Ci sono quei momenti, nella vita, in cui devi decidere che strada prendere, e per Marco Ambrosino il momento è arrivato, e la strada è quella di casa. Un ritorno verso il sud, verso la sua Campania e quel Mediterraneo da sempre, per lui, origine e destinazione. Quello attorno a cui ha costruito un organismo sofisticatissimo che parte dalla cucina per raccontare altro, molto altro, mettendo su un progetto non solo gastronomico capace di costruire contesti, portare visioni, sollecitare riflessioni, indurre azioni, aprire finestre. Concetti sempre declinati al plurale per chi, come lui, guarda al mondo - grande e piccolo - come a un Collettivo in cui far confluire personalità e competenze diverse. Con una pluralità di linguaggi e pensieri che possano dare nuova forma a questo angolo di mondo.
Di quel che sarà il suo futuro prossimo – per il quale occorrerà aspettare ancora qualche mese, probabilmente in autunno inoltrato – parleremo a breve, quando il progetto sarà più a fuoco, nel frattempo c'è da cambiare vita, traslocare famiglia e idee a Napoli. Perché sì, perché la notizia non è che Ambrosino va via da 28 Posti – nei fatti non è poi del tutto vero, come vedremo – ma che torna a Napoli dopo 10 anni a Milano, “una città” dice “che non ha bisogno di nessuno in particolare, ma che per moltissime persone è fondamentale. Per me però” continua “è arrivato il momento di avvicinarmi a casa. Non è una fuga da questa città, ma una scelta dettata da motivi sentimentali e che stavamo maturando da tempo: sono stati anni incredibili, ma 10 anni a Milano sono abbastanza”.
Il futuro di 28 Posti
Che ne sarà di 28 Posti? “Non lo mollo: nonostante la mia decisione di tornare a Napoli, non ci sarà una cesura netta, ma continuerò a seguirlo da lontano, e poi” aggiunge “restano i ragazzi che erano con me”, tra questi Franco Salvatore, “dopo 7 anni insieme, ormai eravamo complementari”. Con molto piacere, dice, continua la collaborazione, ci saranno anche delle serate insieme, nel piccolo locale sul Naviglio in autunno: “erano cose già programmate che ci fa piacere fare insieme, così da rafforzare il rapporto”. Nel frattempo però, occorre traslocare, riorganizzare la vita, trovare un assetto per tutto, e poi fare una sintesi di questi ultimi anni così da riordinare le idee per progettare il futuro, perché – dice - “tutto quello già fatto sarà la base per quello che sarà”. Ci sarà certo un nuovo ristorante, che nasce sulla scia del lavoro portato avanti sino a ora, un progetto a Napoli, sulla terraferma, ma non stupirebbe se questo ritorno a casa portasse anche a Procida. Di certo c'è che questo Ambrosino 2.0 sarà un posto vivo, pieno, per le persone: “non sono un appassionato di luoghi asettici, mi piace creare connessioni”. E la connessione è la chiave del lavoro del Collettivo Mediterraneo che guarda a questo mare chiuso come a un'isola, ribaltando le prospettive e immaginando questo luogo indebitamente chiamato Nostrum, come a un territorio che attinge dalle terre che ha intorno – e non il contrario - luoghi che non sono separati dalle acque, ma confinanti, che confluiscono in una identità ancora da costruire.
Marco Ambrosino e il Collettivo Mediterraneo
Il Collettivo Mediterraneo nasce nell'autunno del 2019 con l'obiettivo di costruire una memoria del Mediterraneo. È un progetto di inclusione sociale, nel senso più ampio del termine, che vuole valorizzare quella biodiversità ambientale ma anche umana e culturale che si affaccia su questo mare. Per farlo, Ambrosino ha usato il linguaggio della cucina, come grimaldello per aprire porte e coscienze: “metodo subdolo per far passare messaggi più importanti” spiega “ma ben venga la cucina se serve a temi più importanti”. Nel corso degli anni si è occupato di questioni ambientali e sociali, di antropologia e storia della gastronomia. Fino a ora, però, il lavoro è stato soprattutto quello di ricerca e condivisione di testi, adesso, dopo due anni in cui - inevitabilmente – il progetto è stato un po' rallentato, e complice proprio il trasferimento a Napoli, è il momento di dare un'accelerata: “vorremmo creare una piattaforma con tante funzioni e tante persone coinvolte, con una sorta di piccola redazione, un gruppo di lavoro fisso che abbia anche una sede, che possa fare andare avanti il progetto con le sue gambe”, di concerto con altre professionalità, in modo da alimentare la riflessione e il dibattito sulle tematiche che da sempre stanno a cuore ad Ambrosino. Non solo: “abbiamo in programma diverse iniziative che mi auguro partiranno entro l'anno”, tra queste un podcast e una serie di appuntamenti nel Mediterraneo - “piccoli agorà” li chiama – che riuniscano persone e temi affini. Non si tratta di eventi gastronomici - la parte legata al cibo è ininfluente - ma di quel che può connettersi anche grazie al cibo. Così, oggi, il progetto che vuole raccontare è questo, per il ristorante ci vuole ancora un po' di tempo, un po' per rifiatare, un po' per scaramanzia: “torno al Sud, qualcosa significherà anche per questo” scherza.
Il Manifesto del Collettivo Mediterraneo
- Il Collettivo si propone di raccontare la multiculturalità del bacino che ci ospita, la biodiversità, le esperienze di donne e uomini che hanno costruito la nostra storia come abitanti del Mediterraneo.
- La salvaguardia dei mari e del suolo, la promozione della pesca etica, dei produttori, degli allevamenti e dell’agricoltura sostenibile, la divulgazione delle culture del Mediterraneo, saranno temi centrali del Collettivo. Il veicolo di questo racconto sarà il mondo della cucina e del cibo tramite i suoi interpreti, narratori e osservatori.
- La storia delle tradizioni gastronomiche e delle sue avanguardie è la storia dell’umanità e noi crediamo nell’umanità.
Principi fondamentali del collettivo sono la condivisione, la divulgazione, il dialogo e il confronto - Il collettivo mediterraneo è un progetto di inclusione sociale e culturale.
- Crediamo nel cibo come gesto sociale, fatto dalle persone per le persone.
- Partecipare al dibattito globale sul cibo attraverso questi temi sarà la sfida del Collettivo.