Sabato 14 marzo, a soli 51 anni, ci ha lasciato Renato Vacca, uno dei vignaioli più stimati della sua generazione. Alla testa della Cantina del Pino, già Cascina Ovello, storica proprietà di famiglia, ha saputo valorizzare, attraverso i suoi vini, questo terroir, esaltando il lavoro delle generazioni che lo hanno preceduto. Capace e meticoloso, Renato si trovava a suo agio sia tra i filari sia in cantina.
La Cantina del Pino
Nel 1997 insieme padre Adriano, uno dei soci fondatori della cooperativa Produttori del Barbaresco, decide di creare la propria azienda con il nome di Cantina del Pino, per rispetto nei confronti di Domizio Cavazza, ideatore del vino Barbaresco e precedente proprietario della cascina, il quale piantò il pino marittimo ancora oggi ben visibile.
L’azienda, a gestione familiare, può contare su circa 7 ettari vitati che bastano a produrre poco più di 35mila bottiglie. Per motivi affettivi, all’inizio l’unico cru che si è meritato un imbottigliamento separato è stato l’Ovello, raggiunto dopo qualche anno dall’Albesani. La tenacia di Renato e la sua approfondita conoscenza del territorio gli hanno permesso di allargare i propri orizzonti con vigneti vocati ai Gallina e ai Starderi.
I vini
Forte di una lunga esperienza sul campo e delle sue convinzioni in fatto di vino è sempre riuscito a tenersi lontano dalle mode e dalle diatribe tra tradizione e innovazione: i suoi Barbaresco si sono fatti notare molto esclusivamente per la personalità dei terroir di origine: l’Ovello della Cantina del Pino è fondamentalmente un vino e elegante e profumato, sebbene dotato di grande longevità, mentre l’Albesani si mostra più corposo ma anche più fruttato. Difficile, comunque, provare a individuare il carattere distintivo del Gallina uscito per la prima volta con la vendemmia 2013.
Il lavoro in vigna e in cantina
Convinto sostenitore della naturale vocazione delle grandi vigne della denominazione, Renato non ha mai voluto imporre la propria personalità e la propria tecnica ai suoi vini, cercando di non di alterarne il carattere e assecondando la loro indole attraverso pratiche viticole ed enologiche tradizionali e poco interventiste.
In cantina, l’approccio è sempre stato personale, senza modelli di riferimento. Partendo sempre da uve di grande qualità e di ottima maturazione, Renato ha sempre prediletto delle macerazioni piuttosto lunghe, senza neanche disdegnare di usare una piccola parte dei raspi durante quella fase. Rispetto al passato, per l’affinamento in legno si sono usati contenitori più piccoli e rinnovati con maggiore frequenza.
Il tempo – solitamente due anni in rovere – e un anno in bottiglia, per Renato era l’ingrediente migliore per armonizzare i suoi vini. Per questo motivo non si è mai affrettato prima di venderli, al contrario ha sempre atteso almeno un anno in più rispetto alle richieste del disciplinare di produzione del Barbaresco.
Un lavoro premiato diverse volte con i Tre Bicchieri del Gambero Risso, assegnati a:
Anche nei rapporti con il mondo della stampa e della comunicazione Renato ha saputo mantenere un rapporto sereno e cordiale, senza lasciarsi ammaliare dai molti successi e senza mai rammaricarsi per i mancati riconoscimenti, dedicandosi con abnegazione al lavoro a cui ha dedicato la sua vita, fare il vignaiolo.
Non ci sono mai stati segreti nei vini di Renato, solo tanto amore per il suo lavoro e la sua terra. Il nostro augurio è che la sua famiglia possa trovare la forza di portare avanti il suo lavoro.
a cura di Gianni Fabrizio