Molti giovani produttori della California «sono a un passo dall’appendere tutto al chiodo per sempre». Una prospettiva grigia per il futuro vitivinicolo statunitense messa in evidenza in un articolo dalla rivista Punch. Un paradosso made in Usa in cui « la California è la patria di una delle più grandi concentrazioni di giovani produttori di talento al mondo» si legge nel pezzo, ma che, per via dell'economia di produzione di vino all’interno dello stato, la promessa della «Nuova California» sta lentamente affondando.
La rivoluzione californiana degli ultimi 15 anni
La “nuova onda” del vino californiano è stata una rivoluzione iniziata a partire dal 2010. Un piccolo gruppo di produttori emergenti si è concentrato su vini di facile beva, a bassa gradazione alcolica e ad alta acidità, fatti per il consumo quotidiano. Uno stacco netto da una produzione che ricercava i consensi della critica americana attraverso cabernet sauvignon muscolari e chardonnay "pompati" dal legno di barrique nuove. Le nuove etichette venivano prodotte con uve provenienti da piccole aziende agricole biologiche, che spesso mettevano in mostra varietà e aree poco apprezzate della costa settentrionale della California. Nuove generazioni che tracciavano una nuova rotta e un nuovo modo di intendere il vino più personale, in cui parole come terroir e vitigni alternativi a Pinot Nero, Cabernet Sauvignon e Chardonnay, diventavano fattori caratterizzanti.
La dura realtà del presente
Tuttavia, nessun lieto fine. Patrick Cappiello, proprietario dell’azienda Monterio Cellars, in un post di Instagram, mette in luce un problema che sta determinando il futuro dei giovani produttori. «Molti hanno espresso il timore che i loro progetti, possano svanire con una cattiva annata o un assegno in ritardo da parte del distributore, un inspiegabile cambiamento di mercato o anche solo un inaspettato conto da pagare» si legge nell’articolo. Quello che emerge è un quadro parecchio ostico per le nuove generazioni che vogliono puntare sul territorio californiano per fare vino. Costi di produzione, prezzo della terra e, non ultimo, la disparità tra valore e cifra a cui è venduto il vino al consumatore sono tutte variabili che minano la continuazione di questo fenomeno.
Un "sogno" costoso
«È impossibile discutere della natura precaria del vino californiano senza parlare del fatto che, in genere, i viticoltori californiani, soprattutto quelli giovani, non sono proprietari della terra da cui provengono le loro uve» dice l'autore di Punch. Il prezzo medio di un acro (circa mezzo ettaro) di terra in California si aggira intorno ai 100.000 dollari rendendo la proprietà di un vigneto un miraggio, come la possibilità di aderire al modello del viticoltore europeo che «è un modello economico che privilegia le aziende autosufficienti e concentra la loro produttività nel vino pregiato. Uno schema che i piccoli viticoltori californiani non possono adottare».
Per fare un confronto, secondo il rapporto Le Prix des Terres 2022 dell’agenzia francese Safer, il costo medio «dei terreni delle appellazioni in Francia ammonta a circa 66mila dollari per acro» e «in Italia e in Spagna si possono avere per cifre molto inferiori». Possedere un terreno è un'ancora di salvezza economica per molti produttori europei in quanto «permette di far quadrare i conti vendendo la coltura in eccesso o costruire una struttura agrituristica». Per i piccoli viticoltori californiani è un elemento da non sottovalutare. «Nessuna banca concederà un prestito», ha detto Megan Bell di Margins Wine, «sanno che siamo un cattivo investimento». La soluzione del crowdfunding adottata in questo senso da molti produttori non è una soluzione, ma solo «l'ultima spiaggia».
Il prezzo del vino
A questo va aggiunto il costo del vetro, dei tappi, delle etichette, dell'imbottigliamento e del numero dei macchinari per trasformare l'uva in vino che in genere richiedono un pagamento cospicuo e, per i piccoli produttori che li affittano, anticipato. «In un ambiente del genere, c'è un'enorme pressione a vendere il più rapidamente possibile, anche se questo richiede di abbassare i prezzi oltre un punto sostenibile». Il prezzo a scaffale a cui i produttori mettono i loro vini è un fattore che preoccupa sempre di più. Per essere più competitivi e attraenti per il mercato «non riusciamo mai a riflettere quale dovrebbe essere il prezzo effettivo di questi vini» dice Ashton-Lewis dell’azienda Ashanta. «I nostri prezzi sono davvero bassi, considerando quanto sia costoso produrre vino qui». Qual è il prezzo più consono a cui dovrebbero essere venduti? 20-30 dollari. Ma è «molto più di quanto i distributori o i consumatori siano disposti a pagare» si legge nell’articolo che si apre con una domanda nel titolo: «La rivoluzione del vino in California è stata solo un miraggio?». Tutto dipende dal futuro e dalle decisioni del mercato del consumo.