"Dealcolati? In fiera sono finiti al secondo giorno, ma è solo una fase. A Parigi è tornato il sorriso". Intervista al direttore di Wine Paris

13 Feb 2025, 17:08 | a cura di
Rodolphe Lameyse di Vinexposium al Gambero Rosso racconta gli esiti della fiera francese: chiuderanno alcune cantine, ma il mondo del vino è resiliente

Ci diamo appuntamento a 10 minuti dalla chiusura della fiera. Con Rodolphe Lameyse, direttore di Vinexposium, l’ente della fiera Wine Paris/Vinexpo, facciamo il punto di questa sesta edizione di Wine Paris, andata in onda dal 10 al 12 febbraio registrando un totale di 5300 cantine di cui oltre 1200 produttori italiani (+74% rispetto al 2024). Lameyse è provato, ha l’aria soddisfatta e non si tira indietro nelle risposte.

 

Cosa l’ha colpita di quest’edizione?

Il sorriso delle persone in fiera. Non era scontato. Al di là di tutto quello che sta succedendo a livello ambientale, politico ed economico, ho toccato com mano del sano ottimismo. In questo momento l’atmosfera nel mondo del vino è il punto. Questo è un segno di speranza, di resilienza: la comunity del vino è pronta a rilanciare tutte le sfide.

Cosa non ha funzionato?

Dobbiamo sempre migliorare, soprattutto nei servizi. Abbiamo avuto alcuni problemi all’ingresso nel primo giorno a causa di un’affluenza molto alta. Ci lavoreremo, perché tutti devono arrivare e partire in maniera ottimale. Dobbiamo spingere e dare sempre di più.

L’esperimento con il padiglione Zero tasting com’è andato?

Devo confessarle che il secondo giorno erano finiti i campioni nell’area dell’assaggio libero, siamo dovuti andarli a recuperarli in altre zone.

Ci dobbiamo preoccupare?

Beh, intanto è un segno che il settore si sta rinnovando. Io amo il vino e non sarò mai un cliente del dealcolato. Ma è un segmento del mercato ed attira giovani consumatori. È importante presidiarlo.

Li abbiamo assaggiato quasi tutti poche ore fa. La qualità è mediamente tragica.

Non le le posso dare torto. Altri hanno evidentemente gusti diversi.

Dobbiamo aspettarci molti più dealcolati nella prossima edizione? Quale è la reale portata di questo segmento?

Credo di sì. Ora è il momento della curiosità, della novità, c’è tanto rumore intorno al dealcolato. Non so la reale portata del movimento. Potrebbe anche essere solo una fase. Vi ricordate i raw wines di qualche anno fa? Ora se ne sente pochissimo. Bisogna sempre ricordarsi dei cicli.

Ad esempio 5 anni fa il Vinexpo, dopo la pessima edizione del 2018 a Bordeaux, sembrava spacciata tra le grinfie del Prowein.

Ecco, appena sono arrivato, ci davano per morti. Poi con lo spostamento a Parigi e alcuni accorgimenti siamo diventato quello che avete visto in questa edizione.

Beh, il calendario ha aiutato. Avete deciso di anticipare i competitor.

Non è solo quello. Se prowein ci anticipasse a sua volta, non cambierebbero i risultati.

Che avete cambiato? E soprattutto cosa avete in mente di cambiare perché il sistema delle fiere è sempre più in discussione nell’analisi costi e benefici.

Siamo più di una fiera trade. Certo, abbiamo lavorato sulle lobby del vino, sul piano politico, ma anche molto sui contenuti, su convegni e masterclass di alto livello. Le cantine hanno apprezzato questo aspetto, la nostra attitudine al valore sanno che non abbiamo la stessa natura di Verona o Dusseldorf. Andiamo oltre la commodity: Wine Paris il potere d’influenzare, di attirare attenzione.

Però la sensazione e che ci sia un po’ di scollamento tra fiera e città. A parte la sezione Novelle Vague, avete intenzione di portare dentro il movimento naturale?

Dobbiamo portare più giovani dentro ma non possiamo fare il lavoro per gli altri, noi dobbiamo alzare l’intesse verso la fiera, verso i temi, rimodulare l’offerta. Dobbiamo creare contenuti, penso a convegni come quello sul consumo di vino della generazione Z dell’instituo di vino californiano: era strapieno.

Che sta succedendo al mondo del vino, è preoccupato?

Per il lungo periodo no, ora mi preoccupa questo stato di depressione. C’è instabilità politica, penso alla Francia, alle legislazioni sul vino che cambiano in continuazione. Siamo tutti richiusi in noi stesso perche abbiamo paura. Ma è solo una fase, ci sono fase di crisi e fasi di ripartenza: fa parte del ciclo economico.

La sua visione?

Ci saranno cantine in difficoltà e alcune scompariranno, lo vediamo anche in Francia. Avranno la meglio chi saprà fare qualità e marketing, capendo le aspettative del mercato e adattandosi di conseguenza. Lo ripeto: è il ciclo della storia. È una fase di declino e ci saranno fasi di ripresa.

In Francia chi sta meglio?

La Loira con lo Chenin Blanc e il Pinot Noir. E anche l’Alsazia secondo me.

Chi peggio?

Beh, Bordeaux. Ma i feedback di quest’anno erano molto più positivi della scorsa edizione. Però, ci sono troppi vini, il piano di espianti funzionerà. Si troverà un nuovo equilibrio e si ripartirà più forti di prima.

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