«Produrre vini senza difetti organolettici con le fermentazioni spontanee, utilizzando poca solforosa, senza chiarificare o filtrare si può fare ma è sicuramente più difficile così come produrre uva biologica nelle annate difficili». Parola dell’enologo Antonino De Gennaro Aquino, che raccoglie la sfida, lanciata la scorsa settimana sul settimanale Tre Bicchieri dal vignaiolo Piero Riccardi («Basta con gli attacchi al vino naturale. Provate a farlo voi»).
Stop alle lotte tra vino convenzionale e naturale
«Riduzioni, rifermentazioni in bottiglia indesiderate, Brett, gusto di topo, volatili troppo sopra le righe, acetato di etile e ammine biogene sono da evitare ma si potrà soprassedere in alcuni casi a imperfezioni di natura visiva per quanto riguarda la limpidezza se il vino è giovane. Anche sulle stabilità si può lavorare con un giusto affinamento. Per me è una sfida tecnica, ci vogliono molta competenza ed esperienza come dice Piero Riccardi». Che queste parole vengano da un enologo - laureato in Enologia a Bordeaux che lavora con cantine sia convenzionali sia biologiche e biodinamiche - è senz’altro un avvio di dialogo importante tra mondo naturale (a volte un po’ troppo talebano) e convenzionale (che spesso nega la stessa esistenza del metodo naturale). Secondo De Gennaro Aquino «sembra di assistere a una lotta fratricida inutile in un momento storico in cui il sistema del vino italiano dovrebbe appunto “fare sistema” e ribadire con fermezza che il vino di qualità, se consumato con moderazione non è dannoso alla salute, anzi, fa parte del nostro patrimonio culturale e pertanto può essere consumato con regolarità. Nel mondo così bello e variegato del vino c’è spazio per tutti».
Le fermentazioni spontanee non sono il male
Sulle fermentazioni spontanee, però, secondo l’enologo, ci sarebbe un po’ di confusione: «Non è vero - sostiene - che queste non possano essere controllate e guidate in una direzione qualitativa. Certo, il rischio di contaminazione - ad esempio da Brettanomyces e altri lieviti e batteri di alterazione - c’è ma le aziende possono mettere in atto delle strategie per ridurre questi rischi a partire dalla gestione del vigneto oltre che della cantina. A volte si utilizzano le fermentazioni spontanee anche nelle aziende convenzionali purché le uve siano coltivate con criterio».
Occhio a non demonizzare i lieviti selezionati
Sbagliato, però, mettere sul banco degli imputati il lievito selezionato: «Non va demonizzato – sostiene l’enologo - è un ceppo isolato in natura da una fermentazione spontanea per alcune sue caratteristiche qualitative e in alcuni casi migliorato tramite retroincroci in laboratorio con altri ceppi di Saccharomyces. L’uomo ha sempre selezionato e incrociato le piante e gli animali per migliorare la qualità e le rese in agricoltura e allevamento. Per alcuni la selezione delle piante e degli animali è accettata, mentre quella dei lieviti no, come se non fossero anch’essi degli esseri viventi». Secondo De Gennaro Aquino, quindi, non regge la storia dell’omologazione: «L’omologazione quando c’è, è più stilistica e non è dovuta solo all’utilizzo del lievito».
Biologico e Biodinamica vanno fatti per convinzione e non per marketing
L’enologo campano interviene anche nel dibattito tra convenzionale e biologico, scaturito dalle parole del professor Luigi Moio («Il biologico è una trappola creata a tavolino»): «Il compianto professore Denis Dubourdieu, a proposito del biologico, si lamentava del fatto che durante la stagione vegetativa i trattoristi fossero sempre impegnati tra i trattamenti fitosanitari e il diserbo meccanico, di conseguenza non avevano il tempo di lavorare i terreni. Non lavorando i terreni, in alcune annate, le piante potevano andare in stress con la conseguenza di produrre un’uva con deficit di azoto prontamente assimilabile, quest’ultimo fondamentale per una corretta fermentazione operata dai lieviti. Penso che il professor Moio si riferisse anche a questo. Di sicuro – prosegue De Gennaro Aquino - la viticoltura biologica di qualità è la base per la viticoltura biodinamica, se non si sa “fare bio” non si può praticare la biodinamica, non basta utilizzare il cornoletame una volta l’anno e pubblicare i video sui social. Quello è solo marketing».