Non si è fatta attendere la contromisura cinese alla decisione europea di applicare dazi compensativi (fino al 45%) sui veicoli elettrici provenienti dal Paese asiatico. Da venerdì 11 ottobre, gli importatori cinesi di acquaviti dell'Unione europea tratterranno dei depositi cauzionali basati sui dazi antidumping, annunciati a fine agosto, che si aggirano tra il 35% e il 40 per cento. Si tratta della reazione, resa nota dal Ministero del Commercio di Pechino, al voto dell'Unione europea di venerdì scorso. Per gli operatori, in poco tempo, si tratterà di sostenere degli oneri e costi improvvisi e imprevisti.
La Commissione Ue ricorre al Wto
Dal canto suo, la Commissione europea ha risposto con la decisione di ricorrere al Wto (l'Organizzazione mondiale del commercio) contro le misure antidumping provvisorie cinesi sull'import di brandy dall'Ue. Secondo il portavoce dell'esecutivo Ue, Olof Gill, si tratta di misure «infondate» che rappresentano un «abuso degli strumenti di difesa commerciale». I danni economici maggiormente attesi sono per l'industria con base in Francia, che produce alcuni dei maggiori cognac a livello mondiale, come Hennessy, Courvoisier (gruppo Campari), Martell e Remy Martin. Per questi brand il ministero del Commercio cinese ha anche reso note le rispettive aliquote: 39% su Hennessy, 34,8%, 30,6% e 38,1 per cento. A tutti gli altri produttori sarà applicata un'aliquota del 34,8 per cento.
L'appello di Federvini
Per Federvini la decisione cinese è «un passo ulteriore verso una vera e propria escalation». La federazione presieduta da Micaela Pallini (che riunisce industriali, produttori, esportatori e importatori di vini, spumanti, aperitivi, acquaviti, liquori, sciroppi, aceti e affini) si appella al Governo italiano: «Chiediamo con urgenza che si attivi con la Commissione europea affinché siano intrapresi tutti gli sforzi diplomatici possibili con la Cina, per individuare una soluzione negoziata. La contromisura cinese - sottolinea Pallini - lascia presagire un forte irrigidimento che non tiene minimamente in considerazione i numerosi sforzi di collaborazione che il settore ha profuso sin dall’inizio dell’indagine». E, come il Gambero Rosso aveva scritto nei mesi scorsi, neppure il vino è al sicuro.