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Come si degusta il vino: la guida per principianti

Andiamo alla scoperta di come si assaggia un vino e di quali siano le caratteristiche principali di cui tener conto. Niente di troppo tecnico o specifico: sono perlopiù nozioni da mettere in pratica davanti al calice

  • 31 Gennaio, 2025

Degustare un vino significa cercare di comprendere e apprezzare (o criticare) quelle che sono le sue caratteristiche e le sue componenti. Queste passano attraverso i nostri sensi: ad essere coinvolti nella degustazione, tanto in quella professionale, quanto in quella informale, sono soprattutto la vista, l’olfatto, e il gusto (cui si collega strettamente il tatto, quando il vino fa il suo ingresso al palato fino alla deglutizione). I nostri occhi, il nostro naso e la nostra bocca sono gli strumenti che ci permettono di leggere le informazioni contenute nel calice e che, alla fine della fiera, ci fanno dire se il vino che abbiamo ingerito ci è piaciuto oppure no.

Degustare il vino. L’esame visivo

Il primo incontro tra noi e un vino avviene attraverso la vista. Appena versato nel calice, anche se siamo a una certa distanza, il vino incomincia a parlarci di sé: può sussurrarci la sua provenienza geografica, il vitigno da cui nasce, la sua età, può suggerirci qualcosa sulla sua maturazione e sull’affinamento, sulle tecniche con cui è stato prodotto. Inclinando il calice su una superficie bianca riusciremo ad avere un quadro più completo di ciò che stiamo guardando. Per prima cosa controlliamo la limpidezza: tanto più un vino sarà limpido quanto meno avrà particelle in sospensione. Un vino limpido non necessariamente è migliore di uno che presenta delle velature: semplicemente sono figli di diverse tecniche produttive,: l’uno può essere stato filtrato e chiarificato, l’altro magari è stato imbottigliato con una parte dei propri lieviti.

Il colore: vini bianchi e rossi

Anche il colore dà qualche informazione. Per esempio se abbiamo un vino dal colore giallo paglierino un po’ scarico, generalmente con riflessi verdolini, probabilmente avremo a che fare con un bianco giovane vinificato e affinato esclusivamente in acciaio. Se invece ci sono sfumature dorate probabilmente ci stiamo spostando in zone un po’ più calde oppure il vino è stato prodotto con uve piuttosto mature, ma potrebbe esserci stato anche un passaggio in legno.

Il colore dei vini rossi è dato soprattutto da sostanze coloranti che si chiamano antociani e che sono contenute nelle bucce: ogni uva ha una diversa quantità di queste sostanze e quindi già il colore può spingerci a fare qualche considerazione: alcuni rossi sono scarichi e brillanti (pensiamo alla schiava altoatesina), altri sono scuri e quasi impenetrabili (montepulciano, aglianico, cabernet solo per citarne alcuni). Nei rossi la gioventù è segnalata dai riflessi più o meno violacei che il vino mostra nel bicchiere. Quando le sfumature iniziano a virare verso il granata, allora probabilmente nel calice avremo un rosso che ha qualche anno sulle spalle.

Il colore: vini rosati e bollicine

Nei vini rosati il colore è un aspetto fondamentale ed è determinato dal tempo di contatto tra il mosto e le bucce delle uve rosse con cui vengono prodotti. Tanto più tempo passa, tanto più si andrà verso rosati scuri.

Un capitolo a parte meritano gli spumanti, dove oltre al colore, si guarda anche alle bollicine. Quando queste sono molto piccole e salgono lentamente verso l’aria, abbiamo a che fare con un vino che ha subito un lungo processo di spumantizzazione; se invece la bolla è un po’ grossa, sale in fretta e dura poco, il processo probabilmente sarà stato molto più breve. La spuma invece ha poca importanza e dipende in massima parte dalla temperatura a cui viene servito il vino.

Degustare il vino. L’esame olfattivo

È la fase che più incuriosisce – e allo stesso tempo spaventa – chi si accinge a muovere i primi passi nel mondo della degustazione. Siamo stati abituati, nel recente passato, a professionisti che iniziano a sciorinare lunghe, e inutili, sequenze di riconoscimenti aromatici; cosa che rende il momento dell’esame olfattivo molto affascinante, ma che rischia di allontanare i novizi per la paura di non riuscire a fare altrettanto. In realtà basta un po’ di allenamento: per valutare i profumi di un vino basta riappropriarsi delle proprie capacità olfattive e andare a scavare nella memoria olfattiva, che è un bagaglio del tutto individuale.

Ma come si effettua l’esame olfattivo? Basta versare nel calice un po’di vino e rotearlo per fare in modo che entri bene in contatto con l’ossigeno e che vengano liberate le molecole odorose; poi si mette il naso sopra il calice e si inspira, un paio di volte per cominciare. A questo punto inizieremo a sentire innanzitutto gli aromi varietali (o primari), cioè quelli che derivano direttamente da alcuni vitigni  ricchi di terpeni (sostanze aromatiche contenute nelle bucce di alcune uve): è il caso delle cosiddette uve aromatiche (per esempio il gewürztraminer, il moscato, il brachetto) o semi-aromatiche (riesling, sauvignon, aleatico, cabernet sauvignon etc…).

Nelle uve neutre, invece, si percepiscono principalmente gli aromi secondari, quelli che si creano durante i processi fermentativi e che pure possono ricordare, fiori, frutti e vegetali. Infine, gli aromi terziari sono quelli che si creano durante la fase della maturazione e dell’affinamento, soprattutto quando questi processi si svolgono in legno, materiale che contribuisce spesso a caratterizzare il profilo aromatico: qui le famiglie olfattive possono essere quelle della tostatura, delle spezie, del balsamico, ma anche sensazioni animali (per esempio il cuoio).

Degustare il vino. L’esame gustativo

E finalmente assaggiamo il vino. Avviciniamo la bocca al calice, ne prendiamo un sorso, lo facciamo “girare” lentamente in bocca, e poi lo portiamo nella parte anteriore e a questo punto, con un suono che risulta ai più abbastanza sgradevole, lo facciamo gorgogliare, cioè facciamo entrare un po’ d’aria attraverso i denti; il vino scaldandosi e a contatto con l’aria penetrata nella cavità orale, ci parla ancora dei suoi aromi per via retro-nasale. A questo punto possiamo deglutire, a meno che non stiamo facendo una degustazione professionale: in tal caso il vino verrà espulso dalla bocca.

Ciò che è importante per valutare un vino è l’equilibrio tra le sue componenti dure e le sue componenti morbide. Le prime sono costituite, semplificando, da acidità, sapidità e tannini (nei rossi); le seconde sono quelle che regalano la morbidezza al sorso: alcool, glicerina, zuccheri. Ora aasimiliamo queste due componenti a due figure geometriche: le parti dure a un triangolo, quelle morbide a una sfera. L’equilibrio non è altro il rapporto che c’è tra queste due forme e sarà determinato da come il triangolo entra all’interno della sfera. Un vino con un eccesso di elementi spigolosi pregiudicherà la rotondità della sfera e ne renderà i contorni irregolari; se invece prevale la morbidezza, la sensazione sarà quella di un vino molle e poco vitale.

L’equilibrio si raggiunge quando il triangolo è perfettamente inscritto nella sfera; gli apici (le parti dure) serviranno a sostenere la circonferenza (le parti morbide), facendo in modo che la struttura gustativa sia solida ed efficace. È un concetto piuttosto universale, ma ovviamente va parametrato anche sulle preferenze di ognuno di noi: ci sono appassionati che preferiscono vini freschi, verticali, dotati di grande acidità; ma ci sono anche palati più a proprio agio con vini morbidi e distesi.

Il bello del vino è proprio questo: ce n’è uno giusto (anche più di uno) per ognuno di noi.

Il vino. Scopri come si degusta, i difetti, gli abbinamenti e il glossario

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