«Signori, non accettiamo altri clienti per oggi a pranzo. Chi ha lasciato il nome, aspetterà ma riuscirà a mangiare. Per gli altri, ci dispiace: ci vediamo alla prossima». Sono le 12.32, mezzora dopo l’apertura rien ne va plus alla Trattoria “Da Nennella”, nella nuova sede di piazza Carità, inaugurata il 13 dicembre. Nella lunga fila, un serpentone di volti trepidanti e comitive con l’acquolina alla bocca, qualcheduno storce il naso. «Stasera è la nostra ultima possibilità, poi torniamo a Milano», dice una turista. Ma qui del resto non si prenota, non è previsto: bisogna arrivare e gridare il proprio cognome, sperando che sia la volta buona.
Ed è così tutti i giorni, o quasi. Certo, c’è l’effetto novità: già tempio della gastronomia popolare nei Quartieri Spagnoli, quintessenza della trattoria made in Napoli - dove si fondono i gusti della tradizione con una certa dose di simpatia, a tratti forzata, e un servizio senza troppi fronzoli (eufemismo) che non di rado ama canzonare l’avventore (mai professarsi juventini) - oggi “Da Nennella” ha completato l’upgrade.
«Siamo più comodi, il locale è più ampio e risponde meglio alle esigenze di un pubblico vasto, fatto di tanti napoletani e tantissimi turisti”, spiega Ciro Vitiello, iconico volto della trattoria, uno dei titolari. Poi si gira verso la gente in fila e ribadisce: «Chi ha dato il nome mangia di sicuro».
Una trottola impazzita lui, altrettanto i camerieri: escono fettuccine con calamari e cozze e la mitica pasta e patate con provola e pancetta, un profumo di baccalà fritto si diffonde nell’aria, mescolandosi con quello delle polpette al ragù: il clima è quello di una grande sagra paesana. «All’euforia delle feste, con Napoli invasa dai turisti, si è aggiunto l’effetto della nuova sede», spiega ancora Ciro.
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Un nuovo progetto per la sede ai Quartieri Spagnoli
Un trasferimento per certi versi epocale: la storia di Nennella nei Quartieri Spagnoli affonda le radici nel Dopoguerra, l’anno di fondazione è il 1949. La trattoria ha così attraversato le mille storie di una città in continua evoluzione: tappa imperdibile anche quando i Quartieri non godevano di buona fama, figurarsi nei mesi scorsi, al termine di un lungo processo di gentrificazione che ha trasformato l’area in una sorta di Disneyland del cibo e dei cliché, da Maradona ai cornetti portafortuna, strizzando l’occhio all’overtourism che ha invaso la città. «Ma noi non lasceremo la sede dei Quartieri Spagnoli, dove abbiamo in mente un nuovo progetto», dice Ciro. Che non si sbottona, non per ora.
Marketing anno zero, qui vincono prezzi popolari e sorrisi
Ma qual è il segreto della trattoria più celebre di Napoli? Perché c’è gente disposta a sobbarcarsi anche un’ora di fila per sedersi al tavolo del locale?
Vitiello prova a farla semplice ed è, in fondo, anche una lezione ai guru del marketing, che del resto trasecolerebbero di fronte a un sito Internet che resta preistorico, né qui si punta sulla viralità dei social, che altrove – anche a poche centinaia di metri, a Napoli – fanno la differenza e che qui propongono le foto (sic!) dei menu del giorno in bianco e nero. Non serve altro, a quanto pare.
«Il nostro segreto è cambiare l’olio nella friggitrice tutti i giorni e puntare sulla qualità dei prodotti, ma soprattutto proporre prezzi popolari. Con 16 euro qui si mangia un menu completo: antipasto, primo, secondo, frutta e limoncello. Ci riusciamo perché abbiamo grandi numeri».
Meno margini di guadagno sul singolo cliente, ma più clienti. Difficile fare una stima. Anche dei coperti. «Non li ho contati, ma quello che fa la differenza è l’organizzazione del servizio», spiega Ciro. Che vuol dire soprattutto un continuo ricambio ai tavoli: se le attese all’esterno sono bibliche, i tempi della cucina paiono da record. Così si mangia velocemente, col sorriso sulle labbra e la sensazione di essere parte di una festa collettiva che coinvolge tutti i tavoli, neanche fosse un grasso grosso matrimonio alla napoletana. Più spettacolo che cena, più festa che pranzo.
«Non tradiremo la nostra identità»
Ecco, il rischio – sulla carta – era soprattutto questo: molti, tra i Nennella-addicted, temevano che un locale più grande, con un’insegna (quasi) contemporanea e spazi insonorizzati, si prestasse a un’evoluzione della specie e del format. Un locale del popolo pronto a diventare chiattillo, come si dice da queste parti, sulla scia di analoghe metamorfosi che pure hanno investito, in città, pizzerie e ristoranti dalla solida tradizione, che oggi strizzano l’occhio a contaminazioni global e a potenziali derive chic. «Qui non è accaduto né accadrà», dice Ciro Vitiello, mostrando con malcelato orgoglio i tovaglioli da battaglia e il menu, lo stesso di sempre o quasi: resta la domenica il giorno di chiusura, scelta insolita ma non a Napoli, dove la sacralità del pranzo in famiglia, a casa, rimane solido baluardo, o almeno così dice Ciro. E non cambia, neanche a dirlo, anche il claim, o forse sarebbe meglio dire motto, rifuggendo agli inglesismi del marketing che qui sarebbero come un pesce fuor d’acqua. Recita così: «Non sei triste, hai solo bisogno di andare da Nennella».