Il verdicchio è la varietà di uva a bacca bianca più nota e diffusa nelle Marche. Deve il suo nome al colore degli acini che mantengono sempre una sfumatura verdolina anche a piena maturazione e non di rado la trasmettono al vino stesso. Riportato per la prima volta in un documento notarile del 12 gennaio 1579, deve aspettare il 1968 per legare il suo nome a quello dei Castelli di Jesi, suo territorio d’elezione. Come sia arrivato nelle Marche non si sa: si suppone, dato che geneticamente è del tutto identico al trebbiano di Soave, possa esser giunto al seguito delle famiglie venete che nella seconda metà del Quattrocento ripopolarono i colli dell’entroterra marchigiano dopo una devastante epidemia.

Il territorio dei Castelli di Jesi
Il vitigno si trova a meraviglia nei territori collinari attraversati dal fiume Esino che la denominazione individua in 23 comuni posti in provincia di Ancona e due in quella di Macerata. Molti di questi furono nel corso dei secoli assoggettati dalla dominante cittadina di Jesi e finirono per esser identificati come i suoi “castelli”. La curiosità sta nel fatto che tutto il territorio comunale di Jesi è escluso dal territorio della Doc.

Il territorio è piuttosto vasto e conta una superficie di 2200 ettari. Si va dai primi colli che vedono l’Adriatico, tra cui l’areale di Morro d’Alba, che danno vini saporiti per arrivare alla grande finezza e straordinaria longevità che possono vantare i prodotti creati tra Montecarotto, Serra de’ Conti e Poggio San Marcello. Sul versante opposto, nel quadrante a sud dell’Esino si mette in mostra l’energia e la grande tipicità delle etichette nate tra San Paolo di Jesi, Cingoli e Staffolo. Sullo stesso crinale, spostandosi all’interno, vi sono Cupramontana e Apiro: hanno clima più fresco e maggiori altimetrie per bianchi eleganti, sapidissimi che in qualche caso danno un’idea più nordica e verticale, più simile ai Matelica, realizzati in una valle poco lontana ma completamente circondata dagli Appennini.
Castelli di Jesi e Matelica. Le differenze
Se volessimo parlare delle differenze tra i due areali, quello dei Castelli di Jesi e quello di Matelica, potremmo dire (rischiando però di banalizzare un po' la faccenda) che nel primo caso avremo a che fare con bianchi perlopiù eleganti nelle fragranze fruttate, floreali e speziate, armonici ma allo stesso tempo dotati di gran sapore in bocca; nel secondo caso la tendenza è quella che va verso un bianco più roccioso e affilato, fresco e diretto. Ovviamente in questo schema molto generale subentrano altri fattori a rendere"la regola" molto più sfumata: lo stile aziendale, l'interpretazione delle annate (non sempre dall'andamento simile nei due territori), la diversità dei suoli anche all'interno delle stesse denominazioni. Cosa che però non dispiace affatto: il bello del Verdicchio è anche questa sua capacità plastica di trasformarsi nelle mani (e nella terra) di chi lo lavora.
L’anfora
Prima ancora che il Verdicchio dei Castelli di Jesi diventasse ufficialmente Doc (attualmente Docg nella versione Riserva) il vino ebbe uno straordinario successo commerciale grazie a una trovata di marketing ante-litteram: nel 1954 la storica azienda Fazi Battaglia, oggi ricadente nel bouquet di aziende acquistate dalla famiglia Angelini, ebbe l’idea di commissionare all’ingegner Antonio Maiocchi l’idea per una bottiglia identitaria.
Nacque così la famosa bottiglia a forma di anfora che ben presto si rese protagonista sui primi timidi mercati italiani del boom economico e i più maturi mercati esteri. Ben presto il Verdicchio in anfora entrò nell’immaginario collettivo e tutte le aziende marchigiane, anche le meno attente al concetto allora piuttosto sfuggente della qualità, finirono per imitare l’azienda di Castelplanio. Questo trascinò con sé anche l’idea di un vinello troppo spesso acerbo, flebile dal punto di vista organolettico e poco longevo.
Il Verdicchio moderno
A sistemare le cose ci pensarono un manipolo di aziende che nella seconda metà degli anni ’80, risistemando i cocci del devastante scandalo del metanolo, indicarono una nuova strada e nuove caratteristiche sensoriali, del tutto opposte. Le etichette che seguono vi daranno conto di un bianco di grande versatilità, profondo, di scintillante attualità, capace di evolvere positivamente per anni e ancora in grado di offrire alcuni dei migliori rapporti tra qualità e prezzo a livello mondiale.

I migliori Verdicchio dei Castelli di Jesi premiati con i Tre Bicchieri
Abbiamo limitato la nostra selezione ai soli Tre Bicchieri, vini premiati nella guida Vini d'Italia del Gambero Rosso 2025: ma a scorrere le pagine della regione, ci si imbatte in un numero impressionante di ottime etichette provenienti dalla denominazione, segno che il distretto è in grande forma espressiva, grazie anche a nuove aziende che decidono di puntare tutto su quello che è uno dei più grandi vitigni bianchi italiani.
L'Ambrosia è tra i classici moderni del Verdicchio: il '21 racconta di mandorla dolce, anice, buccia d'agrumi fresca e candita di perfetta fusione tra un'anima più matura e una più fresca così come il sorso è ben contrastato tra cremosità e lunghezza sapida per un effetto crepitante.
Amato Ceci ha fondato l'azienda Vignamato, Maurizio e sua moglie Serenella gli hanno dato un solido assetto prima di cederla alla terza generazione: Andrea e Francesco, con il primo impegnato nelle operazioni tra vigna e cantina e il secondo nelle vendite. Quest'ultimo passaggio, coinciso con il conferimento della consulenza enologica a Pierluigi Lorenzetti, ha segnato un punto di svolta per i vini che hanno acquisito costanza qualitativa, chiarezza aromatica, strutture armoniche e ben diversificate.
Il Franz '21 è finemente agrumato, svela via via la stratificata coltre di sensazioni di anice, mandorla, fiori di tiglio; in bocca è complesso eppur dotato di una sublime scorrevolezza e di una lunga tensione sapida.
I coniugi Franziska Waldner e Hansjörg Ganthaler sono ristoratori di lungo corso in Alto Adige. Amanti delle Marche, hanno deciso di investire nelle tenute di Villa Uliveto a San Vittore e Poggio Antico a Monte San Vito. Poi è capitato loro di poter acquisire anche una cantina a Morro d'Alba. La direzione e la gestione agricola è stata assegnata a Gianluca Bartolucci, grande esperto del territorio. Per la parte enologica hanno scelto l'enologo Pierluigi Lorenzetti. I vini hanno un respiro cristallino e moderno.
Le uve del comune di San Paolo di Jesi, provenienti dalla parte alta della zona conosciuta come Acquasalata, ricca di fossili marini, dannovita al travolgente Kochlos Riserva '22 di Edoardo Dottori: limone, anice, mandorla e affascinanti echi minerali si ritrovano in una bocca complessa, infiltrante, dalla beva sublime legata tutta una forza inestinguibile.
La nuova cantina di Cupramontana entra in funzione con la vendemmia 2024. Prima Edoardo era accasato presso la Staffa di Riccardo Baldi. Ciò non gli ha impedito di affermarsi come uno dei più bravi vignaioli dell'ultima generazione grazie a idee chiare, uso di rigorose pratiche Bio, solida preparazione tecnica.
La Riserva Lauro '21 è un vino sontuoso nell'espressione aromatica cristallina, nella dinamica gustativa in grado di fondere piacevolezza e complessità, nella tridimensionalità del finale. Gli spetta la tessera nel club dei migliori bianchi italiani.
Non si sbaglia un colpo in casa Mattioli. La ragione non è neanche così difficile da capire: vigne vecchie allevate in un territorio d'acclarata vocazione, cura maniacale del vigneto e delle epoche di raccolta, consolidata esperienza in cantina. Lo stile è moderno ed elegante, non perde mai di vista l'equilibrio della beva e l'integrità del frutto. La giusta dimensione permette di seguire tutto in prima persona ed avere una confezione di taglio sartoriale.
Impossibile non innamorarsi del panorama che si gode dalla cantina Fattoria Nanni di Roberto Cantori: lo sguardo si apre sul Monte San Vicino e sulla poco antropizzata campagna circostante. Qui Roberto ha comprato due appezzamenti di vecchie vigne poste a un'altezza tra 380 e 450 metri e un piccolo rudere trasformato poi in efficiente cantina. La fresca giacitura dei terreni e le forti escursioni termiche, indotte dalla vicinanze del massiccio, dà ai vini profili appenninici.
In questo è un portento Origini '22: l'annata molto calda è stata gestita al meglio e ha reso un vino chiarissimo nella veste e nei raffinati sentori di anice, buccia di cedro, mandorla dolce, sassi di fiume perfettamente scanditi in un sorso sapidissimo, succoso, dalla beva agile e profonda. Meraviglioso.
Riccardo Baldi ha nuove vigne da seguire oltre al grande lavoro che sta facendo nell'approntare uno stile dinamico e contemporaneo ai suoi vini. Al tempo stesso non si risparmia nella comunicazione e nella presentazione della sua azienda, La Staffa, nei mercati più evoluti. Tante energie spese ma anche tante soddisfazioni da una gamma di vini ben centrata.
La Riserva Rincrocca '21 offre finissime sensazioni di buccia di limone, anice, mandorla precedono una bocca dove la frustata dell'acidità si tramuta in un sorso teso, di tale energia e vitalità che lascia un'enorme impronta salata nel finale.
Il magnifico San Paolo '21 offre un profilo aromatico pieno di sfumature di erbe aromatiche, mandorle, buccia d'agrumi, sottili tratteggi balsamici; la bocca è una raffinata fusione delle percezioni olfattive in un sorso dal profilo armonico, slanciato, dal finale caleidoscopico.
Pievalta è un cantiere sempre in movimento: terminati i lavori della foresteria, sono entrati in funzione i nuovi vigneti acquistati in zone vocatissime. Al tempo stesso le etichette sono il risultato di uno stile ogni anno ben ponderato, figlio di un controllo maniacale degli aspetti agronomici ispirati da pratiche di ascendenza biodinamica e delle prassi in cantina che prevedono l'uso di contenitori in acciaio, legno di piccole e medie dimensioni, cemento.
Da sottolineare la bontà della Selezione Cimarelli '22, Riserva dal profilo aromatico saldamente agganciato all'uva di Jesi: mandorla, mela matura, fiori di tiglio con sfumature di anice ed erbe aromatiche; in bocca è fragrante, ha sapore, vitalità e gran finale in crescendo.
L'azienda di Luca Cimarelli e Tommaso Aquilanti può contare su 10 ettari di vigneto suddiviso in due appezzamenti: quello in prossimità della cantina, con viti più giovani, e l'altro in località Coste, sul colle opposto, dotato delle vigne più vecchie. In cantina non vi sono legni, neanche per l'affinamento del giovane Rosso Piceno Grizio. Tutto è affidato all'acciaio e al cemento vetrificato. Da qualche anno la guida tecnica è affidata a Giuseppe Morelli. Un gran lavoro di squadra ha portato l'azienda a vertici mai raggiunti nei 65 anni di storia.
Nel luglio del 2024 le cronache hanno seguito la vendita della cantina fondata e diretta da Ampelio Bucci alla famiglia Veronesi, imprenditori del settore moda con crescenti ambizioni nel settore vinicolo. Dal punto di vista tecnico non ci sono stati grossi cambiament: la vendemmia 2024 è stata come di consueto seguita da Gabriele Tànfani e da Gianni Gasperi, vale a dire gli stessi professionisti che si sono occupati di vigna e cantina negli ultimi anni.
Insieme hanno dato vita a quello splendore chiamato Villa Bucci '21: il naso svela varietali sensazioni di mandorla, tiglio, anice e camomilla in un gioco di sfumature che poi si ritrovano in un palato di notevole souplesse gustativa, sorso eccelso, senza strappi o cali di tensione gustativa.
Castelli di Jesi Verdicchio Cl. Villa Bucci Ris. 2021 - Bucci
L'Historical '19 sfrutta un'annata eccezionale per il Verdicchio: elegantissimo al naso nelle sue sfumature balsamiche, di anice, di mandorle e frutti bianchi, dipana una seducente armonia al palato che lo porta a un finale luminoso e lunghissimo.
Il titolo di Azienda dell'Anno della scorsa edizione della guida Vini d'Italia del Gambero Rosso non è stato un fulmine a ciel sereno. Da diversi anni l'azienda Umani Ronchi, della famiglia Bernetti, presenta una serie di vini dalla qualità impressionante in cui si fa davvero fatica a scegliere il migliore. Tutto nasce da una seria programmazione: vigneti posti in territori vocati e in numero cospicuo in modo di avere un'ampia possibilità di cernita, cantina all'avanguardia rinnovata di recente, un team tecnico di qualità eccelsa.
Il vino più rappresentativo di Tenuta dell'Ugolino è il Vigneto del Balluccio, cru esposto a sud/sud-ovest su terreno ricco fresco e argilloso. La versione 2022, come sempre affinata in acciaio, è uno spettacolo: in barba all'annata calda offre una lucente filigrana di aromi agrumati, di frutta bianca e mandorla che si sciolgono in un sorso succoso, pieno, di grande soddisfazione palatale eppur in grado di allungarsi in un finale potente, salino, incantevole.
Sono oramai diversi anni che Andrea Petrini, oggi affiancato da Matteo Foroni, crea vini di qualità rimarchevole. Quello che un tempo era un hobby di famiglia si è poi tramutato in lavoro a tempo pieno per lui che si avvale della consulenza di Aroldo Bellelli.