"Vorremmo custodire la nostra terra, farla esprimere restando lontano da tutto ciò che non le fa bene e non ci fa bene, concetto questo da estendere a tutto: dalla chimica alla sfruttamento intensivo di risorse e persone, delle sopraffazioni, alle ingiustizie». Sono le parole di Daniela Quaresima conservate in un'intervista su Zero.eu che leggiamo con nostalgia dopo aver appreso della scomparsa della vignaiola di Cupramontana. Quaresima è morta all'età di 54 anni, l'annuncio è stato dato dalla mamma Jolanda, Alessandro, Simona, i nipoti Lorenzo e Maria, Anna, Pietro e Beatrice. Nel 2006, insieme ad Alessandro e Beatrice Bonci ha fondato La Marca di San Michele, una cantina molto apprezzata tra gli appassionati, un'azienda imprescindibile nel panorama dei Castelli di Jesi. Una vita vissuta tra Dublino e un vigneto nelle Marche, l'animo punk, la passione per il basso e le percussioni, i setter inglesi e la fotografia.
Nonno Lello e il vino
La sua è stata un'infanzia legata al vino, un'esperienza viscerale e sanguigna legata alla terra marchigiana in cui è nata e da cui a 19 anni se ne è andata per altre mete irlandesi. «Entrambi i miei nonni facevano il vino, attività comune per chi abitava in un piccolo centro rurale come Cupramontana». Uno in particolare, nonno Lello, quello paterno: «Viveva per il suo vigneto, la sua cantina, il suo nettare e la sua fisarmonica», ha raccontato a novembre 2022. Per Quaresima nipote, il nonno è stato un maestro nell’arte di fare il vino. Ed ecco un ricordo: «In tempi di vendemmia, con l’acqua fino alle caviglie, mi faceva stare con lui in questa cantina illuminata solo con una lucina e io ero felice perché potevo tirar tardi anche durante i giorni di scuola. Ero con il nonno e non mi poteva succedere nulla e voleva dire che sarei andata a letto prima dopo la scuola».
Con lui ha cominciato ad assaggiare il vino ancora prima di sedere sui banchi di scuola. «Non era peccato, non era grave, si faceva e basta», raccontava. La sua famiglia gestiva anche una trattoria insieme ai nonni materni. «Siccome mio padre non era contento di mandarmi all’asilo dalle suore, mi portava sempre con lui a comprare capponi, conigli e dell’altro vino dagli amici del nonno», raccontava nella stessa intervista.
Una figlia di Cupramontana
Una volta aperta la sua cantina, nel 2006, ha lavorato con grinta, viaggiando tra Italia e Irlanda, insieme ad Alessandro e Beatrice. Sostenitori convinti di un approccio etico al mondo agricolo, fin dall'inizio ha intrapreso la strada di una stretta fedeltà ai principi biologici, tradotta con tanto lavoro in vigna e poche, essenziali, pratiche enologiche in cantina. No erbicidi, no pesticidi, no fertilizzanti. Vendemmia a mano in cassetta e fermentazioni con lieviti indigeni. In questo modo ha fornito alcune delle più belle interpretazioni del cru San Michele, libero di esprimere con precisione il timbro del territorio e la valenza del millesimo. «Se nasci a Cupramontana, anche se poi te ne vai a vivere sulla Luna, il Verdicchio ti segue ovunque. Quindi siamo cresciuti facendo vino e con il terrore della grandine (anche se tanto a San Michele non grandina mai), il pensiero delle rese, i traffici notturni… insomma tutto questo fa parte di noi», raccontava.
I vini de La Marca di San Michele raccontano fedelmente la fibra robusta infusa dal famoso cru San Michele di Cupramontana, a circa 400 metri di quota. Preziosi per libertà espressiva con cui scatenano l'energia sapida di verdicchio e montepulciano, per il connubio di complessità e scorrevolezza d'altri tempi. Liberi da schemi, li abbiamo apprezzati per energia e un tratto autentico di notevole fascino: «Vogliamo custodire la nostra terra, farla esprimere, restando lontano da tutto ciò che non le fa bene e non ci fa bene, concetto questo da estendere a tutto; dalla chimica alla sfruttamento intensivo di risorse e persone, delle sopraffazioni, alle ingiustizie, al fascismo celato e non, alla musica che ci intossica».
Ricordiamo Daniela Quaresima come una persona riservata e gentile, ci stringiamo nel ricordo chi l'ha amata.