Pronti, via: come è cambiata la produzione, come sono cambiati gli stili, come è cambiato il mercato in Champagne? Pochi giri di parole per uno degli storici produttori di Champagne.
Domande e risposte a raffica, senza pensarci su troppo... miriamo subito al sodo delle questioni. Dunque...
Come è cambiata la Champagne (e lo Champagne) negli ultimi decenni?
Tre sono i cambiamenti principali. Il primo è il clima: oggi si vendemmia ad agosto, cinquant’anni fa si vendemmiava a ottobre. La mia prima vendemmia è stata quella del 1972, un disastro. Iniziammo a raccogliere l’1 novembre. Così è cambiato il profilo aromatico delle uve. Oggi l’uva matura tra gli 85 e i 90 giorni dopo la fioritura, storicamente era 100 giorni… E non è la stessa maturazione. Di conseguenza è cambiata la struttura del vino.
Ma lei hai un’impostazione sua, un suo stile, sin dagli esordi...
Quando ho iniziato il mercato era 70% Brut e 30% di Démi-sec. Ho iniziato solo con un Brut, non ho mai fatto Démi-sec. Se voglio bere un vino dolce stappo un Sauternes o un Moscato di Pantelleria, che hanno zuccheri naturali. Per me lo Champagne è freschezza, energia, tensione. Da vent’anni sono l’unica maison che fa solamente Extra Brut.
Nella Champagne è difficile comprare un vigneto? Ci sono delle leggi che lo rendono piuttosto complicato.
È vero, c’è un sistema politico che tende a favorire i piccoli, in teoria. Ma solo in teoria, perché se andiamo a vedere il gruppo LVMH è proprietario del 50% dei vigneti delle maison. La teoria è una cosa ma la pratica è un’altra. Se io mi accordo con un viticoltore per acquistare la sua vigna, andiamo dal notaio e prepariamo l’atto. Il notaio lo redige, ma poi prima di chiudere il negozio invia l’atto alla SAFER (Société d’aménagement foncier et d’établissement rural, ndr), un organismo piuttosto politicizzato che è controllato dal sindacato dei viticoltori…LVMH stranamente compra con grande facilità, probabilmente fa una trattativa con SAFER prima dell’acquisto. E alla fine sono in prima fila in tutte le transazioni importanti, hanno vigne in tutti i cru della regione.
Allora quale può essere la strategia? Voi siete in una sorta di limbo, né grande maison né récoltant.
LVMH produce 70 milioni di bottiglie, noi dalle 300 alle 400mila l’anno. Praticamente non esistiamo. Ma abbiamo vigne: coprono il 65% del nostro fabbisogno, gran parte classificate Grand Cru, dove la competizione per acquistare è molto forte, e questo ci lascia abbastanza tranquilli per il futuro. L’altro vantaggio? Essendo viticoltori coltiviamo secondo i nostri standard. Non abbiamo mai usato glifosato e lavoriamo i terreni in maniera superficiale per obbligare l’apparato radicale ad andare in profondità nella “craie” per estrarre il meglio.
Secondo un celebre enologo nella Champagne un terzo sono grandissimi vini, un terzo sono vini di buon livello, ma il restante...
Sì, è vero. Dovete sapere che i récoltant sono 4mila, ma solo 1000 producono il loro Champagne. Gli altri 3000 portano le uve alla cooperativa, e la cooperativa vinifica, spumantizza e li ridistribuisce a tutti i soci che vogliono commercializzare con la loro etichetta. Quindi non tutti gli Champagne dei piccoli sono “fatti in casa”. Poi c’è un altro aspetto, oggi c’è la ricerca degli Champagne “parcellaire”.
In qualche modo è l’antitesi del concetto tradizionale di Champagne.
Un grande Champagne è una composizione: il quadro di un artista. Alla Paillard abbiamo 60 parcelle, forse due o tre potrebbero produrre un parcellaire. Per me la cosa importante è firmare uno stile. Quando vedo un Caravaggio lo riconosco, o è originale o almeno è della scuola di Caravaggio. E lo stesso per Picasso.
Lavorate diversamente dalle grandi maison?
Siamo più tradizionali come tecniche e gestione dei vini di riserva. Noi ruotiamo lo stock in cinque anni, loro in due, e gli Champagne base si somigliano: iper-ossidazione dei mosti e poi vinificazione in riduzione, un sistema più sbrigativo ed economico. È un’enologia “finanziaria”. Per me non è il gusto vero dello Champagne. Siamo vigneti nordici su suoli gessosi: lo dobbiamo sentire in bottiglia!