Dom Pérignon Rosé Vintage 2006. L’assaggio

24 Dic 2020, 16:00 | a cura di
1959. Bisogna tornare indietro di più di 60 anni per scoprire la prima annata assoluta di Dom Pérignon Rosé. Una scelta che poi seguirà per 25 volte, fino ad arrivare alla 2006. Ecco l’ultimo millesimo presentato dalla celebre maison di Champagne.

Il Dom Pèrignon Rosé nella storia

Della prima annata, la 1959, si produssero solo 306 bottiglie. Inizia così la storia del Dom Pérignon Rosé. A beneficiarne, all’epoca, furono solo pochissimi fortunati, invitati ai festeggiamenti per i 2500 anni dell’Impero Persiano. Si, proprio così. Lo Scià di Persia, per l’occasione, chiese alla Moët & Chandon di produrre uno Champagne in esclusiva per loro nella versione rosa. Questo fu fatto, uscì nel 1971 e da allora Dom Pérignon fu declinato anche nella versione Rosé. Una di queste bottiglie, evidentemente sfuggita alla ricorrenza persiana, fu venduta all’asta a New York nel 2008 e raggiunse la quotazione record di 84.700 dollari.

Bottiglie di champagne in cantina

Foto di James Bort

Dom Pérignon in tre percorsi

Dom Pérignon Rosé Vintage 2006 ci accompagna con una vitalità che si rivela magnetica.” Sono queste le parole che usa Vincent Chaperon, chef de cave Dom Pérignon, per presentare l’ultima annata introdotta sul mercato per il celebre Rosé. Come al solito il fascino del marchio di proprietà di LVMH (prodotto per la prima volta nel 1936 dalla maison Moët & Chandon con l’obiettivo di raccogliere l’eredità del grande lavoro svolto dal monaco dell’abbazia di Hautvillers) si percepisce, attraverso la sua solita e inossidabile unicità. La gamma Dom Pérignon si snoda attraverso tre percorsi. Il Vintage, che rappresenta il classico Champagne della maison, capace più di ogni altro di incarnare il rapporto con la natura, attraverso il suo millesimo; il Plenitude (con la numerazione fino a tre, deuxième, troisième), evoluzione di quello che fu Oenothèque, a rappresentare il tempo lento della rifermentazione in bottiglia che può superare gli oltre 30 anni di permanenza sui lieviti; infine c’è il Rosé. Qui interviene il Pinot Nero, non solo come varietà (utilizzata anche nell’assemblaggio del Vintage), ma come vino, che rappresenta il 20% della cuvée.

La bottiglia di Dom Perignon Rosé 2006

Dom Pérignon Rosé 2006. L’assaggio

Cambia il colore quindi, ma cambia soprattutto la forza, il carattere, l’energia. Non cambia però lo stile, l’armonia, la finezza che caratterizza Dom Pérignon. È qui che si trova il contrasto o il paradosso, come ama chiamarlo proprio Chaperon. “Il Rosé 2006 è trasgressivo! – ci dice lo chef de cave, arrivato in azienda 15 anni fa e divenuto il responsabile della produzione dopo esser stato al fianco di Richard Geoffroy per tanto tempo – Trasgredisce le regole e ci mostra sicuramente una doppia anima: quella tenace, che viene fuori grazie alla forza sorprendente del vino rosso fermo e quella leggiadra e armonica che ci riporta nel cuore della produzione della Champagne. Trovare questo equilibrio è sempre una sfida. Fare il Rosé ci proietta sempre in una situazione di pericolo. Che solo con l’assaggio, dopo un lungo affinamento in bottiglia viene scongiurato.”

È un colore rosa unico, quello che troviamo nel bicchiere. È brillante e vivo, ma non nasconde delle tonalità che virano sull’arancio che ci riportano indietro nel tempo e ci ricordano quanto sia importante l’apporto del Pinot Nero. Il naso inizialmente non lascia spazio a dubbi. Siamo di fronte a un grande classico della Champagne. Poi subito i continui cambiamenti, i continui chiaroscuri, i continui cambi di passo. Il paradosso, il contrasto si capisce nel bicchiere. Prima emerge la parte più vinosa, di frutti rossi e spezie, poi i tocchi di pasticceria, i cenni floreali e di gioventù. Ed ancora un tratto quasi terroso, di sottobosco, con resine nobili e ricordi fungini ad arricchire il naso. La bocca è sublime. L’equilibrio è magistrale. C’è pienezza, avvolgenza, sapore. È un vino che riempie e appaga, ma non si limita al centro bocca. La freschezza è sempre lì, a fare il suo dovere, la sapidità spinge il sorso in un lungo finale e le bollicine danno morbidezza e allo stesso tempo puntellano la bevuta dando ritmo e incalzando gli aromi che si susseguono…

Con cosa abbinarlo, verrebbe da chiederci. Chaperon offre diverse soluzioni, lasciando molto spazio a ciascuno di noi: “Esplorate nuovi mondi, sperimentate nuovi modi di berlo. Provatelo con bicchieri diversi, in posti diversi, con cucine diverse, ma anche con persone diverse. Avrà sempre qualcosa da dire e sarà sempre qualcosa di nuovo”.

 

a cura di Giuseppe Carrus

foto di apertura di Pascal Montary

 

 

 

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