Sextantio. L’albergo diffuso a Santo Stefano di Sessanio
Santo Stefano di Sessanio è un borgo medievale fortificato, edificato tra le montagne dell’Abruzzo a oltre 1250 metri di altitudine, all’interno del Parco Nazionale Gran Sasso e Monti della Laga.
Siamo nella provincia de L’Aquila, dove il 90% delle strutture ricettive ancora attende di riaprire al pubblico, cercando di intuire come andrà la stagione. Dopo la riattivazione della circolazione tra regioni, dal 15 giugno si tornerà a viaggiare anche nell’area Schengen. Ma questo non assicura una ripresa repentina del turismo straniero, su cui Sextantio, l’albergo diffuso meritevole di aver ripristinato il volto originale del borgo aquilano, ha sempre contato molto. Eppure dal 12 giugno l’attività ricomincia: le prime prenotazioni sono già arrivate, e c’è voglia di scommettere su un’estate diversa, perché no votata al ritorno degli ospiti italiani, in un contesto che ha fatto del turismo lento e della valorizzazione di rotte poco conosciute una bandiera di cui andare fieri. A Santo Stefano il pionieristico progetto dell’albergo diffuso è stato avviato nei primi anni del Duemila, per iniziativa dell’imprenditore Daniele Kihlgren.
La ricerca del Museo delle Genti d’Abruzzo
Il recupero degli spazi originali del borgo – molti dei quali rimasti intatti dopo lo spopolamento di Santo Stefano a partire dal XIX secolo, dovuto al calo dell’attività di transumanza - ha richiesto diversi anni, con il coinvolgimento non solo della sovrintendenza alle Belle Arti, ma anche del Museo delle Genti d’Abruzzo, impegnato a riallacciare tutte quelle tracce di cultura materiale locale che oggi consentono ai visitatori di vivere un’esperienza realistica di ciò che è stato il borgo per molti secoli. Così, una decina di anni fa, si è messa in moto l’ospitalità nelle case recuperate sapientemente. La filosofia? Valorizzare quel patrimonio storico architettonico “minore” custodito da numerosi piccoli borghi d’Italia, facendone uno strumento di ospitalità attiva, perfettamente integrato nel paesaggio circostante, contrastando al contempo il fenomeno dell’abbandono e del degrado di queste gemme nascoste. A Santo Stefano il progetto è riuscito: Sextantio ha acquisito fama internazionale, e anche se quest’anno ripartirà con la metà delle camere attive c’è la volontà di fare bene, anche in funzione di traino dell’ospitalità abruzzese. In questo contesto si inquadra anche il nuovo sodalizio con la famiglia Tinari, che a Guardiagrele – in provincia di Chieti – è custode di un altro aspetto fondamentale della cultura regionale: la tradizione gastronomica delle comunità contadine e montane d’Abruzzo.
Villa Maiella a La Locanda sotto gli archi
La collaborazione con Villa Maiella, non a caso, è nata con l’obiettivo di recuperare le ricette della tradizione orale montana, per renderle protagoniste sulla tavola della Locanda sotto gli archi, che è il ristorante di Sextantio frutto dell’opera di restauro conservativa di un ambiente suggestivo, scandito da grandi archi in pietra che poggiano su colonne e caratterizzato da un bel camino antico. Nell’allestire lo spazio, concepito sin dall’inizio del progetto, si è scelto di arredarlo con sedie e tavoli ante-Novecento, mentre piatti e vasellame in ceramica sono stati realizzati a mano in stile, su indicazione del Museo delle Genti d’Abruzzo (che merita una visita a Pescara). Così è stato per il lavoro di recupero delle ricette: Annunziata Taraschi è l’antropologa che, su commissione di Sextantio, si è occupata delle ricerca etnografica sui borghi d’altura del Gran Sasso, con particolare attenzione alla cucina popolare e all’artigianato domestico. Così è nato un menu che fa uso solo di ingredienti provenienti dalla regione, tra cui farro, lenticchie (quelle piccolissime che fanno capo proprio al territorio di Santo Stefano, ideali per una zuppa), zafferano, aneto, pastinaca.
Arcangelo Tinari e la cucina delle antiche ricette orali
Ma il coinvolgimento di Arcangelo e Pascal Tinari - la giovane generazione all’opera, con ottimi risultati, a Villa Maiella – promette di portare l’operazione su un altro livello: “C’è stata subito un’intesa, un feeling con il progetto; lo studio sulle ricette antiche, le ricette orali della nostra tradizione, ci appartiene da sempre, è l’essenza del carattere di Villa Maiella. Quindi quando diversi mesi fa ci hanno chiesto di collaborare abbiamo aderito con entusiasmo”. Arcangelo è entusiasta che ora il progetto possa finalmente prendere forma, e rammaricato al tempo stesso per una partenza che sarà diversa da quella immaginata, almeno per i primi tempi: “Stiamo andando avanti con un’altra velocità. Saremmo dovuti partire a fine marzo, eravamo pronti. Poi il lockdown e la necessità di rimodulare l’offerta, anche in funzione di spazi antichi che è più complesso adeguare a tutte le norme di sicurezza imposte dall’emergenza sanitaria”. Ma l’essenza del progetto non si è affievolita: “Ci impegniamo a recuperare tutti quei piatti rari, particolari, di difficile interpretazione perché non scritti, che sono alla base della cucina di un territorio povero, con materie prime non sempre facili da reperire. Per questo non avremo un menu fisso stampato: un giorno ci saranno i funghi raccolti sulle montagne, un altro i fichi o gli spinaci selvatici, la pasta all’uovo con parsimonia, perché si mangiava solo nel giorno di festa. E così la carne, non sempre disponibile, con grande uso delle frattaglie. Sicuramente proporremo molti piatti vegetali. E tutto quello che può essere coerente con la dieta di un secolo fa, ma con bagaglio culturale e tecnico che portiamo io e mio fratello, grazie alle nostre esperienze all’estero. Il nostro know how applicato alla cucina povera di montagna”. A partire da ricette in gran parte inedite, oggetto della ricerca degli ultimi anni: “Sarà come entrare in una casa dell’epoca, e fare un viaggio indietro nel tempo”.
L’offerta della Locanda. Colazione, picnic e cena
Contrariamente ai piani, però, per i primi mesi il servizio sarà riservato solo agli ospiti della struttura: “Abbiamo dovuto diminuire i coperti, dobbiamo dare precedenza a chi soggiorna da Sextantio, per cui cureremo anche la colazione, con biscotti poveri della tradizione abruzzese, ferratelle, tarallini all’olio, uova al tegamino, pane di patate perfetto da abbinare con marmellate, salumi o formaggi. Ma il progetto nasce per essere aperto a tutti, e speriamo che presto la Locanda possa accogliere anche chi visita il borgo”. In cucina ci sono i ragazzi di Sextantio, istruiti dai fratelli Tinari, che una volta alla settimana saranno presenti per coordinare cene dedicate. E per il pranzo c’è il cestino del picnic: un cesto di vimini e salice, con acqua, vino, olio, pane, salame, pecorino, miele, frutta e mentuccia, in puro stile contadino.
Si guarda con positività al futuro: “Da Sextantio abbiamo già una buona risposta, le prenotazioni delle camere non mancano, partiamo carichi per il primo servizio. Ma anche a Villa Maiella il lavoro va bene. Abbiamo riaperto alla fine di maggio, fortunatamente a gennaio avevamo completato dei lavori di ristrutturazione in sala, che ora ci fanno lavorare meglio. È cambiata in parte la nostra organizzazione, ma questo è uno stimolo in più: lavoriamo soprattutto con preparazioni alla giornata, per non sprecare la materia prima, e valorizzare quello che c’è. È una soddisfazione: non corriamo dietro al menu, ma lo modifichiamo di continuo, in base a quello che c’è. Una filosofia che ben si adatta alla nostra cucina di territorio”. La risposta della clientela c’è, e tutto lo staff è tornato al lavoro.
Locanda sotto gli Archi a Sextantio - Santa Stefano di Sessanio (AQ) - www.sextantio.it/santostefano/abruzzo/
a cura di Livia Montagnoli