Fa ancora rumore in Valpolicella la scelta di Bertani di entrare nell’associazione delle Famiglie Storiche e la conseguente mossa di lasciare il Consorzio vini Valpolicella, come il ceo del gruppo, Alberto Lusini, ha raccontato al Gambero Rosso. Una decisione che ha riacceso quella guerra dell’Amarone che, sembrava acqua passata (almeno per chi ci aveva creduto). Anche perché viene fuori un dettaglio non di poco conto: lo statuto delle Famiglie (o almeno la sua interpretazione) obbligherebbe a fare una scelta di campo, in contrapposizione a quelli che erano gli obiettivi dopo la pace firmata due anni fa. Ne abbiamo parlato il presidente Christian Marchesini, che in questa intervista al Gambero Rosso ribadisce l'inclusività del Consorzio e si toglie anche qualche sassolino dalla scarpe.

Bertani fuori dal Consorzio della Valpolicella. Dopo la comunicazione a mezzo stampa è arrivata anche quella ufficiale al Consorzio?
Sì, è appena arrivata la Pec ufficiale di uscita.
Una scelta che pesa. Soprattutto considerati i numeri Bertani nella denominazione …
Certo, l’uscita di Bertani fa male. Ma ogni socio, dal più piccolo al più grande, è una risorsa fondamentale per il Consorzio.
Avevate avuto prima delle avvisaglie?
Precedentemente l’azienda non aveva manifestato questa intenzione: è una decisione dell’ultimo mese a quanto pare.

Decisione maturata dal nuovo ceo Alberto Lusini, arrivato in Bertani meno di un anno fa?
Con l’ex ceo, Ettore Nicoletto, non c’era mai stata nessuna discussione. Probabilmente perché lui, in quanto presidente del Lugana, conosceva bene le dinamiche consortili. Tra presidenti di Consorzi prevale il rispetto istituzionale.
Lo stesso Nicoletto però, commentando la notizia su LinkedIn, non ci è andato per il sottile. Cito: «L’uscita di marchi come Bertani è una sconfitta per la denominazione. Non spetta a me disquisire sul merito della decisione. Immaginando che ci siano stati motivi più che validi per uscire dico solo che avrei fatto di tutto per evitarlo». In questa settimana avete aperto una riflessione o vi siete interrogati?
Noi ci interroghiamo ogni giorno. Il compito di un Consorzio è occuparsi della denominazione, in materia di gestione dell’offerta, promozione, vigilanza e tutela. Se non ci fossero i Consorzi chi porterebbe avanti queste attività? È grazie a questo impegno che oggi abbiamo un bilancio di 4 milioni di euro. Ma Lusini ha spostato la discussione sul tema commerciale e su quello noi non possiamo metterci mano.

In effetti, in una recente intervista al Gambero Rosso, Lusini ha dichiarato: «entrando nelle Famiglie Storiche, il monopolio canadese sarà più incentivato a parlare con noi, così come il pubblico di New York».
Non voglio entrare in questa polemica, ma ribadisco: i Consorzi non si occupano di commercializzazione. Se è questo il motivo, allora da parte sua si denota una scarsa conoscenza del sistema consortile.
Le Famiglie sono più attrattive?
Se ne è convinto lui…
Il punto cruciale della questione, che è venuto fuori dal caso Bertani, è che per chi entra nelle Famiglie c’è l’obbligo di uscire dal Consorzio. Quindi, non si può stare in entrambi?
Per il Consorzio non ci sarebbe nessun problema. A quanto pare, però, non è così per le Famiglie e per il loro statuto ostativo.
È il loro statuto ad imporlo?
Il loro statuto, che risale a più di dieci anni fa, è non solo anacronistico ma anche soggetto ad interpretazione, infatti, parla di "enti concorrenti". Evidentemente è così che ci vedono. Da parte nostra abbiamo dimostrato di essere disponibili ad accogliere tutti, anche le Famiglie.

Lo siete ancora?
Certo. Le porte del Consorzio sono aperte. A tal proposito le voglio dire una cosa che fino ad ora non ho reso pubblica.
Ci dica.
Nei mesi scorsi, poco prima dell’Anteprima dell’Amarone, una delle aziende delle Famiglie si era iscritta al Consorzio, ma dopo qualche settimana ha fatto marcia indietro e ha dato le dimissioni.
Possiamo sapere chi fosse l’azienda in questione?
Certo: Begali. Ma il problema non è che Bertani sia uscito dal Consorzio o Begali abbia chiesto di entrarci per poi rinunciare, ma che nelle Famiglie prevalga una visione divisa del territorio.
Eppure, due anni fa avevate firmato la pace. Non doveva essere l’inizio di una fase di collaborazione per il bene della denominazione?
Da parte nostra sì. Oltretutto in un momento complicato per il vino, tra dazi, calo dei consumi e difficoltà economica, sarebbe stato il momento giusto per fare squadra. Anzi ci saremmo aspettati la loro partecipazione ad Amarone Opera Prima, visto l'anniversario dei cento anni. Avevamo anche chiesto l'adesione alla masterclass sulle annate storiche.

Una pace di facciata, quindi. Ma a che pro? A voler pensar male…
Non serve pensar male: c’erano due sentenze di primo e secondo grado a favore del Consorzio. A quel punto potevano andare in consiglio di Stato ma avrebbe rischiato di spendere ancora di più senza risultati.
Vogliamo lanciare un appello alle Famiglie.
Non credo ce ne sia bisogno. Sono libere di stare fuori o iscriversi al Consorzio: da parte nostra siamo sempre stati disponibili. Ogni socio che va via per noi è una perdita, ma andiamo comunque avanti. Oggi abbiamo 2260 iscritti, di cui 51 solo nell’ultimo anno.
Dopo il ritorno di Allegrini nel Consorzio e l’uscita di Bertani, ci saranno altri colpi di scena? Venturini, ad esempio, ha appena lasciato le Famiglie…
Chissà … non escludiamo nulla.