Quando nel 2017 Baldassarre Agnelli (con Paolo la terza generazione in azienda, ma la quarta è già operativa da anni) ha compiuto 70 anni, gli auguri sono arrivati da tutto il mondo. E non per modo di dire: cuochi come il vicino di casa Chicco Cerea o Umberto Bombana dal lontano oriente, pasticceri (Gino Fabbri o Luca Montersino), critici gastronomici (Luigi Cremona), influencer (Chiara Maci). Perfino giornalisti come Paolo Mieli o attori come Riccardo Rossi hanno lasciato traccia del loro legame con la famiglia Agnelli, che non è quella dell'avvocato, ma quella legata a doppio filo con la produzione dell'alluminio. E non solo.

La fabbrica nasce infatti nel 1907 a Bergamo dal fondatore, quel Baldassarre Agnelli (nonno e omonimo del sunnominato) cui si deve l'intuizione di pentole professionali in alluminio. È lui che appena ventenne fonda l'azienda a partire da un metallo che aveva lavorato un paio di anni prima in Montenegro, e che in Italia ancora era sconosciuto. L'alluminio aveva tante qualità, ma un difetto che Baldassarre non perse l'occasione di volgere a proprio vantaggio: richiedeva impianti che nessuno aveva. Ci pensò lui a costruirli, ma prima di ogni cosa bisognava decidere quali oggetti fare per poi studiare i macchinari adatti per realizzarli. Agnelli si occupò di molte categorie merceologiche, inclusi elmetti da parata.

Agli esordi infatti la sua attività si lega alla lavorazione dell'alluminio ed è solo qualche anno dopo, nel 1915, che lo porta in cucina: nei tempi bui del primo conflitto mondiale le pentole in rame vengono requisite per produrre proiettili. Vent'anni dopo in ogni casa ci sono pentole in alluminio. Agnelli brevetta modelli su modelli che rispondono a diverse esigenze, incluse quelle di risparmio energetico e di tempo: tra le due guerre la situazione non è facile.

Il boom economico e la crescita della ristorazione
Le cose cambieranno molto tempo dopo, negli anni del boom economico. Anni in cui anche la ristorazione cresce trasformando le abitudini della popolazione. Agnelli c'è ancora una volta, capace di rispondere alle nuove richieste del mercato. Studia nuovi modelli, sviluppa linee per la cucina professionale, sempre all'interno di un concetto di artigianalità rafforzata con l'acquisizione – nel 1990 – di Fasa Pentole, piccola azienda artigiana per la fabbricazione di pentole in alluminio per cucine professionali. Sulla soglia del nuovo secolo Agnelli ha un ruolo di primo piano nel panorama della ristorazione, italiano e non solo. A quel punto Baldassarre e Paolo vogliono rafforzare sia la memoria storica che la spinta all'innovazione: la prima con un Museo della Pentola – una fedele riproduzione dell’officina Agnelli dei primi del ‘900 di Bergamo, oggi residenza della famiglia Agnelli – dall'altra con Saps: associazione senza scopo di lucro, centro ricerca, sperimentazione e informazione.

A chiudere il cerchio ci pensa Bolle, il ristorante fondato nel 2019 per dare completezza a una storia imprenditoriale legata a doppio filo con la ristorazione, in una struttura suggestiva - firmata da Marco Acerbis - che occupa il piano sopra lo show room.

Il ristorante aziendale Bolle
Un ristorante aziendale, ma nato con l'impronta del fine dining, non tanto epr dare visibilità alle pentole (non ce ne è bisogno) ma per il piacere di avere un proprio locale. «Si è sempre puntato in alto» commenta Fulvia Rota, restaurant manager dal 2020. Dal suo esordio prepandemia, Bolle ha messo a fuoco il progetto con alcuni cambi alla tolda di comando; l'ultimo lo scorso anno, con il saluto di Marco Stagi, dopo il quale c'è stato un periodo di gestione collettiva fino a che Andrea Rota - già sous chef di Stagi - non ha preso le redini della cucina. Le ambizioni sono alte, alimentando una tendenza che sta segnando i nostri tempi: quella della ristorazione aziendale, sulla scia del ristorante della famiglia Rana, o a quello di Mutti in collaborazione con Bobo Cerea.

Nonostante il passare degli anni, Agnelli conferma la capacità di leggere l'umore del tempo e di adattarvisi. Come per la psicosi dell’etilometro, come Lorenzo Ruggeri definisce, nell'editoriale di febbraio del Gambero Rosso, il tormentone cominciato con l'entrata in vigore del nuovo codice della strada. Che nella realtà le novità siano praticamente nulle rispetto al passato, poco cambia: la propaganda ha dato i suoi frutti con un crollo dei consumi di vino nei locali, per qualcuno il 20%, con punte che toccano il 30%. Magari è una cosa passeggera, come afferma Lele Usai, ma comunque è da prendere in considerazione. Qualcuno si munisce di etilometro (qui i migliori secondo i nostri test) qualcuno cerca altre strategie, come nel caso di Bolle. «Capita spesso che al tavolo ci sia chi non beve, o si limita a un bicchiere soltanto» dice Fulvia Rota, che racconta di un radicale cambio di rotta nel ristorante, «rispetto a prima si beve più al calice, in questo momento non c'è il gusto di scegliersi una bella bottiglia o di fare un percorso completo di abbinamento con il menu degustazione». E allora che si fa? «Abbiamo stretto una convenzione con un taxi privato, è un servizio di accompagnamento per chi sceglie il degustazione, breve o corto, con l'abbinamento vini, per consentire ai clienti di vivere l'esperienza completa senza preoccupazioni». Un pacchetto da 200 euro per il menu da 6 portate, da 230 per quello da 8. Lo stesso servizio si può chiedere in alcune serate di degustazione di vini. UN modo per non rischiare e non rinunciare alla serata.
Bolle - Lallio (BG) - via Provinciale, 30 - 0350900208 - bollerestaurant.com