Ravello è una perla della Costiera Amalfitana, la balconata più suggestiva che si affaccia all’intera costa dai sui 350 metri sul livello del mare. Un borgo tra i giardini di Villa Rufolo e la balconata sull’infinito di Villa Cimbrone, un nido di vicoli di pietra e pinoli che raccontano le passeggiate all’ombra dei limoni di attori, musicisti, registi, scrittori e poeti da tutto il mondo. In Costiera Amalfitana, negli ultimi anni, c'è stata una particolare attenzione ai grandi investimenti sul settore hospitality di lusso, come nel caso di Palazzo Avino o del Belmont Hotel Caruso. Strutture spesso annoverate tra le prime dieci più belle nel mondo. Di pari passo corre l’offerta gastronomica negli hotel, le carte dei menu hanno raggiunto costi molto alti. Basti pensare che la media di un menu degustazione da cinque portate è di 250 euro. Sotto, ci sono trattorie e ristoranti di livello molto spesso turistici, seppure più economici.
Villa Maria a Ravello cambia
Ci sono ovviamente belle eccezioni, come la Trattoria dei Cartari ad Amalfi, che propone cucina tipica servita in maniera semplice, oppure, per rimanere a Ravello, Villa Maria. Siamo in un quattro stelle lusso situato lungo il lastricato che porta a Villa Cimbrone, in un edificio in stile liberty che gode di un cortile esterno ampio con affaccio sul mare. Di rimpetto il Villa Eva, un giardino ancor più esposto all’orizzonte del Tirreno dedicato alle cerimonie. Di fianco, le terre del convento acquistate dalle monache di S. Chiara e coltivate per essere un orto biologico dal quale attingere. A capo della gestione c’è la famiglia Palumbo, con il professore Vincenzo a testimoniare una visione turistica nata con lui negli anni Cinquanta e i suoi due figli Francesco e Giuseppe, che la proiettano tenacemente nel futuro.
Così, per mantenere gli standard ricettivi di un mercato esigente e impreziosire l’offerta, al Villa Maria arriva in cucina lo chef Luigi Balestriere. «Crescenzo Scotti - dice al Gambero Rosso - è stato il mio primo mentore, da lui ho iniziato a imparare la profondità della cucina gastronomica, poi c’è stato Giuseppe Tarantino che al relais Bellaria, oltre a gestire le origini culinarie in un’offerta fuori casa, mi ha trasmesso molto sulla capacità organizzativa e amministrativa che è necessaria per mantenere una cucina. Poi, tra tante altre esperienze, c’è stata la cucina di Norbert Niederkofler. Illuminante sia a livello umano che gastronomico. Lui mi ha dato veramente tanto e adesso sono fiero di essere qui. Con la famiglia Palumbo abbiamo un progetto e al Villa Maria voglio mettere nel piatto tutto il meglio che ho preso nel mio percorso».
Il Villa Maria, per ora, è aperto stagionalmente e ha una sala interna di notevole luminosità ed eleganza, che conta 30 posti a sedere. Poi c’è il dehors esterno, che in caso di maltempo o pioggia viene chiuso con delle protezioni amovibili, dove troneggia un grande tiglio che offre ombra ai tavoli di ferro e ceramica che arredano lo spazio. Mise en place classica, un fila di tavoli lungo la ringhiera che da sul mare. Dalla mattina alla cena, la formula in menu è composta da grandi classici di albergo e piatti di tradizione locale, dove sono notevoli delle gustose montanare al piennolo e mozzarella di bufala.
Cosa di mangia all'Hotel Villa Maria di Ravello
Poi la cena il teatro cambia la carta in tavola e un servizio attento e informale, porta a tavola i piatti che lo chef ha iniziato a pensare per il suo viaggio gastronomico iniziato a Ravello. «In Trentino ho imparato a conservare, a lavorare una varietà incredibile di materia prima vegetale quando è disponibile, per poi poterla utilizzare durante l’anno. - dice Balestriere - Qui lavoriamo solo su una stagione e altre due le sfioriamo appena, che insieme danno una quantità incredibile di materia prima da poter usare, anche troppa tra mare e terra da concentrare in un paio di menu. Io poi qui ho la fortuna di avere il nostro orto biologico e lì raccolgo davvero molte erbe spontanee che crescono selvatiche, come i piselli di cui uso i germogli. I limoni li lavoro in ogni modo e mi piace portarli nei piatti come fermentati, per controllarne l’acidità e farli lavorare come elemento anche sapido».
Dagli antipasti non convince troppo il Polpo arrostito e glassato, con carote in carpione e salsa barbecue. Gustoso, ma troppo dolce. Molto buono invece un secondo piatto: uno strudel di verdure con salsa chili e aceto di mele. Le salse vengono servite a parte per essere consumate secondo intensità desiderata, mentre tutte le verdure sono biologiche e raccolte nell’orto della struttura. Croccante, intenso e capace di conservare gusti pienamente distinguibili tra i vegetali.
Lo spaghetto aglio, olio e buccia di limone è un must di grande profumo, ma la Pasta mista risottatta alle patate, con lime e manzo marinato, è davvero notevole per contrasti di sapore, così come la Tagliatella fatta in casa, con farina di fagioli, in salsa di cozze e con bottarga di tonno. Primi piatti intensi, diretti e di grande gusto con materie prime semplici, ma lavorate con buona mano tecnica.
Tra i secondi c’è un Gambero alla puttanesca molto appagante, ma è l’Anatra all’arancia bruciata e porro che sorprende per la sua struttura complessa. Un grande piatto dove il porro cotto alla brace, l’aceto di mele e il fondo dell’anatra portano il palato dal dolce all’acido più volte, con lo stesso boccone. Corposo, appagante e divertente. Si può fare di più sul pane: la promessa di Luigi è che provvederà a farlo sempre in casa e sempre meglio, appena rodata bene la squadra e i tempi di cucina. Nella carta dei dessert non mancherà mai la delizia al limone, ma il Fagottino di mela annurca con salsa di camomilla è buono da mangiarne due.