Se è così evidente che il mercato del vino a livello mondiale è in difficoltà, per i noti motivi strutturali e congiunturali, perché allora le imprese non hanno intenzione di investire in strumenti, come il digitale, che potrebbero migliorare le loro performance economiche? Prowein e Università di Geisenheim bacchettano, di fatto, le aziende del settore vitivinicolo.
Pochi investimenti sul marketing digitale
Il report speciale (basato su un campione di 2mila esperti globali) appena pubblicato dalla fiera di Düsseldorf parla chiaro. In questi anni, indubbiamente, tra le società vitivinicole ci sono stati progressi, come un più frequente utilizzo del digitale per la produzione (40% circa) o per la gestione dei vigneti, fino alle fasi commerciali. Infatti, è vero che oltre il 75% delle aziende produttrici e di commercializzazione del vino utilizza soluzioni digitali come i sistemi enterprise resource planning (erp) per la finanza e la contabilità oppure (per il 50%) sistemi di customer relationship management (crm) per migliorare le vendite dirette al consumatore; ed è altrettanto vero che metà delle aziende usa la gestione digitale dei dati per attività di marketing. Tuttavia, ed è questa la nota dolente, solo il 15% prevede investimenti in nuove soluzioni di marketing digitale entro il 2025. In altre parole, la possibilità di crescere in un contesto di mercato complicato come quello attuale c'è tutta ma non è sfruttata. Rispetto ad altri settori, secondo il rapporto di Prowein, il livello di digitalizzazione nel settore del commercio del vino rimane relativamente basso. Dato il calo delle vendite di vino in molti Paesi, sembra esserci un «potenziale trascurato» per l'utilizzo di strumenti digitali per migliorare le vendite e l’interazione coi clienti.
Dati ancora caricati manualmente su Excel
La gestione dei dati tra molte imprese del vino è ancora un problema e la moderna digitalizzazione appare incompleta. Attualmente, sottolinea il lavoro dell'Università di Geisenheim (dipartimento dell'Economia del vino) per Prowein, quasi due terzi delle aziende vitivinicole inseriscono ancora manualmente i dati in programmi di fogli di calcolo come il ben noto Microsoft Excel. Questo accade nonostante esistano alcune prime reti per l'import automatico dei dati (come ad esempio Win o Bottlebooks). Inoltre, c'è da lavorare molto sul tema della raccolta e della gestione/pulizia dei dati: solo un'azienda su quattro ha personale interno dedicato a questo compito; e un'azienda su otto chiede aiuto a fornitori esterni di servizi per gestire i dati.
Il nodo della gestione dei dati
In materia di dati digitali, la metà tra le imprese intervistate impiega report standard generati dal proprio software aziendale, mentre un quarto usa report e dashboard personalizzati e adattati alle proprie esigenze specifiche, che arrivano da fornitori di software specializzati. Una cantina su otto usa moderni software di business intelligence. I risultati dell’indagine indicano, inoltre, che almeno un quarto delle aziende produttrici non utilizza i report dei propri sistemi erp per la gestione operativa. I consulenti del settore indicano che la percentuale «potrebbe essere ancora più alta tra le aziende vinicole non rappresentate nell'indagine». Entro il 2025, circa il 12% delle imprese prevede di investire in vari strumenti o capacità di gestione dei dati digitali.
Gli strumenti di marketing digitale più usati
La fotografia scattata dal report di Prowein (che ha coinvolto circa 2mila esperti) dice che nel settore vinicolo il marketing digitale è ampiamente utilizzato: i due terzi delle aziende usano l'e-mail marketing e i social media per fare promozione sui vini. Due aziende su tre gestiscono un negozio online, e una su quattro usa piattaforme online o è presente nei siti e-commerce. Il 10% usa app di messaggistica per vendere il vino e un altro 10% intende adottare questi strumenti entro il 2025. Resta importante, secondo il campione intervistato, il marketing multimodale. Infatti il 50% invia ancora lettere e cataloghi cartacei per coinvolgere i clienti. E c'è un 39% che continua a fare marketing telefonico a supporto dei canali digitali.
Gli investimenti del futuro
Quale importanza viene data ai futuri strumenti di marketing dal settore vitivinicolo? La personalizzazione delle comunicazioni è considerata molto importante per oltre sei aziende su dieci (61%) e questo presuppone (58%) la dotazione un sistema di customer relationship management (crm). Considerando l'e-commerce e la web analytics, per acquisire clienti, metà degli intervistati ritiene fondamentale il search engine marketing (sem). Circa il 33% considera il retargeting dei visitatori del proprio negozio online uno strumento chiave per il futuro. Secondo l'analisi degli esperti dell'Università di Geisenheim, l'industria del vino «sta iniziando a rendersi conto della necessità di adottare questi strumenti per raggiungere efficacemente i potenziali clienti», rispetto a molti altri settori in cui personalizzazione e marketing online sono già standard.
Intelligenza artificiale ancora sottovalutata
Poco spazio anche per l'intelligenza artificiale, considerata, invece, da più parti e in altri settori economici un valore aggiunto. Secondo il sondaggio, realizzato a fine 2023, l'impressione è quella di una «sottovalutazione». Nei numeri questo emerge dal fatto che «solo un intervistato su tre riconosce l'elevato potenziale dell'intelligenza artificiale per la generazione automatica di testi e contenuti», a fronte del fatto che tale tecnologia ha un «potenziale significativo per la comunicazione personalizzata e potrebbe aiutare le aziende a differenziare la comunicazione». Infine, la categoria percepita come meno importante è quella dei contenuti virtuali: solo una cantina su tre ci crede, mentre meno di una su quattro ritiene che gli influencer dei social media a pagamento svolgeranno un ruolo cruciale nel marketing digitale del futuro.
In conclusione, nel settore vitivinicolo, non ci sono dubbi sulla necessità di fare investimenti in nuove competenze e capacità digitali. Le imprese ne sono consapevoli. Sette intervistati su dieci sono concordi con questa affermazione, mentre un 7% non condivide e un 20% è indifferente. Ma resta ancora il vulnus delle concrete intenzioni di fare passi avanti, mettendo mano ai bilanci economici e pianificando un reale investimento.