La morte di una persona colpisce sempre con un colpo secco e improvviso a chi rimane, soprattutto quando riguarda personaggi che sembrano invincibili e sopra ogni problema terreno: Andrea Franchetti, viticoltore e soprannominato da molti “il filosofo del vino” era uno di questi. Un produttore vinicolo fuori da ogni schema, precursore e innovatore di tendenze enologiche, in grado di vedere oltre e prima di tutti gli altri le potenzialità di un territorio.
Andrea Franchetti
Ma forse è la vita che uno percorre fin da piccolo che lo porta a seguire un percorso, che non può essere paragonato a quello degli altri. 72 anni sono pochi sapendo quanto altro poteva ancora dare a un settore spesso fermo e ingessato: lascia 4 figli e una visione del mondo enologico divertente e stimolante. La madre americana forse gli dona la voglia di viaggiare e conoscere altre realtà, formare quella cultura personale che è sempre utile in tutti i campi. O forse è il suo soggiorno a New York che gli permette di avere la capacità di credere nelle potenzialità del vino italiano, quando negli States imperava solamente la Francia: una sorta di voglia di rivalsa in quello che vede espresso dai cugini transalpini e l’incapacità degli italiani di trasmettere il proprio potenziale. La Grande Mela lo accoglie in due volte ed è nel secondo soggiorno, quando importa vini italiani di qualità, che nasce in lui la voglia di diventare produttore in proprio, forte della conoscenza e dell’esperienza maturata.
Andrea Franchetti e la Tenuta di Trinoro
Sceglie un territorio in Toscana la Val d’Orcia, bella e frequentata da un turismo altolocato per i paesaggi e per la cucina. Trent’anni fa comincia con i primi impianti di vigneto in quella che diventerà la Tenuta di Trinoro, con vigne piantate da marze ottenute dalla zona bordolese. Un atto quasi di umiltà, andare a capire dove nascono i vini di alto lignaggio per proporre la stessa cosa in Italia, ma con il coraggio di farlo dove nessuno ci aveva mai provato.
Ci vogliono 6 anni affinché esca il primo vino della Tenuta: alta densità di ceppi per ettaro, uve come cabernet franc, petit verdot, merlot, semillon, con lui si apre una strada che saranno molti a percorrere in Toscana e non solo. Vini inconfondibili, profondi, di grande spessore, che non lasciano mai indifferenti, dove si avverte in maniera tangibile il territorio e la cura enologica.
Andrea Franchetti, l'approdo in Sicilia e le Contrade dell'Etna
Non contento del successo ottenuto, si precipita in Sicilia e sull’Etna si sviluppa la grande passione per il nerello mascalese. Con Passopisciaro apre ancora una strada, quella delle contrade, dove ogni parcella viene studiata e divisa, secondo un’idea mutuata dalla Francia del cru, per riuscire a dare un risultato unico da vigne posizionate vicine; si fa promotore del festival “Le Contrade dell’Etna” trascinando anche gli altri produttori presenti e, grazie alla sua opera, fa innamorare tanti vignaioli di quel territorio, stimolandoli con la sua opera ad investire sulle terre del vulcano. E non rinuncia nemmeno a gesti estremi, come piantare lo chardonnay a mille metri di altitudine. Uomo unico, solitario perché avanti per il suo tempo, in molti lo devono ringraziare per gli stimoli continui che ha donato: mancherà la sua bella capacità di dialogare e di arrivare al vino partendo da altri mondi.
a cura di Leonardo Romanelli