“Gli ingredienti della cmanicina italiana mi hanno fatto capire la potenza della materia prima” dice chef Koji Nakai. 39 anni, da più di un decennio in Italia, Nakai si è innamorato del nostro paese attraverso i suoi prodotti, conosciuti sin da ragazzino: salami, formaggi e altre bontà che il padre riportava dai suoi viaggi di lavoro nel Belpaese. Comincia a lavorare nei ristoranti – come spesso accade - per mantenersi agli studi, ma la passione per la cucina nasce prima, a Kyoto, nella locanda dei nonni dove conosce i segreti delle preparazioni tradizionali giapponesi, aveva infatti appena 6 anni quando ha ricevuto in regalo il suo primo wok. Un dono premonitore, si direbbe. Deciso a seguire la strada della cucina, arriva in Italia, per conoscere da vicino tecniche e materie prime, quelle che avevano segnato la sua infanzia. Approda a Pisa, poi a Colloredo di Monte Albano, al ristorante La Taverna. Lavora sulla cacciagione, approfondisce le frollature della carne, e nel frattempo continua il suo girovagare fino ad arrivare a Roma, dove si ferma - “affascinato dal relazionarsi amichevole e caldo dei romani” - lavora in diversi locali giapponesi ma non smette di appassionarsi alla cucina di casa nostra e ai suoi prodotti: formaggi, olive, acciughe. E poi i pomodori “umami naturale al 100%” spiega.
Nakai a Roma. Cucina di rigore e contaminazione
Così, quando è arrivato il momento di avere un ristorante suo, non ci ha pensato su e ha deciso ci slegarsi da obblighi e rigori: seguire la tradizione nipponica, sì, ma con libertà, aprendosi a contaminazioni che nascono da una sensibilità tutta personale verso alcuni sapori. “Mi sento un romano-giapponese a tutti gli effetti” spiega, con semplicità. Del resto la contaminazione è nel suo Dna: Nakai è nato a Kobe, sin dall'antichità uno dei principali porti del Giappone e uno dei primi centri, nella seconda metà dell'800, a intraprendere scambi commerciali con l'occidente, che hanno regalato alla cucina della città dell’isola di Honshu, influenze gastronomiche eterogenee: indiane, brasiliane e – ovviamente – italiane. E proprio a questa cucina così originale e ricca che Nakai ha voluto dare spazio, alimentando la sua identità culinaria con le suggestioni assorbite nel nostro paese, ma senza mai tradire la tradizione nipponica. Al contrario, celebrandola in una parte del menu, per affiancarle un'ulteriore proposta a mano libera. “Il vivere in Italia mi ha dato più libertà, slegandomi dallo stretto rigore giapponese” spiega lo chef.
Nakai. A Roma la cucina giapponese incontra quella romana
L'apertura, poco meno di un anno fa, nata dall’incontro con Cristina Longobucco e Luca Salari. Cominciano pensando a un catering nippon style (tutt'ora in auge), finiscono con un ristorante di cucina che in altri contesti e latitudini si definirebbe fusion, che vive di incontri felici di sapori e di tradizioni. Così pure nell'ambiente, firmato dall’architetto Andrea Ciocchetti di Lamalaser, che gioca sul legno e un indaco caldo e accogliente, lontano da certe austere ortogonie di molti locali nipponici.
Così il menu guida tra proposte di impronta diversa, a partire da quelle in rigoroso stile giapponese: sashimi e gyoza, nigiri e maki, nei quali lo chef si prende qualche libertà, punteggiano qua e là i classici rools di alcuni ingredienti nostrani, come pistacchi (nel Nakai Roll), tartufo nero (nel Coração), burrata e pomodori secchi (nel Flower, vegetariano). Se Verso L'Oriente offre una selezione di sushi, Verso il Fuoco è la sezione del menu dedicata alla robata, il bbq nipponico su cui si lavora pesce e carne, come gli spiedini di pollo e porro (buonissimi) o i golosi uova di quaglia avvolti nel bacon.
Il pensiero di Koji. Nakai, uno sguardo tra Oriente e Occidente
Il pensiero di Koji e Verso Occidente, sono le voci della carta in cui emerge, con maggiore chiarezza, la sua anima gastronomica: da una parte il rispetto verso la tradizione giapponese, come nel sashimi, in cui è più evidente il trattamento del pesce che viene lavorato non appena arriva al locale, “purificandolo” con sale o con soluzioni saline a seconda della provenienza, seguendo una pratica orientale, la stessa che usa nella costruzione dei piatti, secondo il pentagono dei gusti. Dall'altra l'amore per l'incontro delle identità culinarie, come nei fiori di zucca in tempura ripieni di cacio e pepe (chiamati emblematicamente Armonia), la tartare di salmone (Shake) con alga nori, semi di edamame, avocado con riso soffiato e cremoso di sesamo bianco dove la spinta dei pomodorini soleggiati aggiunge umami, mentre i pomodori secchi vanno nel Japanese Tacos con le nuvolette di gamberi farcite con gamberi fritti, tartare di salmone e guacamole.
Ma forse l'espressione che più di tutte esemplifica l'incontro naturale di saperi e sapori è la Carbonara Japanese Style, con il classico capitolino reinventato con le uova di merluzzo a condire i tagliolini all'uovo tirati a mano, in un convincente quanto goloso primo piatto transnazionale. Anche la gricia trova una nuova interpretazione con tonnarelli giapponesi saltati al wok con pancetta orientale e julienne di verdure e pepe di Sichuan a chiudere. Il latte di cocco, invece, è protagonista con il curry rosso thailandese nello stufato di gamberi e capesante, con verdure di stagione, lemon grass e menta chiamato Aromatic Ocean mentre la romanissima coda alla vaccinara si rivela cugina di un piatto tipico della città di Kobe, qui con pomodoro e verdure, servita con riso al vapore. Un fitto gioco di rimandi, che sorprende ma non disorienta. Neanche quando sono i piatti di casa di Nakai a dominare la scena, nella visione tutta italiana della cucina giapponese, infatti, le pietanze domestiche non sono quasi mai rappresentate, sopraffatte come sono dall'imperversare di ramen, nigiri e tempura. Ma se trovate in menu Tako su, l'insalata giapponese con polpo, alga wakame e cetrioli condito con succo di sudachi e foglio di shiso, o la Kasu Jiru, la zuppa di koji con i tortelli ripieni di frutti di mare, non esitate. Così come non esitate a conservare uno spazietto per i dolci, che qui si avvalgono dell'esperienza pregressa di Luca e Cristina. Sempre a Luca si deve la selezione di sale, e una carta di vini che conta un centinaio di etichette, con una prevalenza di bollicine italiane e francesi e una prevalenza di bianchi, italiani ma non solo. "Vini di produttori figli del territorio, vini di carattere senza compromessi, Vini uniti da un filo conduttore che diventa costante gustativa: Acidità, Sapidità e Bevibilità" li introduce Luca che aggiunge: "Amiamo i vini che vendiamo e vendiamo i vini che amiamo, vini di Territorio.... vini per bevitori".
Nakai - Roma - via di Santa Maria delle Fornaci, 14 - 06 5133215 - nakairoma.com