Il lambrusco di Burton Anderson
“Il lambrusco merita che se ne scriva come uno dei vini italiani più affascinanti.” Sono parole di Burton Anderson, lo scrittore di vino che per primo fece conoscere i vini toscani negli Stati Uniti e che, preso dalla curiosità per quel vino “dolce e frizzante” che aveva invaso il suo Paese, cominciò a viaggiare in Emilia appassionandosi al lambrusco. Nel 1987, scrisse per una rivista un articolo che fece epoca: Confessions of a Closet Lambrusco Drinker. Ha poi scritto: “Quel pezzo rappresentava il mea culpa di un ammiratore segreto del lambrusco che giurava di berlo alla luce del sole da quel momento in poi.” Fu pioniere anche qui, originale e libero. Nel 2017 ne ha scritto nella prefazione del bel libro Tutti lo chiamano lambrusco, finalmente senza timori di essere considerato troppo pop o semplicemente troppo originale. Ne sono passati di anni ed ecco che ora il più conviviale dei vini, finalmente “vino di territorio” nella narrazione più moderna del vino, è pronto per il palcoscenico più importante, quello della grande ristorazione italiana, la prova più difficile e temuta.
Il Giro d'Italia con il lambrusco. Il menu della cena
Ad accogliere questo vino durante la cena a Milano il prossimo 11 novembre ci saranno nomi importanti: Silvio Chicco e Pietro Vergano del Consorzio di Torino, Fabrizio Monti e Daniele Minarelli dell’Osteria Bottega di Bologna, Giuseppe Gasperoni del Povero Diavolo di Torriana di Rimini, Sebastiano Caridi di Caridi Pasticceria Faenza, Eugenio Boer di Bu:r Milano. Ai loro piatti è affidata la “sfida” degli abbinamenti, ma soprattutto quella di un racconto nuovo che viaggia per vigne e territori prima ancora che per marchi e vini. Vediamo questo viaggio nelle 6 tappe che compongono il menù.
Aperitivo di benvenuto. I salumi emiliani
In abbinamento Lambrusco metodo classico
L’Emilia ha sognato e inventato, con ostinazione e ottimismo, un nuovo lambrusco, il metodo classico. Non era semplice, ma qui c’è stata una coincidenza di fattori straordinaria: un territorio vocato, un vitigno adatto, l’esperienza che viene dalla tradizione della rifermentazione in bottiglia e la condivisione di un progetto da parte di una comunità di produttori. In Francia direbbero semplicemente terroir…
Aperitivo di benvenuto. Il Parmigiano Reggiano
In abbinamento Modena DOC lambrusco secco
Il Modena, la DOC che evoca nel nome tutto il fascino di un territorio pieno di gente straordinaria e storie irripetibili. Il Modena è la tipologia di lambrusco più facile, quella che mescola vitigni ed esperienze con un solo grande riferimento, il carattere popolare e franco di un vino nel quale la città si può specchiare.
Silvio Chicco e Pietro Vergano. Consorzio, Torino
Terrina di bollito e salse all’italiana
In abbinamento Lambrusco Grasparossa di Castelvetro DOC secco
Il rito del bollito in una terrina, una sorta di antologia del più classico dei carrelli piemontesi. Il Consorzio di Torino ha lavorato sulla tradizione a modo suo, con una ricerca sulla filiera che ha pochi paragoni in Italia e che ha accompagnato il successo di un locale sempre “sold out”, sempre rigoroso nella proposta. Alla purezza di questa cucina abbiamo abbinato i tannini ruvidi e serrati del Grasparossa, un incontro tra tradizioni “del nord” che si somigliano molto nelle atmosfere e nell’anima. Paesaggio prima ancora che cucina.
Eugenio Boer. Bu:r, Milano
Orto d’autunno
In abbinamento Colli di Scandiano e Canossa DOC Lambrusco
“Passeggiare in un orto d’autunno con la testa che rimanda a Mario Soldati che di lambrusco parlò nel suo Vino al vino. Il mio piatto è una immagine autunnale, paesaggio e atmosfera.” Così Eugenio Boer racconta il suo orto d’autunno, felice di partecipare a un evento dove il lambrusco diventa vino di territorio, 50 anni dopo Soldati, che ne scrisse “…Si crede di conoscerlo, e invece lo si ignora.” La cucina di Boer, creativa ma sempre dentro a un perimetro di classico gusto italiano, è la compagna della più sconosciuta tra le DOC di lambrusco, Colli di Scandiano e Canossa, quella delle colline reggiane e della loro “ricetta” tradizionale che mescola lambrusco diversi per produrre un vino di grande equilibrio, perfetto per quell’autunno evocato dal piatto.
Daniele Minarelli e Fabrizio Monti. Osteria Bottega, Bologna
Rigatoni al torchio con ragù di frattaglie di cortile tagliate a coltello e ovarine
In abbinamento Reggiano DOC Lambrusco secco
“La tradizione? Dobbiamo portarla nel futuro!”. Gioca in attacco Daniele Minarelli e porta a Milano un piatto della sua infanzia con tutto il migliore repertorio della tradizione contadina emiliana: il cortile, il coltello, il rispetto per gli animali che animavano la corte. Ad accompagnare questo piatto della memoria il Reggiano, lambrusco della bassa reggiana che esprime frutto e cremosità, tannini dolci e grande eleganza.
Giuseppe Gasperoni. Povero Diavolo, Torriana (Rimini)
Fegato di maiale con la rete, cipollotto, alloro e sedano rapa
In abbinamento Lambrusco di Sorbara DOC secco
“La mia è una cucina militante, sempre golosa, dove la tradizione prende rango e modernità.” Giuseppe Gasperoni si smarca da un’idea di cucina (e di sala!) ingessata e preferisce una certa cordiale informalità che avvicina più persone possibili al suo talento purissimo. E, per coerenza, a Milano rompe tutti gli schemi e porta un piatto popolare come protagonista: il fegato di maiale con la rete, il più goloso boccone dei giorni d’inverno dove si ammazzava il maiale. Tutto brace e freddo, gesto e occasione. Croccante fuori, morbido dentro, il fegato cotto con il grasso della rete è un anticipo, inaspettato per alcuni versi, di quella cucina moderna che dosa tenero e croccante con gesti da chirurgo. Qui quell’equilibrio è in un richiamo contadino e il coraggio di Giuseppe diventa prezioso per il nostro racconto. In abbinamento il Sorbara, lambrusco scarno e dritto, che cresce sulle sabbie a valle di Modena, salato e irriverente.
Sebastiano Caridi. Caridi Pasticceria, Faenza e Bologna
Agrumi, mandorle e cioccolato.
Lambrusco Salamino di S.Croce DOC secco.
Sebastiano Caridi è sbocciato professionalmente al Nord, ma non ha mai abbandonato i profumi e i sapori della sua terra, la Calabria. A Milano porta un dolce che unisce la magia di una filiera suddica e la sapienza raffinata dell’arte del cioccolato. Un incontro di mondi, anche letteralmente, che porta in tavola una ricerca di anni, un equilibrio di fragranza e delicatezza. Noi ci abbiniamo il Salamino di S. Croce, nella versione secca, scommettendo sulla finezza e sulla dolcezza di frutto di un’uva che a S. Croce non tradisce mai.
a cura di Giorgio Melandri
foto di Francesco Vignali
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