Intervista al Ministro del Masaf Francesco Lollobrigida
Qualche settimana fa il Governo Meloni ha superato il traguardo dei primi 100 giorni di Governo: 100 giorni impegnativi, tra Legge di Bilancio da portare a casa e conseguenze della guerra in Ucraina a cui far fronte. Il vino, in particolare, ha dovuto fare i conti con la spinosa “questione irlandese”, inserita nella più ampia discussione sulle conseguenze del consumo di alcolici sulla salute. Questione su cui il Ministro dell’Agricoltura, della Sovranità Alimentare e delle Foreste, Francesco Lollobrigida, si è più volte speso, fino a portare in dono al suo omonimo irlandese una bottiglia di vino per cercare di alleviare la tensione. “Il vino nuoce alla salute … di chi non lo beve” è diventato il suo mantra delle ultime settimane. Assieme a lui, abbiamo provato a fare un bilancio di questi mesi e a delineare le prospettive per quelli a venire.
Partiamo dalla Legge di Bilancio: quali sono le principali misure che riguardano il settore agricolo, e in particolare il vino, da cui è lecito attendersi effetti positivi a breve termine?
Nella legge di bilancio sono previste delle agevolazioni per l’intero comparto agricolo, come ad esempio l’esenzione Irpef, l’azzeramento dei contributi per i giovani imprenditori agricoli, il credito di imposta esteso al primo trimestre 2023 contro il caro energia o il fondo per l’innovazione e la digitalizzazione, tutti strumenti pensati per agevolare la vita delle imprese e aiutarle a fronteggiare questo periodo di crisi che dura oramai da due anni. Al settore vitivinicolo sono, comunque, garantiti aiuti dall’Unione europea attraverso specifici fondi destinati al finanziamento di interventi strutturali, come la ristrutturazione del vigneto o gli investimenti in cantina, di promozione sui mercati dei Paesi terzi o volti a equilibrare il mercato come la vendemmia verde o la distillazione dei sottoprodotti.
A proposito di distillazione e altre misure di sostegno, il settore ha più volte espresso preoccupazione per l’eccesso di produzione che finisce per ripercuotersi sui listini. Molte regioni, tra cui Lazio e Puglia, hanno chiesto di ricorrere alla distillazione di crisi. In Francia lo hanno appena fatto. E in Italia? È il caso di contenere le rese?
La situazione è attentamente monitorata. I prezzi registrati a dicembre 2022 sono in linea con quelli dei mesi precedenti, pur se in lieve ribasso. Le giacenze sono leggermente in rialzo rispetto alla scorsa campagna, ma in linea con le precedenti campagne. Non sembra, quindi, ricorrano i presupposti per l’attivazione di una distillazione di crisi, che è uno strumento cui fare riferimento in situazioni di estrema difficoltà. Quanto al contenimento delle rese, il limite è stato già definito nel 2021 a 30 tonnellate per ettaro per i vini senza DO o IG. Resta inteso che siamo pronti a rispondere, in caso di necessità, a sostegno dei nostri produttori.
Altre preoccupazioni sono legate agli aumenti dei costi, ai rapporti tesi con la Gdo e alla mancanza di vetro. Le associazioni chiedono un dialogo schietto con tutta la filiera.
Siamo assolutamente consapevoli della situazione di crisi che va avanti oramai da più di due anni. Al di là dei possibili fenomeni speculativi, è indubbio che l’attuale situazione abbia generato difficoltà alle imprese, che spesso si trovano nella condizione di non riuscire a mantenere gli impegni assunti.
A suo avviso, quali misure potrebbero alleggerire il settore?
A fronte di tali criticità, l’Amministrazione si è fatta promotrice di specifici regolamenti derogatori, che introducono la necessaria flessibilità nella gestione dei programmi. Contestualmente, a livello nazionale, è stato approntato un quadro normativo che consente, a determinate condizioni, di variare gli interventi programmati, rimodulandoli in base alle necessità.
C’è, poi, un’ulteriore criticità che potrebbe ripercuotersi proprio sul futuro dei fondi promozione. Dal Cancer Plan alla risoluzione Oms fino all’etichettatura irlandese, il vino da mesi è costretto a difendersi dall’accusa di nuocere alla salute. Come si organizzerà l’Italia per difendere uno dei suoi prodotti di punta?
L’Amministrazione è da tempo impegnata in questa estenuante battaglia contro il terrorismo psicologico promosso, a livello di Unione europea e di singoli Stati membri, sulle ipotetiche conseguenze legate al consumo di bevande alcoliche. Non ultima la vicenda del regolamento di etichettatura di queste bevande adottato dal Governo irlandese, nei confronti del quale è ancora aperta la battaglia tra alcuni Stati produttori da una parte, tra cui in primis l’Italia e la Commissione europea ed il Governo irlandese dall’altra. Il nodo principale della vicenda sta nella equiparazione che viene fatta tra semplice consumo di alcol e possibile abuso, nonché nella mancanza di evidenze scientifiche a supporto della decisione del Governo irlandese di riportare in etichetta il riferimento allo stretto legame tra il “consumo” di alcol e alcune malattie particolarmente gravi.
Davanti a questo tipo di informazioni, come si possono rassicurare i consumatori?
È indubbio che sia assolutamente prioritario assicurare il benessere dei consumatori e salvaguardarli da ogni possibile rischio per la salute ma è altrettanto prioritario non creare inutili allarmismi condizionandone in modo terroristico le scelte. L’obiettivo è difendere il Made in Italy ma compatibilmente con le superiori esigenze della salute pubblica e ciò è possibile mediante una corretta informazione al consumatore e una distinzione tra consumo moderato e abuso, attraverso campagne di informazione specifiche.
Guardiamo al futuro. Da tempo si parla dei vini no o low alcol come di una nuova opportunità per intercettare nuovi consumatori. Tanto che anche la Pac li ha riconosciuti. Mancano tuttavia dei decreti attuativi per dare il via libera in Italia. Come si muoverà il Masaf? Rimarrà la dicitura vino o si pensa di modificarla?
Al riguardo è necessaria una premessa. Fin dalle prime fasi della riforma, quando si è iniziato a parlare di vini dealcolati, il Masaf si è fatto promotore di una battaglia per scongiurare la possibilità che i prodotti dalcolati venissero indicati con il termine “vino”, proponendo soluzioni diverse quali “prodotto dealcolato a base di vino” o “bevanda dealcolata a basa di vino”. Purtroppo, in tale contesto, non è stato possibile contrastare l’azione della Commissione bloccando l’introduzione di una nuova categoria di prodotti. A questo punto, considerando l’importanza della questione, occorre seguire con estrema attenzione l’evolversi della situazione, con l’obiettivo di valorizzare l’alta qualità delle nostre produzioni.
a cura di Loredana Sottile
L'articolo è stato pubblicato sul Settimanale Tre Bicchieri del 23 febbraio 2023
Per riceverlo gratuitamente via e-mail ogni giovedì
ed essere sempre aggiornato sui temi legali, istituzionali, economici
attorno al vino Iscriviti alla Newsletter di Gambero Rosso