«Mentre Faro è un bar che guardava alla ristorazione, Luna è un ristorante che guarda alla caffetteria». Lo spiega così, Dario Fociani, il nuovo progetto destinato a duplicare la proposta di via Piave con un locale in via delle Quattro Fontane, a un passo da piazza Barberini, una zona strategica in cui intercettare tanto il turista quanto il romano che vuole fare colazione bene.

Una nuova caffetteria agricola
Niente servizio al bancone, innanzitutto, «Luna è un'evoluzione di Faro, che per certi versi è ancora un bar all'italiana. Innanzitutto questo nuovo locale è un posto in cui ci si siede, un po' come era Marigold. Abbiamo creato anche delle postazioni dove mangiare in piedi, ma lontano dal bancone che è solo un'area di lavoro. Un po' come nelle caffetterie all'estero, soprattutto quelle del nord Europa a cui ci ispiriamo». Apertura dalle 9 alle 17 per ora, ma con la possibilità - una volta entrati a regime - di allungarsi fino alla sera, grazie a una proposta che punta e tanto sulla colazione, ma si snoda tra proposte per il brunch e il pranzo, e una scelta di pasticceria da asporto che si affianca ai dolci da colazione (croissant, ciavattoni romani, o il famoso maritozzo).

Il tutto con una prospettiva agricola e un rapporto diretto con i produttori, scelti con cura tra chi ha un approccio affine al loro, per rigore ed etica del prodotto, «nella colazione non è facile sapere se quel che mangi è di una azienda agricola che conosci, ma noi vorremmo che le stesse qualità che uno trova nella cena venissero trasferite al pranzo e alla colazione, spesso più sbrigative». Tutto parte dalla selezione dei produttori: le uova di Pulicaro, le verdure, il burro di Beppe e i suoi formaggi, «che è un prodotto artigianale, diverso da alcuni burri francesi che per quanto buoni certe volte sono industriali», così per le farine, «usiamo Sobrino, che magari ci dà un prodotto meno tecnico ma con uno sguardo agricolo molto forte. Per noi avere dei prodotti che rimano fortemente all'agricoltura è importante, dobbiamo capire come sfruttarli al meglio, diventare vettori dei piccoli produttori». Il modello è quello della bakery, non solo caffetteria, non solo forno, né solo pasticceria, ma tutte queste cose insieme e anche qualcosa in più.

Cosa si mangia e cosa si beve da Luna
L'idea è costruire un menu dinamico, che cambia spesso e si trasforma durante il giorno: con piatti presenti tutto il giorno, altri disponibili fino a mezzogiorno, altri ancora presenti dopo. «Sarà una formula brunch all day long, in cui il momento della colazione è molto ricco, con uova alla benedict, grilled cheese, club sandwich», da accompagnare con estratti, kombucha, vini e birre artigianali, e tutto il comparto degli specialty firmati Aliena (la torrefazione di casa) anche se no mancheranno alcune guest di tanto in tanto: si sceglie tra V60, batch brew, cold brew in lattina home made, espresso ovviamente con la fidata Marzocco e tre macinini Ceado. In cucina c'è Leonardo Santucci (già in forza da Faro, dove ora rimane Andrea Fanile) e insieme a lui una squadra equivalente a quella di Faro: 17 persone per una sessantina di posti, equamente disposti tra dentro e fuori, con i tavolini nel cortile interno. Luna, dicevamo, rappresenta un'evoluzione del primo locale, «ha un'altra identità che rappresenta noi per quello che siamo oggi, persone diverse da quelle che hanno aperto Faro, ma hanno sempre lo stesso approccio e lo stesso impegno verso il cliente e verso se stesse».

Oggi come allora, Fociani & Co. cercano di indicare la strada, ponendosi come una guida, come suggerisce il nome scelto: «come già Faro, che di notte porta verso un approdo sicuro, anche Luna è una luce che può aiutare a trovare la strada». Con in più quel richiamo allo spazio (già suggerito da Aliena), alla scienza e alla mistica, «le cose che rendono misteriosa la vita umana, che ricordano che il mondo è una cosa meravigliosa e complessa», passione condivisa con il grafico Alessandro Gianvenuti, che ha studiato il marchio. Mentre per gli interni c'è la consulenza estetica dell'architetto Stefano Rosini (lo stesso del vicino cinema Barberini) con un intervento dell'artista Michela Picchi.

Chi è Dario Fociani
Quando Dario Fociani ha fondato Faro, insieme ad Arturo Felicetta e Dafne Spadavecchia, erano gli ultimi giorni del 2016; a Roma si cominciava a parlare la lingua degli specialty, ma ancora non era d'uso comune, né tantomeno esisteva un luogo dedicato esclusivamente a questo tipo di caffetteria, che si smarca da dinamiche più commerciali e seleziona, sceglie, tosta, estrae secondo i crismi della qualità assoluta, e in più si prende la briga di diffonderne la cultura. E se c'è stata un'evoluzione sulla scena capitolina, il merito va anche e soprattuto al lavoro fatto da Faro, che è riuscito a convincere gli utenti, romani e non, delle ragioni delle sue scelte. Dal caffè filtro all'espresso doppio, dagli orari di apertura ai prezzi decisamente più alti della media (ma adeguati alla qualità, nella prospettiva di un modello di impresa più rispettoso dei dipendenti), fino a quella – ancora non troppo popolare – di promuovere alternative all'uso di latte vaccino, in virtù di un approccio diverso ai prodotti di origine animale e sulla scia di quanto avviene fuori dall'Italia. Se il latte vegetale non è ancora la prima scelta – come prediceva un paio di anni fa – sono sulla buona strada: «il latte vaccino oggi è sceso al 60%, fino a qualche tempo fa era impensabile». Nel tempo ci sono stati la nascita della torrefazione Aliena e l'impegno il coinvolgimento nella nascita di Love, il bar aperto in zona Prati nel 2023, e ancora tante battaglie sul fronte della qualità e dei modelli di impresa.

Il panorama dei bar
Chiediamo a Dario come è la situazione oggi: «In questo momento il bar all'italiana sta soffrendo una crisi incredibile» spiega. I motivi? Uno scontrino medio basso a fronte di costi di struttura alti, che oggi non sono neanche compensati da numeri alti, «una volta un bar faceva anche 600 caffè al giorno, ora non li fa più nessuo quei numeri, e così soffrono tutte le attività che hanno scontrini bassi, pure i ferramenta» commenta. E anche se ormai sono oltre 300 i caffè che Faro serve ogni giorno (senza contare i picchi nei festivi) non hanno mai smesso si raccontarne i dietro le quinte, le difficoltà e le sfide che si trvano ad affronatre ogni giorno. Prima tra tutti i costi: «per un locale che funziona, lo staff deve essere abbondante, per garantire a tutti giusti turni malattie, ferie, e devi assicurare stipendi adeguati, ma su questo non scenderemo mai a compromessi». Sulla ristorazione – spiega – il costo dei dipendenti pesa per il 40%, mentre negli altri settori è circa il 25%, insomma fatturano tanto per guadagnare poco. «Se uno deve spendere 2mila euro di bollette e 50mila euro di personale al mese, deve fare il conto che non è il costo della materia prima che incide sul prezzo finale ma il costo della struttura». fa un esempio pratico: «su un cornetto il food cost è di 60 centesimi, anche con un burro da 16 euro al chilo, il costo della struttura quasi 2 euro. A qualsiasi cifra lo venda, non cambia: non devo guardare al moltiplicatore, ma al prezzo, perché i costi sono così alti che poco cambia anche se vendo a 3 euro un caffè da 20 centesimi» Le soluzioni? Dovrebbero arrivare dalla politica, «da parte nostra le abbiamo sempre cercate nella qualità, in un progetto concreto: cibo buono, lavoro giusto e cultura del valore, per il resto sono gli stipendi che devono salire, i prodotti sono questi».
Loro continuano nella loro strada: anzi con qualcosa di più perché l'evoluzione è una caratteristica di questo modello, evoluzione nel prodotto, nella selezione delle matertie prime e anche nel format. Qui ci siamo, dunque: perché oggi Faro punta verso Luna, ora non resta che aspettare il giorno dell'inaugurazione «ci piacerebbe fosse una giornata di luna piena»