È l’etichettatura la battaglia da vincere in Europa. Anzi nella prossima Europa che verrà fuori dalle elezioni di giugno. Nell’incontro promesso da Unione italiana vini con alcuni dei candidati italiani è stato proprio questo il tema più rilanciato. Una battaglia di certo non facile, viste le fughe in avanti di Paesi come l’Irlanda che ha già approvato un nuovo sistema di etichettatura dei vini basato sugli health warning, nel silenzio assenso della Commissione Ue.
Il progetto dell’etichetta unica europea
Sul tema etichettatura tutti i candidati coinvolti – dal Pd a Fratelli d’Italia, passando per Azione, Forza Italia e Lega - sono concordi nel voler far sentire la propria voce e quella dei produttori di vino. Ma a questi ultimi rilanciano il loro appello: «È una discussione che dobbiamo fare cercando di decidere assieme a voi quali sono le informazioni che vale la pena dare in etichetta. Altrimenti il rischio è che la Commissione proponga un sovraccarico di avvisi» rilancia Daniela Rondinelli (Pd-S&D), ricordando che il più grande errore fatto dalla Commissione in questa spinosa questione non è tanto l’etichetta in sé, quanto «aver permesso che ciò accadesse senza sanzionare l’Irlanda per concorrenza sleale sul mercato interno».
«Aspettiamo delle proposte del settore vino – ribadisce Herbert Dorfmann (Forza Italia-Ppe) – perché la prossima legislatura dovrà affrontare la questione su cui mi auguro si arrivi ad una etichettatura unica europea. Il più grande errore dell’Irlanda è stato, infatti, quello di aver messo da parte il mercato unico».
Si accettano proposte e idee, quindi, per iniziare a lavorare a quella che è ormai una necessità: un’unica etichetta per tutti basata sul consumo responsabile, ma non sulla denominazione del vino. «L’attacco al vino è qualcosa che ci fa molto male – ribadisce Giovanni Poggiali, viticoltore romagnolo (Podere La Berta), alla sua prima candidatura europea (Azione-Renew) – ma questa cosa ci deve rendere proattivi. Come? Portando la nostra esperienza e cultura in quei Paesi che davvero hanno un problema con l’alcol, spiegando cosa voglia dire moderazione».
Dossier imballaggi e Igt: i due esempi da seguire
L’esempio da seguire per l’etichetta è quello che è prevalso su due dossier della scorsa legislatura: imballaggi e riforma delle Igt. Lo ricorda Silvia Sardone (Lega-Id): «Grazie al lavoro di gruppo portato avanti in Parlamento sugli imballaggi siamo riusciti a cambiare l’indirizzo della Commissione. È quella la strada anche per le prossime questioni». Dello stesso avviso Massimiliano Salini (Forza Italia-Ppe): «Abbiamo ottenuto la totale esenzione per i vini e gli spirits perché abbiamo usato il principio della cooperazione e non della competizione e abbiamo difeso qualcosa che era utile». «Se riusciremo a mantenere la trasversalità della maglietta dell’Italia sul tema dell’etichettatura, così come abbiamo fatto con imballaggi e riforma delle Ig saremo più performanti come sistema nazionali» ha sottolineato Nicola Procaccini (Fdi-Ecr), che ha ricordato il grande lavoro portato avanti dal relatore della riforma delle Indicazioni geografiche Paolo De Castro (nonostante non sia del suo partito), non ricandidato alle prossime Europee: «Peccato che il Partito democratico non lo abbia ricandidato al Parlamento europeo» è stata la sua stoccata finale agli avversari politici.
Il ripudio del Green Deal
Tra gli altri temi caldi in Europa c’è quello della sostenibilità, principale capro espiatorio su cui la politica ha scaricato quasi tutte le colpe delle proteste dei trattori dei mesi scorsi. Mood che è ritornato anche nelle promesse elettorale dei prossimi candidati (molti dei quali già in carica nella legislatura uscente). «Lo scorso quinquennio europeo è iniziato in maniera ideologica sull’ambiente – ha ribadito Pietro Fiocchi (Fdi-Ecr) - Poi con la guerra in Ucraina abbiamo capito che abbiamo bisogno del gas e quindi si è cercato approccio più pragmatico, che deve essere l’obiettivo della prossima legislatura. Ricordo anche che l’idea di diminuire pesticidi e fitofarmaci ci ha portato all’assurdo: importare grano da fuori portando a casa un prodotto non controllato, meno salubre e con un trasporto non sostenibile». Sulla stessa lunghezza d’onda la leghista Sardone: «Va bene la sostenibilità ambientale, ma con buon senso e pragmatismo».
Caterina Avanza (Azione-Renew) fa un passo in avanti: «Il futuro della viticoltura non è nei fitofarmaci, ma bisogna prima testare le tecniche di genomica. Questo non significa cambiare gli obiettivi del Green Deal, ma arrivare a una metodologia realistica». E si sofferma - unica tra i candidati - anche sul climate change e sul piano di adattamento da portare avanti: «La politica può fare qualcosa: dall’uso delle acque reflue all’incentivo delle assicurazioni agricole».
Lo scontro sugli accordi di libero scambio
A dividere i candidati italiani c’è, infine, il tema degli scambi e degli accordi commerciali con gli altri Paesi. Contrari gli esponenti più a destra (nazionalisti per definizione), possibilisti quelli di Forza Italia, aperti quelli dell’area di centro Sinistra (da azione a Italia Viva fino ad arrivare al Pd). «Molte scelte passate ci hanno messo in una posizione di svantaggio - sottolinea Alessandro Panza (Lega-Id) – penso, ad esempio al riso importato dalla Cambogia che ha messo fuori gioco i produttori italiani».
Di tutt’altro avviso Caterina Avanza: «Gli accordi bilaterali sono fondamentali e su questo abbiamo un grosso problema. In Francia, ad esempio, hanno votato tutti contro il Ceta (l’accordo con il Canada) ad eccezione dell’area liberale di Macron. A chi ce l’ha tanto con quell’accordo, va detto che non solo non ha rovinato l’agricoltura italiana, ma ha favorito gli scambi. Penso al vino che più di tutti ha bisogno di esportare».
Infine, l’invito di Dorfmann ai viticoltori per difendere gli accordi internazionali: «C’è chi dice no al Mercosur, al Ceta, agli accordi con la Nuova Zelanda. Un attacco che viene soprattutto da Paesi come la Francia, come se l’agricoltura fosse succube del mercato internazionale, quando invece ci sono settori, come il vino, che dipendono in gran parte da quel mercato e, quindi, dagli accordi».