I migliori 12 Barbaresco scelti dal Gambero Rosso

17 Gen 2025, 16:28 | a cura di
Il Barbaresco, col Barolo, è il grande rosso simbolo delle Langhe e uno dei vini più prestigiosi a livello internazionale. Ecco le etichette che hanno ottenuto il nostro massimo riconoscimento, con un focus su alcune recenti polemiche per i prezzi dei terreni e le modifiche al disciplinare.

Nell'ultimo anno ci siamo occupati a più riprese delle due denominazioni di punta della Langhe, Barolo e Barbaresco, per le modifiche al disciplinare che erano state suggerite dal Consorzio di tutela Barolo Barbaresco Alba Langhe e Dogliani. Dalla limitazione della zona di imbottigliamento all'interscambiabilità e reciprocità per la vinificazione e imbottigliamento, dall'autorizzazione a piantare vigne di nebbiolo a Barolo e Barbaresco nei versanti collinari esposti a nord all'aggiunta delle menzioni comunali per la denominazione Barbaresco, fino all'utilizzo di grandi formati superiori ai 6 litri, argomenti che hanno dato vita a due schieramenti contrapposti tra chi era più ancorato alla tradizione e dall'altra chi era disposto a "rischiare" il cambiamento.

Sul sentiero tra le vigne di Barbaresco

Sullo spostamento a nord delle vigne avevamo raccolto il grido d'allarme della vignaiola Federica Boffa Pio sul cambiamento climatico , che temeva la scomparsa di Barolo e Barbaresco a causa della siccità (tema che abbiamo affrontato anche recentemente parlando delle uve reliquia in Sicilia). E anche noi del Gambero Rosso avevamo espresso il nostro parere a riguardo per ciascuno dei 5 punti indicati sopra.

La consultazione sul disciplinare si è conclusa (per ora) con il no dei produttori allo spostamento delle vigne sul versante settentrionale e alla reciprocità tra Barolo e Barbaresco. Via libera, invece, all'imbottigliamento in zona.

Le Langhe sono state, poi, oggetto di alcune polemiche nei mesi scorsi, a partire dalle dure critiche di Carlo Petrini per i prezzi dei terreni dopati e la speculazione sulle bottiglie, alle quali abbiamo risposto che è sbagliato ipotizzare una parabola del Barolo simile a quella del rosso bordolese .

Roagna - uve in vigna Castiglione Falletto - foto Roagna

Barbaresco. Vino dal prestigio internazionale

Il Barbaresco, col Barolo, è il grande rosso simbolo delle Langhe (dove comunque non mancano vini diversi giocati sul frutto e la freschezza, più immediati), che gode di un prestigio internazionale, Basti pensare ai risultati ottenuti in alcune classifiche, come quella di Gentleman, magazine lifestyle di Class editori, che ha visto Gaja e Bruno Giacosa conquistare il podio dei migliori 100 rossi italiani (insieme alla toscana Tenuta San Guido), o a "The Most Expensive Italian Wines", la lista dei vini più costosi d’Italia, stilata dal sito Wine Searcher: sul podio Roagna con il Barbaresco Crichët Pajé (oltre a Masseto e il Barolo Brunate Riserva di Rinaldi).

Barbaresco. Caratteristiche e zone di produzione

Ottenuto da nebbiolo in purezza, coltivato nella zona dei comuni di Barbaresco, Neive e Treiso (in provincia di Cuneo), il Barbaresco, DOCG dal 1980, presenta caratteristiche diverse a seconda della provenienza delle uve. Ben strutturato e tannico quello dei colli di Barbaresco e Neive, più morbido, fruttato e giocato sulla finezza quello dei colli di Treiso. Ecco perché sono state individuate una serie di zone a seconda dei scaratteri pedoclimatici, lavoro che ha avuto come risultato 75 “menzioni aggiuntive” per la denominazione.

La vinificazione prevede un affinamento di almeno 26 mesi (9 in legno) e di almeno 50 mesi (di cui sempre almeno 9 in legno) per la versione “riserva“.

Due Barbaresco rari

Due Barbaresco sono stati inseriti nella Carta dei Vini Rari, una sezione totalmente nuova della guida Vini d'Italia del Gambero Rosso 2025protagonista anche della storia di copertina del mensile Gambero Rosso di novembre 2024Si tratta del Barbaresco Roncaglie ’21 - Mura Mura, che nasce dal Cru nell’areale di Barbaresco, al naso esprime grande finezza e complessità. e del Barbaresco Gallina Ris. ’19 - Ugo Lequio, poche bottiglie da uve selezionate che provengono dal cru storico del comune di Neive. Il naso si distingue per delicatezza, intensità e carattere.

I migliori Barbaresco premiati con i Tre Bicchieri

Ecco i Barbaresco che hanno ottenuto il massimo riconoscimento della guida Vini d'Italia del Gambero Rosso 2025. Si tratta quasi sempre di cantine storiche, molte delle quali vero e proprio punto di riferimento della denominazione.

Di bella definizione complessiva il Barbaresco Asili '21 di Carlo Giacosa, a partire dai suoi scintillanti profumi che rimandano ai piccoli frutti rossi maturi, alla liquirizia e al tabacco, con tocchi di anice. In bocca, l'articolazione tannica è fitta ma ben modulata, fino ad un finale lungo e di grande sapore.

L'azienda fondata da Carlo Giacosa, ed oggi condotta dalla figlia Maria Grazia e il figlio Luca, si trova a Barbaresco e conta su un parco vigneti - dove si allevano anche dolcetto, barbera, arneis e pinot nero - che annovera alcuni appezzamenti nei Cru Ovello, Asili e Montefico. I vini aziendali sono in possesso di tratti stilistici che fondono a strutture importanti tocchi più raffinati, accompagnati da una notevole intensità aromatica.

L'Asili '20 di Ca'del Baio possiede bella materia, dal tannino raffinato che ne segna il sorso goloso. Da quattro generazioni la famiglia Grasso - oggi con Giulio e Luciana, insieme alle figlie Paola, Valentina e Federica - gestisce una solida realtà produttiva. Quasi un corpo unico quello dei vigneti che circondano la cascina posta nei pressi di Treiso, dove nascono i Cru Vallegrande e Marcarini, a cui si aggiungono quelli di Barbaresco, Asili e Pora. Nel portafoglio dei vini aziendali anche alcune etichette ottenute dalle varietà internazionali chardonnay e riesling.

Il Lorens di Lodali, preveniente dal noto cru Giacone di Treiso rappresenta la versione più raffinata tra i Barbaresco targati Lodali.
L'anno si è purtroppo aperto con l'ultimo saluto alla mitica mamma Rita, che è riuscita, prima di volare in cielo, a vedere terminata la nuova cantina, scavata con anni di lavori sotto la storica sede. In questa grotta, alle pareti della quale affiorano tufo e cristalli di calcare, riposano le grandi botti Stockinger. Qui il microclima è perfetto per far riposare il nebbiolo atto a diventare Barbaresco e Barolo. Walter Lodali lavora arduamente anche per valorizzare la tipicità delle sue vigne oltre alla sostenibilità aziendale (certificato Equalitas).

Il Mondino '21 di Piero Busso gioca la carta del godimento immediato: effluvi fruttati e floreali che invadono piacevolmente il naso e polpa vellutata che accarezza il palato.
Una storia antica quella della famiglia Busso che parte dalla vigna Borgese in Albesani impiantata nel 1948 e le prime bottiglie di Barbaresco che arrivano sul mercato nel 1982.

L'azienda è oggi condotta dai coniugi Piero e Lucia Busso, a cui si sono affiancati i figli Pierguido ed Emanuela. La maggior parte delle vigne si trova nel Comune di Neive, ma c'è anche un piccolo appezzamento nel Comune di Treiso, da cui arriva il Cru San Stunet.  La famiglia Busso, forte delle sue proprietà nelle migliori sottozone della parte orientale del comprensorio del Barbaresco, ci propone una batteria di Barbaresco di grande classicità. Quest'anno ci siamo trovati davanti un dilemma, per fortuna sormontabile.

Intenso il Montestefano Ris. '19 con belle note di bacche rosse mature e anche di liquirizia a dare carattere e complessità, oltre ad una discreta finezza. La bocca è solida e potente con tannini fini e buona polpa.

La cooperativa Produttori del Barbaresco nasce nel 1894 per volontà di Domizio Cavazza, allora preside della Regia Scuola Enologica di Alba. Cavazza muore nel 1913 e la cantina sociale viene chiusa negli anni '20 con l'avvento del fascismo. Nel 1958, Don Fiorino Marengo ricostruisce quell'esperienza partendo da 19 soci. Oggi la cantina dei Produttori del Barbaresco conta su 50 soci ed è considerata una delle realtà più importanti di Langa.

Un vino completo e definito il Barbaresco Ovello '20, dal profilo aromatico speziato con richiami di fiori agrumi, spezie e tocchi balsamici. In bocca, il sorso è ampio, dall'articolazione tannica copiosa e raffinata, che trova anche un bell'allungo sul finale che sa di liquirizia.

A nord del Comune di Barbaresco in uno dei Cru più importanti della denominazione, Ovello, sorge la Cantina del Pino di Franca Miretti, che conta anche sugli appezzamenti nelle Menzioni Geografiche Aggiuntive di Albesani e Gallina, nel Comune di Neive. I vini sono caratterizzati da uno stile sobriamente moderno ed evidenziano grande delicatezza aromatica, con le maturazioni effettuate in prevalenza in legno grande.

Il Pajè Vecchie Viti '19 di Roagna  è un esempio di finezza ed eleganza dal registro olfattivo che si snoda tra toni rarefatti di piccoli frutti rossi e note balsamiche. Il sorso ha carattere e definizione e si allunga su una struttura armonica e un finale interminabile.

Roagna esiste dal 1929, ma il suo successo è affare assai più recente. Un'azienda quasi dimenticata, verrebbe da dire, ma capace di mantenere la barra dritta. Oggi, Alfredo e il figlio Luca l'hanno condotta dove già doveva stare: nell'Olimpo dei produttori di Langa. Con i Cru del Barbaresco Asili, Montefico e Pajé, ma anche con mirati sconfinamenti a Castiglione Falletto (Barolo Pira) e nelle vigne del Derthona Timorasso. C'è anche il Barolo Chinato, tipologia ormai sempre più rara.

Il Barbaresco Pajorè '21 di Sottimano è vino molto convincente e propone un profilo aromatico che ben miscela piccoli frutti rossi, liquirizia, spezie e cenni balsamici, ad anticipare un sorso raffinato, fragrante e ritmato.

Quella della famiglia Sottimano è una delle aziende meglio caratterizzate del Barbaresco. Merito del patron Rino, affiancato oggi dai figli Andrea, Elena e Claudia, che l'ha fondata alla fine degli anni Sessanta del secolo scorso. E merito, soprattutto, dei vigneti di proprietà, con i Cru Cottà, Currà e Pajorè, ad esprimere spesso l'eccellenza assoluta. Senza dimenticare la solida cifra stilistica dei vini aziendali, ottenuti da lunghe macerazioni e maturazione in legno grande.

Davvero un vino completo il Barbaresco Pajoré '20 di Bel Colle, raffinato e fragrante nei profumi, floreali, speziati e balsamici, e dalla progressione gustativa articolata, dinamica e succosa, con trama tannica ben profilata.

Bel Colle, realtà langarola con sede nella "sottozona" di Verduno e fondata oltre quaranta anni fa dai fratelli Franco e Carlo Pontiglione insieme a Giuseppe Priola, è entrata a far parte, nel 2015, del Gruppo Bosio Family Estate, animato da Valter e Luca Bosio, padre e figlio. Lo stile delle etichette aziendali si dimostra dotato di buon equilibrio e chiara precisione d'esecuzione, con estrazioni misurate ed un utilizzo dei legni di maturazione tendenzialmente sobrio.

Il Barbaresco Rabajà '20 di Bruno Giacosa che alla cieca ingannerebbe molti esperti ha struttura molto simile al Falletto e grande finezza nei profumi. Bruno Giacosa entra nell'azienda di famiglia subito dopo la Seconda Guerra Mondiale. Senza inutili giri di parole, è stato forse uno dei migliori produttori al mondo ed il più grande négociant italiano di tutti i tempi.

Pochi conoscono così intimamente i Cru di Langa come lui e nessuno è riuscito a produrre capolavori enoici come i suoi. Alla sua morte (2018), la figlia Bruna ne continua il percorso, con vini, ça va sans dire, scintillanti, che ne consacrano il successo planetario.  In attesa delle Riserve, ovvero delle famose Etichette Rosse tanto ricercate dai collezionisti e non prodotte nel 2018 e 2019, abbiamo assaggiato due grandi vini dell'annata 2020, qui di eccezionale qualità.

Quest'anno il nostro vino preferito tra quelli proposti da Gaja è il Sorì Tildin  la cui indole innata di freschezza e leggera durezza tannica, rispetto alla maggiore gentilezza e succosità gustativa del Sorì San Lorenzo, si sposa a meraviglia con la vendemmia 2021 calda e piena di maturità.

I vini a marchio Gaja sono ormai nel gotha dell'enologia mondiale e l'opera meritorio di Angelo Gaja è unanimemente riconosciuta. "Osò" innovare la tradizionale enologia piemontese con l'adozione di pratiche - dall'abbattimento delle rese al controllo della temperatura di fermentazione, dall'uso di tappi sovradimensionati alle maturazioni in barrique, per fare alcuni esempi - oggi scontate, ma negli anni '60 a dir poco dirompenti. E così ridisegnò il modo di concepire il vino in Italia.

Il Vanotu di Pelissero si conferma tra i vertici della DOCG, grazie ai nitidi profumi fruttati, arricchiti da misurati apporti speziati. Il palato ci propone un vino ricco di polpa e struttura, ancora con una punta di austerità.

La famiglia Pelissero ha le radici ben piantate a Treiso. Le prime bottiglie a portare il loro nome uscirono nel 1960 e, da allora, l'azienda ha compiuto un convincente percorso qualitativo, che l'ha portata oggi a collocarsi tra i nomi più noti della zona. La produzione aziendale è costituita dai tre vitigni rossi tradizionali dell'areale: nebbiolo, barbera e dolcetto, ma non mancano nel portafoglio etichette di vini bianchi a base di moscato, favorita e riesling.  La scorpacciata di vini concentrati e legnosi, iniziata intorno al cambio di millennio, alla quale Giorgio Pelissero, insieme a tanti produttori italiani, ha partecipato, si è lentamente affievolita. Due dei benefici acquisiti in quegli anni, rimangono però dei punti fermi dei vini odierni: pulizia e struttura.

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