Non delude neanche quest’anno la Calabria, regione che fino a qualche lustro fa dava l’impressione di non riuscire a svegliarsi dal sonnolento oblio a cui ci aveva abituato per decenni. Eppure qualcosa sotto covava, il primo segnale in verità data una dozzina di anni fa, quando si cominciò a parlare dei cosiddetti Cirò Boys, un gruppo di giovani produttori che cercava, attraverso vinificazioni tradizionali e un’agricoltura sostenibile, di creare attenzione attorno ad un vino storico come il Cirò. Per quanto lodevole e in parte riuscito, comunque il movimento rimase circoscritto alla sola denominazione cirotana. Ben altro è quello che è successo e che stiamo vivendo da alcuni anni a questa parte, una vera e propria rivoluzione, verde peraltro, che vede protagonista l’intera regione, da nord a sud e che ha visto nascere in breve tempo decine di nuove realtà che non solo fanno vino, spesso riprendendo vitigni autoctoni tradizionali, ma soprattutto hanno un’idea di qualità.
In questi anni abbiamo raccontato storie di donne e uomini che hanno messo su progetti di vita, magari lasciando altre professioni, per tornare in Calabria a coltivare la vite, a riprendere in mano il sogno dei loro genitori e dei loro nonni interrotto dall’emigrazione di massa che ha interessato la regione dal secondo dopoguerra fino a qualche tempo fa. I risultati sono sorprendenti, mai tante aziende calabresi sono state recensite dalla nostra guida, mai così tanti vini hanno raggiunto le nostre finali, mentre anno dopo anno continua ad alzarsi il livello qualitativo dei vini.
I migliori Cirò
Il Cirò è il vino calabrese più noto, anche all’estero. Si può chiamare Classico quando le uve provengono dai vigneti presenti nel comune di Cirò Marina, mentre la produzione del vino a Doc comprende anche i territori dei Comuni di Crucoli e Melissa.
Il Cirò Rosso e quello Rosato vengono prodotti quasi esclusivamente da uve gaglioppo (raramente vengono utilizzate le uve trebbiano toscano e greco, che in vigna non devono superare il 5% del totale). Il Bianco è ottenuto da uve greco associate alle uve di trebbiano toscano fino ad un massimo del 10%. Quest’ultimo è un vino che dà il meglio di sé nel primo anno, accompagnato a piatti a base di pesce spada, tonno e pesce alla griglia in genere. Il Rosato, caratterizzato da un odore intensamente vinoso, gradevole e delicato, si abbina con carni bianche, ma anche con agnello e capretto. Il Rosso è un ottimo vino da arrosti insieme al Riserva, che con l’invecchiamento si fa sempre più vellutato e privilegia la selvaggina. Il colore è rosso rubino, il sapore è asciutto corposo, caldo, armonioso come si conviene ad un grande vino.
Qui ci concentriamo sui 10 Cirò, tra rossi e bianchi, che hanno ottenuto i Tre Bicchieri in un caso e i Due Bicchchieri Rossi negli altri casi, essendo arrivati in finale durante le degustazioni per la guida Vini d'Italia di Gambero Rosso 2024
Cirò Rosso
Il Cirò Duca Sanfelice 2021 di Librandi, Tre Bicchieri ancora una volta, è un'eccezionale sintesi tra il gaglioppo e il suo terroir. Complesso e sfaccettato al naso che parla di ciliegia, fiori e spezie, rotondo, corposo e avvolgente al palato. Nicodemo Librandi, scomparso mentre la guida Vini d'Italia era in chiusura, è stato insieme al fratello Antonio il fondatore dell'azienda. Ora sono i figli Paolo e Raffaele e i nipoti Teresa, Daniela, Walter e Francesco, da anni in azienda, che portano avanti con passione e competenza la mission dei fondatori. In una regione dove negli ultimi anni c'è stata una vera e propria rivoluzione e tante nuove cantine sono salite alla ribalta, i vini Librandi restano comunque una certezza di altissima qualità.
Il Cirò Rosso RCS 2021 di Cerminara è piacevolissimo, ampio e stratificato al naso, dagli aromi fruttati, sottobosco e humus, sapida e tesa la bocca tannicamente ben dotata. Da tenere d'occhio questa piccola cantina cirotana che, di anno in anno, continua a stupirci per l'alta qualità dei suoi vini.
La Riserva di Cirò Rosso Dalla Terra 2016, varietale e territoriale, è elegante nei toni fruttati e balsamici al naso, dalla bocca tesa e ben ritmata da una vitale spina acida. Tornano in guida dopo diversi anni di assenza, e con risultati più che buoni e incoraggianti, i vini della Tenuta del Conte di proprietà dei fratelli Mariangela, Giuseppe e Caterina Parrilla, quarta generazione di viticoltori a Cirò. Per volontà di Mariangela, dal 2010 l'azienda è tutta in regime di agricoltura biologica, non si usano concimi organici ma si pratica il sovescio e l'inerbimento, per i trattamenti si usa solo rame e zolfo, mentre in cantina le fermentazioni avvengono in maniera spontanea senza l'uso di lieviti selezionati. I 15 ettari di vigneto sono sparsi in quattro diverse zone di Cirò Marina, tutte abbastanza vicine al mare: Terre Rosse, Marinetto, Ponta e Almeria.
Il Cirò Rosso Riserva Colli del Mancuso 2020 di Ippolito 1845 profuma di frutti neri, violetta e un ben centrato apporto del rovere, fresco e succoso al palato dai tannini ben fusi al frutto. Sono adesso i cugini Vincenzo, Gianluca e Paolo Ippolito a gestire questa cantina, una delle più antiche della regione e probabilmente d'Italia: è di proprietà della loro famiglia sin dal 1845, anno in cui fu fondata dal loro trisavolo Vincenzo. Al loro lavoro si devono tutti gli ottimi risultati, sia commerciali, sia qualitativi, raggiunti nell'ultimo decennio: tanti gli investimenti per rimodernare la cantina e la vigna, ma anche le grafiche delle etichette, adesso decisamente più in linea con i tempi. Decisamente convincente tutta la vasta gamma dei vini degustati quest'anno, caratterizzati da una buona esecuzione tecnica, pulizia e bevibilità, vini di taglio moderno ma che non rinnegano territorio e varietà con eccessive estrazioni o legni coprenti.
Convince appieno la Riserva di Cirò 2018 di 'A Vita, dal profilo olfattivo varietale e stratificato che si apre su note di frutti di rovo, sottobosco autunnale, violetta e pepe. Austera la bocca, dai tannini ancora vitali ben amalgamati al frutto maturo, di buona coerenza e lunghezza il finale. Sin dal loro esordio come produttori Franco de Franco e la moglie Laura si battono per l'autenticità del Cirò fatto solo con il gaglioppo e per la valorizzazione della denominazione più antica della Calabria. Non a caso da più di un ventennio ormai i vini della loro cantina rappresentano una delle più identitarie e convincenti interpretazioni dello storico territorio cirotano, frutto di tantissimo lavoro in vigna, maturazioni attente mai troppo lunghe o estrattive e un attento uso dei legni, con preferenza per quelli grandi.
Fruttato dolce e balsamico al naso, il Cirò Riserva Maradea 2019 di Tenuta Iuzzolini è dotato di una bella bocca fitta, energica e di lunga persistenza. Pasquale Iuzzolini gestisce in prima persona l'azienda di famiglia che si estende per oltre 500 ettari, di cui un centinaio vitati, ma che conta anche su un uliveto secolare e un allevamento di bovini di razza podolica che scorazzano liberi tra i pascoli e i boschi che circondano la tenuta. In pochi anni Pasquale ha trasformato la sua esordiente cantina in una delle più dinamiche e affidabili realtà dell'intero cirotano, grazie a una produzione di alto livello qualitativo, nonostante numeri non certo di nicchia, fatta di vini tecnicamente ben fatti, tesi alla ricerca del frutto e della piacevolezza di beva, caratteristiche che ne hanno decretato anche un grande successo commerciale.
Il Cirò Riserva Federico Scala 2021 di Santa Venere, elegante e di rara armonia al naso tra frutti neri spontanei, amarena, macchia mediterranea e legno ben dosato. Il sorso succoso e dai tannini magistralmente integrati al frutto risulta fresco, polputo e di bella persistenza. Santa Venere, fondata da Federico Scala negli anni '60, è sicuramente una delle cantine dal punto di vista qualitativo tra le più affidabili dell'intera denominazione Cirò; ma la tenuta di oltre 150 ettari apparteneva alla sua famiglia già da diverse generazioni e adesso è diretta con grande competenza e passione da suo figlio Giuseppe insieme al fratello Francesco. Gli Scala sono stati i primi a Cirò, e probabilmente in Calabria, a convertire l'intera azienda agricola prima al biologico e successivamentre al biodinamico. Così come sono stati tra i primi a riscoprire e mettere in produzione vini da vitigni autoctoni quasi dimenticati come marsigliana nera e guardavalle.
Cirò Bianco
Ginestra agrumi, pompelmo, pesca per il Cirò Bianco 2022 di Vigneti Vumbaca, sapido e dalla prorompente acidità a stento contenuta da un frutto tonico e croccante, lunghissimo il finale. In un territorio come quello di Cirò che per la sua millenaria storia potremmo definire un museo del vino a cielo aperto e che adesso sta vivendo una gioiosa rivoluzione che ha per protagonisti giovani produttori, è normale che emerga un vignaiolo come Christian Vumbaca capace di tirar fuori grandi vini che coniugano al meglio tradizione e innovazione.
Il Cirò Bianco 2022 di Tenuta del Conte è minerale e fruttato al naso, sapido, fresco e dal lungo finale agrumato al palato. Tornano in guida dopo diversi anni di assenza, e con risultati più che buoni e incoraggianti, i vini della Tenuta del Conte di proprietà dei fratelli Mariangela, Giuseppe e Caterina Parrilla, quarta generazione di viticoltori a Cirò. Per volontà di Mariangela, dal 2010 l'azienda è tutta in regime di agricoltura biologica, non si usano concimi organici ma si pratica il sovescio e l'inerbimento, per i trattamenti si usa solo rame e zolfo, mentre in cantina le fermentazioni avvengono in maniera spontanea senza l'uso di lieviti selezionati. I 15 ettari di vigneto sono sparsi in quattro diverse zone di Cirò Marina, tutte abbastanza vicine al mare: Terre Rosse, Marinetto, Ponta e Almeria.
Convinto della capacità di invecchiamento del greco bianco, Beppe Vulcano fa affinare un anno in più, rispetto al minimo previsto dal disciplinare, il suo Cirò Bianco Capo a Frutto 2021, ampio e stratificato al naso, integro nel frutto, trascinato da una spinta acida e sapida e briosa.