Pizzeria chiusa per fango. Chissà fino a quando. Qui Vomero, tra i quartieri più residenziali di Napoli: da ogni angolo si aprono viste meravigliose sul golfo. Ma in via Francesco Solimena l’atmosfera, anche oggi, è surreale.
Lo scorso 21 febbraio una maxi voragine, causata dal cedimento strutturale della strada, ha inghiottito due auto con persone a bordo, fortunatamente salve, e ha generato un piccolo, grande disastro: immobili evacuati, cittadini sfollati, esercizi commerciali invasi dai detriti e costretti fatalmente ad abbassare le saracinesche.
Come loro, Gabriele e Francesco Troisi, rispettivamente 34 e 32 anni, titolari della Pizzeria Troisi, che si guardano intorno amareggiati e fanno spallucce: «Non sappiamo se e come riapriremo, la gestione del post-evento da parte di chi di dovere è stata a dir poco confusionaria. Così diventa dura pensare di restare a Napoli».
Pizzeria Troisi: 60 mila euro di danni
C’è la rabbia di chi conta i danni («20 mila euro per il deposito inagibile e la merce finita nella spazzatura, altri 40 mila di mancati incassi in un primo mese di inattività») e, soprattutto, non vede la luce, da quel giorno in cui la furia del fango ha divelto le porte e trascinato con sé tutto. Seminando distruzione. «Eravamo lì, abbiamo avuto paura anche per la nostra incolumità. – racconta Francesco – Ma quel che più conta è che oggi, a distanza di più di un mese, non possiamo pianificare la riapertura. Ed ogni giorno che passa è un giorno in cui paghiamo il fitto inutilmente. Non è solo il problema dei nostri locali, ma di un intero quartiere immobilizzato, tra strade chiuse ed edifici evacuati. E anche chi è distante dal punto del disastro, birrerie e pub in primis, parla di una ricaduta sugli incassi del 30%».
Non ci resta che piangere, mutuando il titolo uno tra i più celebri film del Massimo nazionale con il quale i fratelli Troisi condividono l’impegnativo cognome.
Ma questa è anche una storia di solidarietà e di resilienza. La prima si traduce in poco più di 20 mila euro raccolti, in favore dei fratelli pizzaioli, attraverso un’iniziativa di crowdfunding avviata, sulla piattaforma GoFundMe, da alcuni amici dei titolari. «Non ne sapevamo nulla, la solidarietà di questa città è una nota estremamente positiva e ci dà la forza di andare avanti, ma la riapertura della pizzeria dipende dalla rinascita dell’intera zona, che deve tornare pienamente agibile», prosegue Francesco Troisi. «Cercare altrove? Sarebbe troppo dispendioso, anche perché non è ipotizzabile trasferire gli impianti, forno a legna in primis, che ci erano costati oltre 30 mila euro. Ma intanto diciamo grazie a chi ci sta dando una mano, ancora una volta il cuore dei napoletani si dimostra enorme».
Solidarietà e resilienza
E c’è poi l’altra storia: tra le pieghe di una vicenda che ferisce Napoli ci si rimbocca le maniche, quasi senza soluzione di continuità. Così, i fratelli Troisi hanno trasformato la sala della loro pizzeria nel loro nuovo (provvisorio) laboratorio per lievitati, dove lavorano alacremente per rifornire pub, ristoranti e bar della zona di pane e pizze. Un’attività che hanno sempre affiancato a quella della pizzeria (molto apprezzata è la pagina Instagram “lievitati_Troisi”) e che ora, chissà, è destinata a diventare il business di punta, in attesa che qualcosa si smuova.
«Al Comune di Napoli chiediamo con forza che si accelerino i tempi delle soluzioni, ma noi per indole non ci abbattiamo e del resto abbiamo attività anche nel mondo turistico e dell’agricoltura», spiegano i due. La Pizzeria Troisi è stato il sogno e l’obiettivo degli ultimi anni: le esperienze e la formazione di Gabriele (in pizzerie e cucine di pregio, Bonci, Michele Leo e Antonio Tubelli) si erano tradotte qui in una proposta abbastanza varia, incentrata sulle teglie romane, senza naturalmente snobbare le tonde classiche.
Il valore aggiunto? L'impasto, con un blend di farine biologiche, una idratazione al 70% e lievitazione di circa 24 ore: quanto basta per dar vita a basi leggere e croccanti, condite con ingredienti di stagione reperiti con cura. «Avremmo voglia di riaprire, ma senza garanzie non escludiamo di farlo lontano da Napoli», aggiunge Francesco.