Siamo stati con chef Heinz Beck ad assaggiare patatine e hamburger nelle più popolari insegne di fast food, sia nei "mordi e fuggi" tipo Mac o Kfc, sia in quelli più "restaurant-like" come Roadhouse e Old Wild West dove si mangia al piatto e serviti...
La classifica dei Fast Food di Heinz Beck
Ecco le "pagelle" che abbiamo stilato insieme allo chef, in pole position ci sono gli hamburger di Roadhouse, mentre per le patatine vince la proposta di Mac: vi raccontiamo gli assaggi, conditi con le note positive e quelle positive frutto del confronto con Heinz Beck. Vi diamo le 5 insegne testate in ordine di punteggio complessivo (la media tra hamburger e patatine).
70 - Roadhouse
Ambientazione minimal e arredi dalle linee pulite in stile contemporaneo, comfort, servizio veloce, efficiente e molto cortese, anche prima che lo chef Heinz Beck fosse riconosciuto dal personale suscitando un misto di timore reverenziale, rispetto ed empatia. Siamo nel Roadhouse di via Mattia Battistini 7, a Roma ovest, uno dei 15 locali della catena presenti nella capitale (dei 175 sparsi in Italia). La formula di questa insegna di “cibo veloce” nata nel 1992 negli States (a Fort Lauderdale, Florida) e oggi nel gruppo Cremonini, multinazionale italiana leader nel settore delle carni bovine, è quella della ristorazione servita, con il classico menu di “cibo veloce” ma a prezzi decisamente più alti rispetto al fast food essenziale e self-service: quasi il 50% in più rispetto all’Old Wild West, 10 volte di più rispetto a McDonald’s e Burger King. Altri prezzi ma anche un’altra offerta. Al Roadhouse i panini sono ricchi, compiuti, ben fatti, equilibrati negli ingredienti e nel condimento, nel gusto, nel profilo aromatico pulito, nella dose di sale e, finalmente, umidi, con quel minimo di succosità da renderli appetibili. Buoni e gustosi. Sia che si tratti dello Special (13,90 : burger di manzo special size con cheddar, bacon croccante, pomodoro e insalata, “più la nostra impareggiabile salsa burger”) sia del Golden Burger (14,90 : burger di manzo special size con scamorza affumicata, melanzana panata e salsa algerienne “dal tocco spicy”). Le patatine fritte (una specie di pavesini di patate curvati per lungo formando una specie di barchette, forse studiate per raccogliere le salse), con un prezzo nella media (2,20 ), partono bene – belle dorate, croccanti fuori e morbide dentro, sapide il giusto, servite calde di friggitrice – ma chiudono amare, beccandosi non più della sufficienza. Prezzi superiori, giudizio più severo.
68 - McDonald’s
Siamo stati in due degli oltre 100 locali romani (tra ristoranti, McDrive e McCafé) della famosa catena di fast food fondata nel 1940 negli Stati Uniti dai fratelli Dick e Mac McDonald e presente in Italia da quasi 40 anni. Il primo ristorante ha aperto i battenti nel 1985 a Bolzano, nella centrale piazza Walther von der Vogelweide (chiuso nel 1999), seguito nel 1986 da quello di Roma in piazza di Spagna. I locali capitolini testasti: il McCafé di via degli Stradivari 35/37, in zona Trastevere, e il MAC all’interno del centro commerciale Aura a viale di Valle Aurelia 30. Menu base: hamburger semplice (1,70 euro+ 0,30 euro di ketchup), patatine regolari in bustina di carta (2,80 euro), Coca Cola (da un quarto di litro, 2,80 euro). Le patatine (quelle assaggiate a Trastevere) sono il pezzo forte di McDonald’s: calde, croccanti, dorate in modo uniforme, poco salate, pulite e poco unte! Sorprendenti. Guadagna un punteggio di 75-80/100 a mani basse (ma, come anticipato in apertura, le fries del MAC di Valle Aurelia avevano qualche problemino). Risultato meno esaltante con l’hamburger: molto “normale”, piatto nella forma e sotto il profilo aromatico, ma senza difetti evidenti e off notes.
Il pane è il classico bun dolce e morbido, appena spugnoso (quello dell’hamburger semplice senza semi di sesamo), che abbraccia un medaglione di carne sottile, molto cotto, poco succoso, con la tipicità della preparazione data più dal cetriolo (industriale, con il caratteristico sentore di salamoia) che dalla polpetta schiacciata, ma pulito e giusto di sale (anche il McChicken non era male). Complessivamente una sufficienza piena, portata su soprattutto dalle fries. In menu c’è anche l’Happy Meal (4,70 euro), il menu per bambini dentro un boxino in 4 proposte (con hamburger, chicken nuggets, chickenburger o toast), patatine piccole, una bevanda, snack di Parmigiano, sorpresa o libro.
60 - Burger King
Nata nel 1954 a Miami (Florida) e nel 2010 acquisita dalla 3G Capital of Brazil, Burger King è sempre stata storicamente la seconda catena di fast Food in Usa, preceduta solo da McDonald's. Nel 1998 sbarca in Italia aprendo il primo ristorante a Milano fra piazza Duomo e via Ugo Foscolo. Tra gli oltre 30 punti Burger King distribuiti nella Capitale abbiamo scelto quello sulla circonvallazione Gianicolense all’angolo con viale dei Colli Portuensi, in zona Monteverde Nuovo, vicino alla sede del Gambero Rosso. Costo di un menu base: 7,70 euro tra small coke (2,70 euro), fries (3,40 euro) e hamburger semplice (1,60 euro).
Contrariamente alle foto pubblicate sul sito web Burger King e sul touch screen dei locali, la polpetta di carne è piccola e sottile, un medaglino: sparisce all’interno del bun ricoperto da semi di sesamo. Ad accompagnarla solo un velo di salsa e un paio di fettine sottili di cetriolo, che non riescono a dare umidità e morbidezza alla struttura. E anche il pane, panoso e sbricioloso, non aiuta a rendere il morso meno asciutto. Tenetevi a potata di mano un bicchiere d’acqua o una coca. Risultato: un hamburger che non riesce a raggiungere la sufficienza, nonostante il giudizio meno selettivo riservato ai fast food tout court. Invece, le patatine non sono male. Belle dorate e molto croccanti (disomogenee nel colore, alcune bionde, altre abbronzate), piacione per la generosa spolverata di sale e perché servite ben calde (le nostre quantomeno): ce le siamo godute. Appena una sensazione di unto soprattutto una volta tiepide, però abbastanza pulite. Tra hamburger e patatine fritte il menu base di Burger King raggiunge una sufficienza con diversi meno. Anche qui menu per bambini: King Junior Meal in 5 proposte, comprensive di snack proteico, bevanda, patatine, dolcetto, toy e corona in cartoncino già montata sui tavoli.
60 - KFC
KFC sta per Kentucky Fried Chicken, una delle più famose catene di fast food del Nord America, fondata nel 1952 da Harland Sanders e oggi nel gruppo Yum! (insieme a Pizza Hut e Taco Bell), azienda statunitense leader a livello mondiale nel settore della ristorazione veloce. Il viso stilizzato del Colonnello Sanders – occhiali, pizzetto e cravattino con fiocco – è il logo utilizzato in tutti i modi e in ogni occasione, dagli scontrini all’arredo degli oltre 41mila locali distribuiti in più di 125 Paesi. La specialità di KFC è il pollo fritto, preparato secondo la ricetta di Sanders il manoscritto originale è gelosamente custodito presso la sede centrale a Louisville).
L’asso nella manica pare sia la miscela segreta di erbe e spezie, preparata da due diverse aziende e mandata a tutti i ristoranti della catena per standardizzare e rendere esclusiva la produzione delle sue specialità. In Italia KFC è presente in pianta stabile dal 2014 (precedentemente solo presso le basi Nato di Sigonella in Sicilia e di Gricignano in Campania): le prime due aperture presso i centri commerciali Roma Est nella capitale e 8 Gallery al Lingotto di Torino. Con Heinz Beck abbiamo testato quello all’interno del centro commerciale Aura in viale di Valle Aurelia 30, uno dei 7 ristoranti KFC capitolini. Menu Classic Original con hamburger, patatine fritte e Pepsi media: 8,60 euro. Appena sufficienti le fries, leggermente disomogenee per colore, forma e dimensione, non molto croccanti, grassine, non pulitissime. Meglio l’hamburger, nella media dei fast food, senza difetti evidenti, raggiungendo la sufficienza piena. Anche qui Junior Box Meal (pollo e contorno a scelta, dessert e acqua) a 4.60 euro: nel Krunchy (1,30 euro) un pezzo intero di pollo spesso e croccante dal ruffiano sapore tra il sapido e l’agrodolce.
55 - Old Wild West
Tutto è in stile “vecchio selvaggio west” negli oltre 200 ristoranti presenti dal 2002 in Italia, Svizzera, Francia, Belgio e Australia: logo dell’insegna, nome dei piatti, arredi e l’ambientazione da saloon degli States nell’800, con il tipico bancone, le porte basculanti, le botti di legno. Ci si siede su alti sgabelli con sopra selle per cavallo o ci si accomoda nelle postazioni allestite come vecchie carovane, tende sioux, dentro steccati di ranch o dietro sbarre di prigione. C’è anche una colt come maniglia nella porta d’ingresso. Roba da far impazzire i ragazzini. L’offerta gastronomica di questa catena di fast food italiana con formula di ristorante servito, specializzata in hamburger e cucina tex-mex, non ci ha fatto impazzire, anzi.
Nel locale all’interno del centro commerciale Aura sua viale di Valle Aurelia 30 abbiamo assaggiato i classici hamburger Apache e Dakota dentro i tradizionali panini ricoperti da semi di sesamo. L’Apache (9,80 euro) contiene un medaglione di carne condito con cipolla bianca, pomodoro e cetriolini, e incluse le immancabili patate Fries e la salsa OWW maison (a base di maionese, ketchup e senape). Nel Dakota (10,40 euro) stesso pane e stesso hamburger ma accompagnato da formaggio fuso e bacon croccante, sempre inclusi nel prezzo le patate fritte e la salsa OWW. Nonostante il medaglione di carne sia più spesso rispetto a quello dei fast food “puri” (giustificato anche dal prezzo, 5-6 volte superiore) non troviamo carnosità e succosità, una lacuna che i compagni di viaggio non riescono a colmare: manca l’elemento umido. Sorte non meno fortunata per le patatine fritte, che arrivano al tavolo tiepide, non molto croccanti, grasse e salatine, lasciando il palato un po’ sporco. Niente sufficienza per Old Wild West.