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"Troppi piccoli produttori sull'Etna". Salvino Benanti lancia l'idea di una grande cooperativa

Il produttore etneo a tutto tondo sul futuro della denominazione: "Una volta eravamo in 15, ora dobbiamo dividere il successo in 200". E sui bianchi fa un appello al Consorzio: "Servono maglie più strette nel disciplinare altrimenti si perde l'identità"

  • 01 Agosto, 2024

«Servono maglie più strette per la produzione dei bianchi dell’Etna». A lanciare l’appello è Salvino Benanti, uno dei più noti produttori della Doc (suo padre, Giuseppe Benanti scomparso lo scorso anno, è stato tra i precursori del “fenomeno Etna”).  Ma non l’unica proposta del produttore etneo che, parlando con il settimanale Tre Bicchieri, lancia l’idea di una grande cooperativa dell’Etna. Iniziamo proprio da qua.

L’idea della cooperativa per i vini dell’Etna

Il successo dell’Etna ha dato una notevole spinta alla produzione locale, con tante piccole aziende nate – o rispese in mano dalle nuove generazioni – ai piedi della Montagna. Troppi, secondo il produttore, la cui azienda ha una produzione annua di 170mila bottiglie e dal 2022 conta anche una partecipazione del 40% di Renzo Rosso con la sua Red Circle Investments.
«Oggi ci sono troppi piccoli produttori che non riescono a fare massa critica – sottolinea Benanti – L’Etna ha trovato un successo precoce grazie al lavoro e agli sforzi di 15 cantine. Adesso, però, bisognerebbe dividere i risultati con oltre 200 aziende. C’è poi da considerare che, se non hai le tasche profonde, corri gravi rischi soprattutto in annate difficili, come ad esempio è successo lo scorso anno. Sembrerà brutale, ma il consumatore cerca l’eccellenza: o la fai o te ne vai». Non le manda a dire il produttore siciliano, che però propone una soluzione: «Quello che manca sull’Etna è una grande cooperativa, dove i piccoli potrebbero conferire le uve. In questo modo non sarebbero abbandonati a loro stessi e potrebbero non restare in balìa delle annate complicate. I principi economici spingono verso l’aggregazione». Sarà davvero questa la soluzione? A giudicare dalle tante difficoltà che in tutta Italia sta attraversando il modello cooperativo, forse non è proprio il momento migliore per scommetterci … Ma mai dire mai.

Disciplinare dell’Etna bianco troppo permissivo

L’altra grande questione  rilanciata con vigore da Benanti riguarda il disciplinare. Se il produttore non è contrario ad un eventuale spostamento oltre quota mille (tema rilanciato da alcuni produttori nelle settimane scorse, ma subito chiuso dal Consorzio), ha invece lanciato un appello per delimitare la produzione dei vini bianchi,  alla luce delle tante richieste di mercato. L’Etna bianco, infatti, oggi sta praticamente raggiungendo la produzione di rossi: 2 milioni e 400 mila bottiglie a fronte di 2 milioni e 700mila. Solo sei anni fa l’Etna Rosso valeva il doppio del bianco.

«La produzione bianchista sull’Etna sta crescendo molto, è vero – ammette Benanti al Gambero Rosso – soprattutto perché il Carricante, a mio avviso, è un vero fine wine, ma c’è da dire che non tutte le zone sono vocate allo stesso modo. Per esempio, viene bene nella zona Sud e in quella di Milo. A Nord, invece, non si esprime al massimo, tant’è che alcuni produttori lo vinificano diversamente, ripiegando sul tipo ossidativo con lunghe macerazioni. Ma la verità è che bisognerebbe mettere dei paletti: il disciplinare su questa tipologia è troppo largo. Praticamente anche la versione superiore, puoi lasciarla invecchiare da sei a trenta mesi, senza indicazioni, così come puoi decidere di fare ossidazione. In questo modo l’Etna bianco non ha una vera identità e questo finisce per confondere il mercato».
Il disciplinare, di fatto, dà solo delle indicazioni sui vitigni da utilizzare: 60% di carricante e fino al 40% di cataratto per la versione bianca, 80% di carricante per la versione superiore. Il resto è lasciato all’interpretazione del singolo produttore. Probabilmente un retaggio di quando il bianco era solo una nicchia. Oggi, però, le cose stanno cambiando e la versione bianca potrebbe diventare un vero asset da tenere d’occhio per il futuro della denominazione.

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<<<< Questo articolo è stato pubblicato su Trebicchieri, il settimanale economico di Gambero Rosso.

Questo articolo è stato pubblicato su Trebicchieri,
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