta al Consorzio. L’altra riguarda l’adozione della fascetta di stato per le Igt: «La decisione era passata a maggioranza in assemblea, ma è stata ibernata dai vertici del Consorzio. Peccato, perché questo avrebbe garantito un freno alla contraffazione. Congelando tutto, invece, il Sannio, con l'Igt Benevento, ci ha preceduti ed è stata la prima denominazione ad utilizzarla. Per il resto aspettiamo di vedere programmi e obiettivi che fino ad adesso non sono stati palesati».
La rottura tra imbottigliatori e cooperative
Se queste sono i progetti disattesi, c’è poi qualche nervo scoperto di troppo, ovvero il rapporto con le cooperative. Sono state, infatti, queste ultime a spostare gli equilibri, decidendo, alle ultime elezioni, di spalmare i propri voti sul mondo produttivo e consentendogli per la prima volta di avere la maggioranza in Cda (strategia? Voglia di cambiare? Bisogno di conquistare nuovi spazi?). Non a caso, nella sua intervista, la presidente Seralvo ha ringraziato Terre d’Oltrepò e Torrevilla.
Ed è proprio questo il nodo della questione, come ammette lo stesso Decordi: «Non si capisce perché le cooperative ce l’abbiano con gli imbottigliatori. Si son vantanti di aver preso degli impegni che non possono mantenere e di portare via dei clienti a noi imbottigliatori. Ma mi domando io: come faranno a sostituirci? Non hanno né i mezzi né la forza commerciale per farlo, eppure è la loro dichiarata intenzione, come hanno anche detto ai conferitori. So pure che hanno convocato i buyer per fare offerte più basse della mia. Bene, si accomodino pure: io non toglierò nemmeno un centesimo ai miei prodotti».
La perdita dell’equilibro di filiera
La questione prezzo ci porta dritti ad un'altra faccenda che segna la distanza tra piccoli produttori e grandi imbottigliatori: il valore dei vini dell’Oltrepò. Su questo le posizioni sono molto lontane, sebbene rimanga da capire, in questo braccio di ferro, il vero ruolo delle cooperative: «Facciamoci una domanda – rilancia Decordi – il Consorzio dell’Oltrepò Pavese, vuole che vendiamo bene o che vendiamo tutto? Perché la nostra denominazione è fatta di piccole splendide aziende che fanno vini molto buoni, da gioielleria – e una di queste è quella della presidente (Tenuta Mazzolino; ndr) – e da chi fa bigiotteria, che è quello che vuole il mondo del consumo globale. È questione di equilibri di filiera. Quell’equilibrio che noi abbiamo sempre sostenuto e che comprende tutti: viticoltori, vinificatori e imbottigliatori. Ma adesso c’è chi pensa che all’improvviso si possa cambiare tutto, spostando l’asse verso la viticoltura (uno spostamento che, però, come Gambero Rosso apprezziamo, vista la quantità di eccellenti produttori di filiera che emergono anno dopo anno nei nostri assaggi; ndr)». Continua Decordi: «Noi compriamo vino in tutta Italia e lo vendiamo in tutto il mondo. Loro dove pensano di andare? Così hanno bloccato un ciclo che funziona da sempre. Ad ogni modo, noi ci siamo fatti da parte dal cda: che ci dimostrino che così le cose possono funzionare e andare meglio. Ma le dico già come finirà: non ci riusciranno».
La profezia di Decordi
La profezia dell’imbottigliatore poggia sulla convinzione che le cose non possano cambiare (e qui tornano le parole della presidente che faceva riferimento alla «paura dei cambiamenti»): «Una storia di cento anni non si può cambiare in cento giorni – ribadisce – Il mondo gira sempre dalla stessa parte. Il resto sono solo illusioni. Io l’ho sempre detto – conclude Decordi – noi siamo le stazioni ferroviarie. Loro sono i treni: di passaggio». Intanto, sono stati nominati i cinque consiglieri (produttori ed enologi) in sostituzione dei fuoriusciti e si attende la nomina del nuovo direttore.