È corsa contro il tempo per fermare la guerra commerciale tra le due sponde dell’Oceano. L'ultima mossa di Bruxelles è quella di rinviare a metà aprile i contro dazi verso gli Stati Uniti nella disputa su acciaio ed alluminio. Nella lista rientra anche il whisky americano che tanto aveva fatto infuriare Trump, tanto da annunciare tariffe aggiuntive del 200% sul vino europeo. Un temporeggiamento strategico da parte dell'Unione europea che, però, rimette tutto nelle mani del tycoon a cui, a questo punto, spetterebbe la prima mossa. Intanto, a Bruxelles il ministro degli Esteri Antonio Tajani ha incontrato il commissario europeo per il Commercio Šefčovič con cui ha fatto il punto sulla strategia europea, ribadendo la priorità di uno stretto coordinamento a livello europeo in un’ottica non escalatoria sulla materia dei dazi, mantenendo aperto il dialogo con l’Amministrazione statunitense per arrivare a soluzioni equilibrate tra le due parti.
Perché una cosa è chiara: se l’Europa sceglierà la strada del braccio di ferro, nessuno potrà salvare il vino del Vecchio Continente dalle ire di Trump e, come ha ribadito la Wine Trade Alliance il rischio dei dazi al 200% potrebbe trasformarsi in realtà. La mossa degli importatori Usa di bloccare le importazioni di vino dall’Ue è un chiaro segnale di come nessuno, in questo momento, possa permettersi di sottovalutare la minaccia di Trump.

Ignacio Sanchez
Negoziare subito una soluzione
«Senza il commercio, le nostre aziende non saranno in grado di sopravvivere nel lungo termine. Dobbiamo essere in grado di esportare. Se i dazi annunciati da Trump venissero applicati al settore vinicolo, potremmo dimenticarci del mercato statunitense che rappresenta il 27% delle nostre esportazioni. Un volume che non sapremmo collocare altrove – è l’allarme lanciato da Ignacio Sánchez, segretario generale Ceev (Comitato europeo delle aziende vitivinicole), intervenuto nel corso di Vinitaly Preview, l’evento organizzato da Veronafiere presso l’Ambasciata d’Italia in Belgio, in vista del 57esimo Salone internazionale dei vini e distillati a Verona dal 6 al 9 aprile.
«Abbiamo assolutamente bisogno del sostegno politico dei membri del Parlamento europeo, della Commissione e delle autorità nazionali per superare questa crisi e negoziare una soluzione. Perché, se chiudiamo il mercato degli Stati Uniti, il nostro settore è finito».

presidente di Agenzia Ice, Matteo Zoppas
Ice invita a non creare allarmismo
Prova a sdrammatizzare il presidente di Agenzia Ice, Matteo Zoppas che dall'evento di Veronafiere a Bruxelles illustra i numeri del vino: «In un contesto generale di recessione, noi siamo riusciti ad avere un comparto agroalimentare che cresce e, tra le sue composizioni, è stato determinante il contributo del vino (+5,5%). Gli Usa, che ci preoccupano molto, hanno fatto un più 9% e sono arrivati a 1,7 miliardi di euro nel 2024».
Basteranno gli 8,1 miliardi di euro dell’export (di cui 1,7 negli Usa) a far guardare con ottimismo al futuro? Ne è convinto Zoppas che invita a non creare allarmismi e indica nuovi traguardi: «L'export agroalimentare ha quasi raggiunto i 70 miliardi di euro. L'asticella ora si sposta a 100 miliardi. Credo che ci possiamo arrivare anche in breve tempo se togliamo i freni e le inibizioni legati ai comportamenti di attesa dei dazi. Tuttavia, nessuno è seduto al tavolo delle trattative se non la politica: il ministro Tajani che ha molta esperienza e la premier Giorgia Meloni che ha ottimi rapporti con gli Stati Uniti. Credo che siamo in buone mani e il risultato che verrà sarà comunque un buon risultato al di là di quel che vorrà la controparte. Quindi, non è il momento di fare allarmismo».

Lamberto Frescobaldi presidente Uiv
Le conseguenze di una guerra commerciale a perdere
A suonare la sveglia, dalla stessa preview di Vinitaly, ci pensa Lamberto Frescobaldi, presidente di Unione italiana vini: «Non siamo abituati a dire che le cose sono difficili, tendiamo a dire che tutto è bello e positivo. Ma la realtà è diversa. È vero che abbiamo esportato molto vino, soprattutto in Nord America, ma i consumi stanno calando dal terzo trimestre del 2023. Negli Stati Uniti il consumo è sceso del 7%, in Europa del 4,5%. Quindi no, non va tutto bene. Il nostro vino viene prodotto con uva coltivata nei vigneti. E i vigneti non si fermano. Non possiamo semplicemente interrompere la produzione. Può esserci una guerra in Ucraina, può esserci Trump che decide di bloccare la produzione, possono accadere molte cose, ma i vigneti continueranno a produrre». A tal proposito, l’immagine dei produttori neozelandesi costretti a lasciare le uve sulle piante è significativa.
«Oggi più che mai – è l’esortazione di Frescobaldi - dobbiamo unirci sotto questa bandiera. Dobbiamo eliminare i dazi. Un dazio del 200% è inaccettabile, ma nemmeno il 25% è accettabile perché significherebbe perdere 1 miliardo di euro su 8 miliardi di esportazioni. Sarebbe una perdita enorme, soprattutto per le piccole e medie imprese, che dipendono dal mercato statunitense. Dobbiamo lavorare con determinazione e chiediamo alla Commissione Europea di eliminare tutti i dazi imposti sui prodotti americani. Gli Stati Uniti esportano in Europa per 1,3 miliardi di euro, mentre noi esportiamo negli Stati Uniti per 8 miliardi. Quindi pensiamo davvero che tassandoli riusciremo a bilanciare la situazione? No, finiremmo solo per essere i perdenti».
Lo spostamento in avanti dei contro-dazi sui prodotti Usa, a metà aprile, è già una prima mossa o comunque l'ammissione da parte della Commissione Ue di aver fatto una scelta quantomeno frettolosa. Adesso tocca a Trump muovere la prossima pedina sullo scacchiere del commercio mondiale dove, ricordiamo, al momento ad essere sotto scacco è proprio il vino europeo.