Notizie / Ristoranti / “Vi racconto il mio allevamento senza emissioni”. Parola di Pablo Rivero il maestro della carne argentina

Ristoranti

"Vi racconto il mio allevamento senza emissioni". Parola di Pablo Rivero il maestro della carne argentina

Secondo questo famoso ristoratore argentino l'allevamento bovino ha la minore impronta di carbonio di tutti gli altri

  • 10 Novembre, 2023

“L’allevamento bovino è l’unico che cattura più carbonio di quanto ne produca”. Affermazione controversa, quella fatta dal palco di Gastromasa an Istanbul, da Pablo Rivero, il più grande esperto di carne argentino. Il suo Don Julio di Buenos Aires è uno degli indirizzi di riferimento per la griglia, con il bravo Guido Tassi in cucina e alla parilla, dove lavora la carne. Argentina, ovviamente. E con la carne i vini: una cantina con circa 15mila referenze che proietta quella nata come una tipica braceria in un’altra dimensione, quella delle destinazioni gastronomiche, ai vertici delle classifiche internazionali (19esimo nella 50 Best 2023 e secondo in quella dei 50 migliori del Latin America, entrambe dominate da Virgilio Martinez).

don julio coltello

Famosissimo nel Sud America e in tuto il mondo, Rivero viene da una famiglia di allevatori, appena ventenne ha aperto il suo ristorante, diventato nel corso del tempo un vero luogo di culto per gli amanti della carne. Tutto, però, parte ancor prima della materia prima, dagli allevamenti e dall’erba, con un approccio che Rivero definisce olistico. E come tale ha un punto di partenza chiaro: la natura.

Don Julio e l’allevamento

Parte integrante di Don Julio è una azienda agricola a 90 chilometri da Buenos Aires con orti, alberi da frutto, caseificio ma soprattutto pascoli in cui gli animali si muovono liberamente. “La natura è il primo cuoco” è solito affermare, “quello a cui pensiamo ogni giorno è l’erba. Non pensiamo agli animali, alle bistecche, alle infiltrazioni di grasso”. Il primo impegno è gestire pascoli per gli allevamenti. Allevamenti che – sostiene – “a differenza di quanto si crede abitualmente, non sono dannosi per l’ambiente. Dannoso è l’uomo quando manipola la natura”. Detta così sembrerebbe una presa in giro, perché di fatto l’allevamento è un intervento dell’uomo sulla natura. L’obiettivo, spiega, è discostarsi il meno possibile da quel che accadrebbe spontaneamente, secondo il principio della biomimesi. Termine che indica tecniche o processi ispirati dalle soluzioni adottate da piante e animali in natura. Sembra difficile ma non lo è: sonar e radar, per fare un esempio che tutti conoscono, imitano il sistema di geolocalizzazione del pipistrello.

Allevamenti e biomimesi

Nel caso degli allevamenti non occorre andare troppo lontano con la fantasia, semplicemente ripristinare quel che accade negli ambienti non antropizzati. Le zebre e gli altri erbivori si muovono in branco per proteggersi dai predatori, stanno su un pascolo e si spostano quando non hanno più da mangiare (o se avvertono un pericolo) lasciandolo arricchito per l’azione degli zoccoli che smuovono il terreno incorporando ossigeno e rivitalizzandolo, e per le deiezioni che lo fertilizzano. Il problema è che “l’intervento dell’uomo ha interrotto l’ordine naturale, eliminando i predatori degli erbivori”.

Una teoria che fa riferimento al lavoro di Allan Savory (autore di Holistic Management handbook) e André Marcel Voisin (teorizzatore del Pascolo razionale, noto anche come voisinismo, pascolo voisin o pascolo intensivo razionale), che hanno contribuito a sviluppare quel che viene chiamato allevamento rigenerativo (in modo simile all’agricoltura rigenerativa), in cui “il bestiame è usato per rigenerare i terreni e catturare il carbonio”. A riprova ha sottolineato come nel 2019 la Nasa abbia inserito l’Argentina tra i 6 Paesi con la migliore impronta carbonica, nonostante la massiccia presenza di allevamenti: nel paese del “sud del Sud America”, si contano 53 milioni di capi di bestiame e 45 milioni di abitanti.

pablo rivero gastromasa

Don Julio e gli allevamenti rigenerativi

Il primo punto è far procedere lentamente la mandria da un pascolo all’altro e solo quando gli animali non hanno più da mangiare, lasciando il terreno smosso e fertilizzato. Torneranno su quel pascolo – secondo il piano fatto – tra i 270 e i 300 giorni dopo averlo lasciato. Lo troveranno rigoglioso e ricco, un ottimo alimento. In questi mesi l’erba ricresce. Bingo. “La cattura di carbonio si ha quando c’è la fotosintesi, ovvero proprio quando le piante crescono. Quindi quello che facciamo è una specie di pompa di carbonio: tagliamo e raccogliamo, tagliamo e raccogliamo. Catturando carbonio”. Secondo Rivero l’allevamento rigenerativo cattura tre volte il carbonio che produce, con un saldo di 3,5 chili di carbonio per chilo di prodotto, a fronte di un buon ingrassamento, dato dalla ricchezza dei pascoli.

pablo rivero gastromasa

Tenendo in considerazione l’intera filiera produttiva negli altri allevamenti i numeri sono diversi: il bovino da ingrasso produce 33 Kg di Co2 per Kg, il pollo 6 Kg, il maiale 9 Kg. “Ecco come stanno le cose in realtà, sono 20 anni che sentiamo dire il contrario. Sta accadendo oggi nel nostro caso e in quello di molti produttori in Argentina, Paraguay, Uruguay, in alcuni settori del Cile e in Australia, i crediti di carbonio vengono venduti alle aziende che lo emettono”.

pablo rivero gastromasa

I benefici

Quali sono i benefici di questo tipo di allevamento? “Oltre a catturare il carbonio e rigenerare il suolo, si ha carne di migliore qualità e dal sapore più profondo, maggiore benessere degli animali che nel loro habitat e in branco si rafforzano a vicenda tanto da non aver bisogno di antibiotici o altri prodotti. Ultima cosa, non secondaria, il costante rimescolamento del terreno lo fa diventare più permeabile cosa che non solo lo rende più umido, ma è anche una protezione dalle alluvioni”.

Ma se questo sistema è così valido, perché non viene promosso? La risposta, secondo Rivero, è da cercare nella difficoltà di scardinare l’industria zootecnica per l’enorme quantità di persone impiegata, in modo analogo a quanto avvenuto anni fa con il mondo del tabacco. Per cambiare questo paradigma, spiega, si può puntare su due cose: il fattore economico – “in un Paese che sta attraversando una crisi come la nostra, se viene detto a un produttore che venderà il credito di carbonio, si orienterà rapidamente verso questa produzione” – e quello del mercato, e qui il mondo della gastronomia può fare la sua parte chiedendo questo tipo di prodotto, ridefinendo i parametri che fanno di una carne, una carne di qualità: ricca saporita ben frollata ma anche anche proveniente da un allevamento giusto.

TI POTREBBE INTERESSARE ANCHE...
"Vi racconto...
Random24

Corsi per Appassionati

Corsi per Professionisti

University

Master

© Gambero Rosso SPA – Tutti i diritti riservati.

Made with love by Programmatic Advertising Ltd

Made with love by Programmatic Advertising Ltd

© Gambero Rosso SPA – Tutti i diritti riservati