Sarebbe fuorviante parlare di Gérard Bertrand come un “semplice” viticoltore. All’attivo ha infatti un impero di ben 17 aziende che complessivamente riuniscono 2200 acri di vigneti (circa 900 ettari). Tutti coltivati in biodinamica e dislocati nella area francese della Linguadoca e Roussillion. «La biodinamica è come la medicina omeopatica creata dalla pianta per la pianta» dice Bertrand sintetizzando una scelta radicale che caratterizza tutte le sue proprietà. «Rinforza la vita e sviluppa un senso del posto nei vini che produciamo». Nel centesimo anniversario della biodinamica Gérard Bertrand ha portato la filosofia dei suoi vini al ristorante Petrucci di Napoli per parlare dei benefici del metodo di coltivazione ideato da Rudolf Steiner.
Dal rugby alla viticoltura biodinamica
Ex rugbista professionista, dai campi sportivi è passato alle passeggiate nei vigneti delle sue aziende circa 22 anni fa. «Durante il periodo di vendemmia passeggio tre volte al giorno in tutti i vigneti» dice Bertrand. «Passeggiare per ore tra i filari mi dà un’immagine chiara dei luoghi dove crescono le uve e che voglio riportare all’interno delle bottiglie». Nel 1987 Bertrand a seguito della prematura scomparsa del padre prende le redini dell’azienda di famiglia, lo Château de Villemajou, nel cuore delle Corbières. L’incontro e la scelta della biodinamica avviene in maniera quasi casuale e si lega con un problema di salute a cui era affetto. «Avevo un problema al fegato che non mi permetteva di bere più vino» racconta Bertrand, «un mio amico mi ha quindi consigliato di rivolgermi a un dottore omeopatico che ha risolto il problema». La biodinamica assume la forma di un'analogia con la medicina alternativa e il vigneto il corpo da curare. «è una medicina omeopatica creata dalla pianta per la pianta» dice Bertrand. Nei precetti di Steiner viene trovata una filosofia che gli permette di produrre quelli che chiama vini “multidimensionali”. «Distinguo i vini in unidimensionali e multidimensionali. Dopo averli serviti, i primi non cambiano nel gusto. Quelli multidimensionali evolvono e raccontano la storia del luogo. Se un vino rimane uguale a se stesso nel bicchiere non è un vino speciale».
La ricetta della biodinamica per adattarsi al climate change
La biodinamica, per Bertrand, ha quindi a che vedere non soltanto con una pratica che mette al centro l'ambiente ed energie cosmiche, ma diventa ingrediente fondamentale che riesce ad elevare il livello qualitativo del vino. «Lavorare con pratiche biodinamiche porta a radici più profonde, foglie più sane e maggiore equilibrio, mineralità, complessità aromatica, freschezza, armonia ed energia nei vini» dice Bertrand, «le emozioni e luogo di provenienza, poi, possono essere veicolati solo utilizzando gli ingredienti giusti e solo se si raggiunge l’equilibrio nella terra». Ogni elemento usato in viticoltura ha un suo ruolo nel curare la vite, a partire dall’acqua, che come teorizzato da Rudolf Steiner viene dinamizzata prima di poterla utilizzare in vigna. «Con la dinamizzazione l’acqua si arricchisce di energia e le piante beneficiano di questo. Penso ad esempio all’acqua di una bottiglietta di plastica: non disseta. Mentre quella bevuta da una fonte incontaminata di montagna ti toglie la sete e ti dona energia, proprio perché ha seguito i flussi della corrente». In vigna poi si usano essenze come camomilla o piante di ortiche «che forniscono azoto e danno vitalità al terreno». A corredo di questa affermazione, Bertrand porta alcuni dati scientifici. Secondo analisi condotte, il suolo di vigneti coltivati in maniera convenzionale avrebbe all’incirca 1700 microrganismi, quello biologico 1400, mentre quello biodinamici ne avrebbero 49mila. «È una ricetta che dovremmo usare per adattarci al cambiamento climatico perché non possiamo combatterlo. Ormai è in atto e possiamo solo cercare di adeguarci. Oltretutto la biodinamica offre la possibilità di avere un terreno vivo che potrà essere ereditato dalle nuove generazioni».
Oggi il suo premium rosé costa più di 200 euro
Biodinamica o meno, il tempo sembra avergli dato ragione, in quanto Bertrand produce uno dei rosati più costosi al mondo. Il Clos du Temple, che riprende il nome dall’omonima azienda, è un premium rosé venduto al prezzo di 200 euro la bottiglia, orientando gli sguardi verso quest’area della Francia. «Forse un giorno comprerò terreni in qualche altre area della Francia, ma per acquistare devo avere il “coup de coeur” (colpo di fulmine; ndr). A me basta passeggiare per 5 minuti in un terreno per capire se lo voglio comprare».