Il rosato non è una categoria di prodotto, ma una lettura diversa di un territorio. Siamo convinti che negli ultimi anni la crescita dei vini in rosa sia stata imponente. Finalmente, troviamo rosé prodotti con le migliori uve a disposizione, con tante cantine che hanno deciso di puntare con forza su questa declinazione, andando a proporre gamme di rosati importanti e ben articolate. E il mercato sta rispondendo in maniera esaltante, in Italia come all'estero.
Qui ci concentriamo su alcune delle migliori espressioni di vini rosati della Puglia, ottenuti in purezza o in blend dai principali vitigni autoctoni e non solo, a partire dal negroamaro, che fa la parte del leone, visto che è presente in una notevole quantità nell'80% dei rossi e dei rosati della regione. Le sue origini sono antichissime: addirittura sembrerebbe essere arrivato in Puglia con le migrazioni dei coloni greci, nell'antichità. Di produzione abbondante e costante, si adatta benissimo ai terreni aridi e ai climi caldi. Se ne ottiene un vino di un intenso colore rosso-granato, pieno, rotondo e con uno spiccato retrogusto amarognolo; insieme alla malvasia nera, vinificato in rosato, dà un vino fine, fruttato e molto vivo, dall’aroma delicato.
Per il nome sono state fatte diverse ipotesi: alcuni ipotizzano che l'aggettivo "amaro", in passato a volte scritto staccato da "negro", stia a indicare la potenza del vino e la sua fittezza tannica; altri lo farebbero derivare dal greco antico amauròs, che significa "scuro, nero", quindi come a dire "nero nero", descrivendo l'aspetto impenetrabile del vino che ne deriva. Ci sarebbero anche altre ipotesi, ma il fatto certo è che il nome del vitigno è citato in un testo scritto per la prima volta solo nell'Ottocento.
Il vitigno una volta era diffuso in diverse zone del Sud-Italia: si coltivava in Campania, nei dintorni di Pozzuoli, nelle campagne di Barletta, in quelle di Bari: attualmente invece sono le province di Brindisi, Lecce e Taranto a ospitare il negroamaro che viene vinificato in purezza, ma non di rado insieme al primitivo, che è l'altro vitigno protagonista dei vini rosati che vi proponiamo.
Tra i vitigni autoctoni pugliesi, il primitivo è quello che può contare su una maggiore superficie vitata. Il nome deriverebbe dalla sua precocità di maturazione. Viene coltivato in buona parte della regione ma i suoi territori d'elezione sono certamente le alture calcaree di Gioia del Colle e le province di Taranto e Brindisi dove dà vita alla Doc Primitivo di Manduria.
Nel tempo la prospettiva stilistica dei Primitivo è cambiata: si è passati da vini molto caldi, spesso con residui zuccherini molto impattanti, a vini ovviamente di impronta mediterranea, ma dove il frutto riesce a mantenersi integro e dove, nei casi migliori, il sorso è puntellato anche da buona acidità.
Il bello è che per trovare grandi etichette tra questi vini non bisogna spendere una fortuna. Una raccomandazione: non abbiate paura a tenere questi vini fermi in cantina per altri 3-4 anni, avrete delle grandissime sorprese, perché anche i vini rosati, almeno quelli più strutturati, invecchiano bene e migliorano col tempo.
I migliori rosati della Puglia da negroamaro, primitivo e non solo
La lista che segue non ha la pretesa di essere esaustiva, ma vuole essere una bussola per scoprire una tipologia di vini ancora poco conosciuti e apprezzati rispetto a quanto meriterebbero. Comer dicevamo, i vitigni protagonisti sono il negroamaro a il primitivo, ma non mancano altri uvaggi (dal nero di troia all'aglianico al bombino nero) con i quali si posssono ottenere rosati di notevole livello. Alcuni sono stati premiati con i Tre Bicchieri, la massima valutazione della guida Vini d'Italia di Gambero Rosso 2024, altri sono comunque arrivati in finale, con i Due Bicchieri Rossi, altri ancora, sempre molto buoni, sono stati valutati con i Due Bicchieri.
Il Five Roses 79° Anniversario '22 (negroamaro 80% e malvasia nera 20%) al naso propone profumi di pesca gialla, agrumi dolci e gelsomino, mentre al palato è sapido, di bella freschezza, e con un finale teso, succoso e accattivante, senza concessioni a un'eccessiva dolcezza. Storico alfiere della vitivinicoltura salentina, la Leone de Castris conta su svariate tenute di proprietà che spaziano dal Salento alle Murge, con un'importante presenza di viti coltivate ad alberello pugliese e che vedono la presenza di molti vitigni, sia autoctoni, sia internazionali. L'ampia gamma di vini prodotti, una quarantina di etichette, è ben realizzata tecnicamente e di notevole nitidezza aromatica. Spiccano per tipicità e intensità i Salice Salentino nelle varie tipologie proposte.
Delizioso il l'EstRosa '22 (primitivo 85%, aglianico 15%) , che si colloca tra i migliori vini della regione, non solo tra i rosati ma in assoluto. Fresco, fragrante, equilibrato nelle sue note floreali, di frutti rossi di bosco e di macchia mediterranea, evidenzia un finale succoso, lungo e di grande piacevolezza. Pietraventosa, la cantina di Marianna Annio e Raffaele Leo si è imposta come una delle più interessanti realtà del comprensorio gioiese. I vigneti aziendali, posti a circa 380 metri di altitudine in una zona ventilata, sono situati su terreni calcarei e argillosi, ricchi di scheletro e di sali minerali, e vedono la presenza di un ettaro di vecchie vigne ad alberello di circa 70 anni. I vini proposti sono d'impianto moderno, ma elaborati per esprimere al meglio le caratteristiche del territorio e di affascinante espressività.
Ottimo il Kreos '22, Negroamaro Rosato dai profumi di pesca gialla e amarena e dal palato succoso, con un finale secco e piacevole. La famiglia Memmo gestisce da quattro generazioni Castello Monaci. Sono tre le tenute aziendali: Masseria Flaminio nel Brindisino, dove troviamo principalmente uve bianche, su terreni sabbiosi a ridosso del mare, mentre in provincia di Lecce è presente soprattutto primitivo nella Masseria Vittorio a Trepuzzi, situata su terra rossa ferrosa, e primitivo, malvasia nera e negroamaro nella tenuta di Salice Salentino, situata su suolo argilloso e tufaceo. I vini proposti sono di stampo moderno, con una particolare attenzione per la piacevolezza e la ricchezza di frutto.
Ottimo il Metodo Classico Brut Ancestrale Rosé '18 di Tenute Chiaromonte, fresco e grintoso, in cui spiccano toni di frutti rossi, scorza d'arancia e crosta di pane. La Tenute Chiaromonte, di Nicola Chiaromonte e Paolo Montanaro, conta su vigneti situati a oltre 300 metri di altitudine sui terreni carsici ricchi di minerali delle Murge che vedono la presenza di più di dieci ettari di primitivo ad alberello di oltre 60 anni di età. Accanto al primitivo sono presenti anche moscato, fiano, chardonnay e pinot nero.
Il Gelso Rosa 2022 (uva di Troia 100%) è uno dei vini proposti quest'anno da Podere 29, che ha compiuto vent'anni. Giuseppe Marrano nel 2003 ha deciso d'impiantare un vigneto su dei terreni situati a circa 10 chilometri dalle saline di Margherita di Savoia, in cui l'influsso marino è evidentemente molto importante. I vitigni presenti sono principalmente quelli autoctoni, dal nero di Troia al susumaniello al primitivo. I vini proposti sono d'impianto moderno, dallo spiccato carattere mediterraneo, con una particolare attenzione alla ricchezza del frutto e alla nitidezza aromatica.
Il Rohesia Negroamaro Rosato 2022 è uno dei vini presentati quest'anno da Cantele, azienda che oltre alle vigne di proprietà, situate fra Guagnano, Montemesola e San Pietro Vernotico su suoli calcareo-argillosi profondi e di medio-alta permeabilità, in cui predominano le terre rosse, conta su di un'attività di "negoce" che fa affidamento su circa 150 ettari di alcuni fidati conferitori seguiti dallo staff aziendale per tutto l'anno. I vitigni coltivati, oltre allo storico chardonnay, sono principalmente quelli della tradizione, come negroamaro, primitivo o susumaniello, per vini dallo stile moderno che vogliono unire tipicità e bevibilità.
L'Ondarosa 2021 di Amastuola (aglianico 100%) è uno dei vini presentati quest'anno dall'azienda della famiglia Montanaro, che in questi ultimi vent'anni ha completamente ristrutturato una masseria a corte chiusa del XV secolo per realizzarvi la cantina, un hotel e un ristorante. Situata nel cuore del Parco Regionale Naturale Terra delle Gravine, è circondata dal vigneto aziendale, dove trovano spazio diversi vitigni, sia tradizionali che internazionali. I vini proposti sono giocati soprattutto sull'espressione varietale, con una particolare attenzione alla piacevolezza e alla ricchezza di frutto.
Il Salice Salentino Negroamaro Rosato Le Pozzelle 2022 di Francesco Candido è uno dei vini proposti quest'anno dall'azienda fondata nel 1929 su oltre 250 ettari ottenuti dalla bonifica di un terreno paludoso tra Guagnano e San Donaci, l'azienda della famiglia Candido ha cominciato a imbottigliare le proprie uve nel 1957 e oggi propone una gamma di una quindicina di etichette. Le vigne, situate su differenti suoli, da quelli calcarei a quelli sabbiosi, vedono la presenza soprattutto di vitigni autoctoni con impianti in gran parte ad alberello. I vini proposti sono d'impianto tradizionale, ben realizzati e di bella precisione aromatica.
Il Bombino Nero Pungirosa '22 di Rivera è piacevole e immediato nelle sue note di melograno e ciliegia. L'azienda della famiglia De Corato è un punto di riferimento per la zona di Castel del Monte ed è una delle più famose cantine pugliesi. I vigneti di proprietà sono situati su due suoli differenti: le tenute Coppa, Rivera e Torre di Bocca su terreni calcareo-tufacei, tra i 200 e i 230 metri d'altitudine, la tenuta Lama di Corvo su terreni calcareo-rocciosi dell'Alta Murgia, a 350 metri sul livello del mare. Per le etichette provenienti da altre zone la cantina si appoggia invece a pochi fornitori di fiducia. I vini proposti sono longevi, grintosi e di carattere.
Si conferma tra i migliori rapporti qualità prezzo di Puglia il Metiusco Rosato (negroamaro 100%) della famiglia Palamà - oggi guidata da Michele, affiancato da papà Cosimo - che gestisce 15 ettari vitati tra Cutrofiano e Matino. La versione 2022 al naso si presenta con sentori di rosa canina, rosmarino e agrumi dolci, mentre il palato è di buona materia e volume, con un finale lungo e dagli spiccati toni floreali. Nata nel 1936, l'azienda della famiglia Palamà oggi è guidata da Michele, affiancato da papà Cosimo. I vigneti di proprietà sono divisi tra varie tenute, situate nel cuore del Salento, tra Cutrofiano e Matino, su terreni di medio impasto e che vedono la presenza esclusiva di vitigni autoctoni per buona parte impiantati ad alberello pugliese. I vini proposti sono di forte impronta territoriale, cui si affianca una notevole nitidezza aromatica e una bella espressione di frutto. Particolarmente riuscite due tra le etichette più identitarie dell'azienda