In futuro le nostre bottiglie di vino diverranno sempre più preziose perché, forse, non sarà più possibile produrle. Uno studio comparso nella rivista Nature Reviews Earth and Environment, ripresa da Wired, delinea un quadro allarmante in cui l'aumento delle temperature globali e la diminuzione della disponibilità di acqua in molte regioni, stanno cambiando la geografia della viticoltura mondiale. «Stimiamo un sostanziale rischio di inidoneità (da moderato a elevato) per il 49-70% delle regioni vinicole esistenti, in funzione del grado di riscaldamento globale» si legge nell’articolo.
Pochi gradi che fanno la differenza
Il punto di non ritorno è individuato sull’innalzamento della temperatura mondiale di 2 gradi celsius. «In presenza di bassi livelli di riscaldamento globale (<2 °C), la maggior parte delle regioni vinicole tradizionali manterrà la propria idoneità, anche se subordinata all'attuazione di misure di adattamento, in particolare nell'Europa meridionale». Al di sopra di questo limite, la maggior parte delle regioni mediterranee, al di sotto dei 45° di latitudine nord, potrebbe diventare climaticamente inadatta alla produzione di vino e l'unico adattamento possibile sarebbe quello di trasferire i vigneti ad altitudini più elevate. «Circa il 90% delle regioni vinicole tradizionali situate nelle pianure e nelle regioni costiere di Spagna, Italia e Grecia potrebbero rischiare di scomparire entro la fine del secolo. Solo una piccola parte di questa perdita (meno del 20%) può essere potenzialmente compensata dallo spostamento dei vigneti verso le aree montane, considerando altitudini fino a 1.000 metri».
Le nuove sfide della viticoltura
«Non significa che la viticoltura scomparirà» ha detto Gregory Gambetta, co autore dell’articolo e professore a Bordeaux presso Sciences Agro e dell'Institut des Sciences de la Vigne et du Vin «in realtà c’è spazio di adattamento per i viticoltori, se il riscaldamento risulta essere limitato». L’unica soluzione per arginare questa prospettiva è cercare di adattare la viticoltura a questo possibile cambiamento. Scegliere portainnesti più resistenti alla siccità o nuove e diverse varietà di vitigni, modificando i sistemi di allevamento e le pratiche di gestione del vigneto sono alcune delle possibili strade da mettere in atto.
Gli effetti già però si sono cominciati a sentire. «Negli ultimi 40 anni abbiamo visto un’anticipazione delle vendemmie di circa 2-3 settimane. La qualità e la tipicità del vino stanno cambiando. I livelli di alcol e il pH del vino aumentano, mentre l'acidità diminuisce. Questa diminuzione dell'acidità induce una minore stabilità microbiologica, che può portare a sentori sgradevoli come quelli prodotti dal lievito selvatico Brettanomyces bruxellensis. I composti fenolici, come i tannini, e gli antociani, responsabili del colore e la struttura del vino, si riducono nelle uve sottoposte a temperature elevate».
Adattarsi al cambiamento
Quello della produzione è forse l’aspetto più importante, perché tutti gli adattamenti ai cambiamenti climatici «devono preservare la sostenibilità economica della produzione, mantenendo rese adeguate e una qualità che soddisfi le richieste dei consumatori». La portata esatta di questi cambiamenti, per ora, rimane ancora un’incognita e dipenderà dall'entità dei cambiamenti climatici che avverranno nel prossimo futuro. Tuttavia una cosa è certa, più verrà a modificiarsi il clima più saranno necessarie modificazioni nella produzione vinicola mondiale. E «la flessibilità per adattarsi a questi cambiamenti sarà essenziale».