Alle pendici del Monte Fuji, la montagna sacra venerata dal popolo giapponese, nasce una varietà di uva a bacca bianca che prende il nome di koshu, un vitigno autoctono giapponese che, grazie alla dedizione e alla passione di Yuji Aruga, uno dei primi viticoltori giapponesi a vinificare questa varietà, sta conquistando il mondo enologico internazionale e facendo diventare il koshu un simbolo rappresentativo della tradizione nipponica.
Una storia millenaria
Le radici del koshu affondano nelle antiche origini del Giappone. Tracce della sua coltivazione risalgono al periodo Nara (710-794 d.C.), quando i monaci buddisti ne diffusero la produzione in tutto il Paese. Questo vitigno ha attraversato i secoli, adattandosi al terroir della regione di Yamanashi, ai piedi del Monte Fuji. Si tratta di un ibrido, frutto dell’unione tra la vitis vinifera e l’asiatica vitis Davidii. Tuttavia, per molti anni, il koshu è stato relegato a un ruolo marginale, oscurato dai grandi vitigni internazionali. È qui che entra in gioco la tenacia della famiglia Aruga, proprietari di una delle prime cantine vinicole a vinificare questa varietà. Consapevoli del potenziale inespresso di questo vitigno, hanno deciso di scommettere su di esso, dedicandosi completamente alla sua valorizzazione.
Il fascino del koshu
C'è qualcosa di estremamente giapponese nel modo in cui il koshu appare, con bellissime bacche rosa, simili alle sfumature dei fiori di ciliegio. Ma la colorazione della sua buccia può ingannarci. Infatti, possiamo considerarla una varietà a bacca bianca a tutti gli effetti: la sua polpa è chiara ed eccelle nelle condizioni fredde e umide del Giappone grazie alla resistenza della sua buccia. L’affascinante colore, che può arrivare ad avere varie sfumature dal cipria al rosa più intenso, è dovuto a fattori climatici e di maturazione. A tutti gli effetti, quindi, il koshu è una varietà a bacca bianca, come si può evincere anche dalle descrizioni ampelografiche ufficiali del vitigno. Si dice inoltre che questi vini abbiano un sapore di agrumi, simile allo yuzu, l’”arancia" del Giappone, e che siano delicati, con una bassa gradazione alcolica e “umami”.
I vini della famiglia Aruga
Un ruolo chiave nella riscoperta del koshu è stato svolto da Yuji Aruga, proprietario della cantina Katsunuma Winery, che nel 2002 decise di partecipare a una competizione vinicola in Francia con un vino prodotto da questo vitigno. Il suo coraggio catturò l'attenzione di Bernard Magrez, proprietario di Château Pape Clément, a Bordeaux, che intuì il potenziale del koshu e propose ad Aruga di introdurlo in Europa. Da quel momento, questo vitigno a bacca bianca giapponese non si è più fermato. Nel 2010 è stato inserito nell'elenco delle varietà dell'Organizzazione Internazionale della Vite e del Vino (OIV) e, l'anno successivo, il Giappone ha varato apposite norme per la sua tutela. Il successo di questo vino si riflette anche nell'aumento delle esportazioni, passate da 45.000 litri a 58.000 litri dal 2015 al 2017, con un incremento di quasi il 30%.
Un nuovo corso per il vino made in Japan
La riscoperta di questo antico vitigno ha portato a un nuovo corso per il vino giapponese. Pionieri come Ernie Singer, commerciante di vino, e Denis Dubordieu, enologo, hanno contribuito a valorizzarne il suo potenziale, promuovendo la vinificazione come vino secco e non dolce (come invece si usava fare una volta) e sperimentando nuove tecniche di coltivazione. Tra le cantine che hanno abbracciato l'innovazione troviamo Château Mercian e Grace Wine. Shigekazu Misawa, proprietario di Grace Wine, ha piantato vigneti ad altitudini più elevate e adottato il sistema di allevamento a filari, mentre sua figlia Ayana, enologa di formazione bordolese, si dedica alla selezione di singoli vigneti e a sperimentazioni con l'uso del legno, con cautela, per preservare la delicatezza degli aromi del koshu. Anche i grandi nomi del settore vinicolo giapponese, come Kirin, Sapporo e Suntory, hanno fiutato l'affare, acquistando terreni e cantine a Yamanashi con l'obiettivo di lanciare versioni diverse del koshu, giocando con il legno, le macerazioni e le maturazioni.