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Di giovani promesse è pieno il mondo, in attesa di diventare poi, secondo l’aforisma di Alberto Arbasino, “venerati maestri e quindi soliti stronzi”. E giovane lo era davvero Valerio Braschi da Sant’Arcangelo di Romagna quando vinse la sesta edizione di Masterchef nel marzo 2017, a diciannove anni appena. Ma ora, in attesa di fare la carriera prospettata dal grande scrittore di Voghera, il suo talento cristallino e pop appare ancora surfare sulla cresta di un’onda crescente.
Il Vibe di Valerio Braschi
Del resto non si è fatto mancare ostacoli, il ragazzo. Dapprima Roma, poi Milano, le due piazze più difficili d’Italia. Dapprima il 1978 e adesso il Vibe (riaperto qualche settimana fa dopo uno stop a qualche mese dall’inaugurazione), che già dal nome evoca atmosfere informali e instagrammabili. Ma appena oltre l’apparenza di un locale colorato con toni insoliti (domina un viola piuttosto distopico) e graffitaro, c’è la sostanza di un cuoco che ha idee da vendere (e infatti le vende) e che ha voglia di divertirsi e far divertire.
Cosa abbiamo mangiato al Vibe di Valerio Braschi
Il menù degustazione è ambizioso. “Diario di un ragazzo viaggiatore” conta dieci portate e un prezzo di 140 euro, con 65 supplementari per cinque calici di vino (e 90 per sette). La carta è 3x4, tre portate per quattro sezioni, perché ogni prolissità è bandita. Qui ci saranno sempre uno o due brodi, passione quasi “bertoniana” – parliamo di quell’Andrea Berton maestro in tema e chef dell’omonimo ristorante premiato con le Tre Forchette sulla guida Ristoranti d’Italia 2024 - di Braschi. La partenza è a razzo, con una serie di amuse bouche dal gusto beffardo, un brodo freddo al pomodoro da spararsi in bocca con una pistola di plastica e altre facezie. Poi il primo brodo, di udon con anguilla affumicata con teriyaki, yuzukosho e aneto. Quindi la ricciola con wasabi porro e foglia di ostrica e il primo piatto “ohibò”, le lumache con ceci e chorizo, che gioca sul contrasto tra dolcezza e piccantezza. Chiudono la sezione degli antipasti le mazzancolle, tom yan, cocco e cardoncelli, e un secondo brodo, quello di agnello.
I cappelletti alla Bruna e Glacier 51
Andiamo avanti: i cappelletti alla Bruna (Bruna è la nonna) citano la lasagna in tubetto che era un fresco signature di Valerio, con Parmigiano Reggiano vacche grasse 36 mesi e noce moscata, ma la inzeppano in un cappelletto fatto in casa con grande perizia. Siamo in zona emozione. Un altro primo: gli spaghetti burro e “blood-targa”, in cui del sangue di manzo essiccato diventa una sorta di bottarga dal sapore pieno e carnoso.
E finalmente il piatto della serata per distacco, il Glacier 51, un pesce di profondità dalla carne compatta e quasi grassa elettrizzato da una salsa ottenuta da un’emulsione di jus di manzo e grasso frollato di Rubia gallega. Due potenze che si moltiplicano in una deflagrazione di sapori. Si chiude con i dolci di Francesco Di Lallo, pastry chef già al 1978: l’Errore perfetto è un gelato sciolto al pepe Sancho, Solaire è un tondo pieno di raggi che sa di caramella mou, di albicocca e – shock! – di jalapeno, una raffica di strattoni in opposte direzioni. Qualche blandizia finale.
La sala, il servizio, i vini
Al tavolo una tovaglia pulita e un impiattamento classico, un po’ in controtendenza con la moda attuale. Il servizio è accurato ma mai querulo, per precisa scelta. I coperti sono pochi, poco più di 20. Vibe è in via Ghisleri al numero 1 ed è un progetto di Edoardo Maggiori, giovane proprietario della Filetteria Italiana (recentemente al centro di un’inchiesta delle Iene). È aperto dal mercoledì alla domenica con otto servizi a settimana, sempre a cena e dal venerdì alla domenica anche a pranzo, con la possibilità in questo caso di optare per tre portate a sorpresa a 50 euro e di cinque a 80. La cantina? Italia e Francia con buona presenza di naturali.
Vibe - Milano - via Ghisleri, 1 - 328 6115469 - vibe-restaurant.it