"A rischio la complessità dello Champagne. Colpa del cambiamento climatico". L'allarme dello chef de cave di Ruinart

30 Lug 2024, 16:08 | a cura di
Lo chef de cave di Ruinart spiega che il cambiamento climatico favorisce la maturazione delle uve, ma il prezzo da pagare è la perdita di complessità. A rischio la caratteristica dei luxury wine

«Le annate più calde del passato, come il 1964 e il '76, sono la norma di oggi» ha detto Frédéric Panaïotis, chef de cave di Ruinart. In Champagne il cambiamento del clima ha portato progressivamente a una temperatura sempre più alta negli ultimi anni. Lo testimoniano i dati raccolti sulle ultime vendemmie che arrivano a veri e propri record.  Le temperature registrate nelle tre annate più calde recenti ('18, '22, '03), infatti,  «non si sono mau riscontrate in passato». Non tutto il male viene per nuocere però, o almeno il clima che cambia sembra portare ombre, ma anche luci nuove nella regione del Metodo Classico francese.

Champagne simile a Châteauneuf-du-Pape

Durante la presentazione della nuova cuvée Blanc Singulier a base di Chardonnay, Panaïotis ha illustrato i cambiamenti di clima e temperatura che sono avvenuti nella Champagne paragonandoli ad annate considerate “calde” del secolo scorso, avvalendosi di una serie di dati che vanno a ritroso nel tempo fino agli anni ’60.

«Alcuni potrebbero confrontare la 2018 con la 1959 o la 1947, ma non è lo stessa cosa: siamo entrati in una nuova era», spiega Panaïotis (intervistato da Drinks Business) riferendosi all’annata più calda degli ultimi anni rispetto a quelle del secolo scorso. Un’annata come la 2018 ha portato a condizioni «simili più all’area di produzione dello Châteauneuf-du-Pape - nella Francia meridionale - degli anni '80, che non a quelle della Champagne».

Attraverso un grafico, lo chef de cave ha mostrato l'evoluzione delle temperature in Champagne dal 1961 al 2022,  evidenziando come la denominazione è passata dall'essere classificata come un’area da clima fresco a un'area temperata. «In alcune annate, come il 2003, il 2018, 2020 e 2022, sarebbe stata classificata "regione calda", come Montpelier», assocura lo chef de Cave.

Pro e contro del cambiamento climatico

Una considerazione che sicuramente mette in allarme, ma Panaïotis rassicura anche che, nonostante il quadro appaia preoccupante, ci sono stati alcuni risvolti positivi nella regione: «Anni come il 1965, il 1972 e il 1977 sono stati terribili e si poteva fare a malapena il vino. Quegli anni non esistono più, il che è un bene perchè non abbiamo più a che fare con uve che non riescono a raggiungere la piena maturità».

La temperatura media nello Champagne è salita di 1,3 gradi Celsius, confrontando il periodo dal 1991-2020 con il 1961-1990. «In realtà questo aumento aiuta a far maturare l’uva», osserva Panaïotis.

Un ambito di cambiamento, con effetti meno positivi, riguarda invece l'accorciamento della stagione di crescita: le estati più calde, soleggiate e più secche accelerano il processo di maturazione dell’uva. «Nel 2003 una fioritura precoce combinata con estati più calde si è conclusa con la prima raccolta di uva ad agosto», spiega Panaïotis. «Ora la raccolta dell'uva in questo mese sta diventando "la norma" nello Champagne, quando la fine di settembre era comune per una data di inizio vendemmia negli anni '60, '70 e ’80».

A rischio la complessità

Per quanto riguarda il periodo tra la fioritura e il raccolto «prima era di 98-99 giorni, ma ora è di 87 giorni». Una modificazione secondaria molto importante: «il ciclo è considerevolmente più breve - spiega lo chef de cave - e 80 giorni sono troppo brevi: si potrebbe perdere la complessità potenziale del vino». Infine, parlando del 2024, Panaïotis spiega come si tratti, finora, di «una stagione di crescita eccezionalmente piovosa»: potrebbe essere anche un’annata qualitativamente buona, se ci fosse più sole in questo periodo di maturazione dell’uva.

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