Desta preoccupazioni l'incertezza sul futuro della cooperativa marchigiana Moncaro. Da una parte gli ex dipendenti che hanno lasciato la barca, dall'altra le rassicurazione della presidente Donatella Manetti che, in un'intervista esclusiva al Gambero Rosso, non mette in discussione l'operatività della cantina. Ma quali sono gli impatti della situazione attuale su tutta la viticoltura marchigiana? Ne abbiamo parlato con Michele Bernetti, presidente dell'Istituto marchigiano di tutela vini (Imt): «Siamo preoccupati e molto dispiaciuti per quel che sta succedendo, perché al di là di come andrà a finire, la situazione riguarda soci, lavoratori e produttori di tutto il Consorzio. Dal canto nostro, stiamo cercando di fare un’analisi sul potenziale vitivinicolo perché, in questo momento, dobbiamo cercare di mantenere l’equilibrio tra domanda e offerta che ha sempre caratterizzato la nostra denominazione e che potrebbe subire qualche scossone se parte del prodotto Moncaro restasse fermo in cantina. Sappiamo già di molti player esteri o della Gdo che stanno cercando alternative, rivolgendosi ad altri produttori marchigiani».
La priorità è non cedere a prezzi bassi
Sulla possibilità che il contingente Moncaro in Gdo venga sostituito con altre denominazioni, Bernetti si dice fiducioso: «Il rischio c’è, certo, ma quello che ci interessa è non appiattirci su valori troppo bassi». Un altro dei rischi concreti, in questo momento di incertezza, si chiama infatti deregulation dei prezzi. Da qui l’appello di Bernetti: «Non bisogna cedere a chi chiede prezzi bassi: in questi anni il valore delle nostre denominazioni – Verdicchio in primis – è cresciuto e non bisogna fare passi indietro. Paradossalmente questa situazione potrebbe essere l’occasione per un nuovo posizionamento anche in Gdo e per interrompere certe dinamiche di prezzo che si trascinavano stancamente da tempo».
Per quanto riguarda il futuro della Moncaro, nessuno sul territorio si azzarda a fare pronostici. Di certo, a fallire è il modello cooperativo in una regione che sempre più si sta orientando verso la produzione privata: in 25 anni si è passati da più di 20 cooperative a meno della metà.