Oltre dieci ristoranti tra Padova, Venezia, Milano, Parigi e Marrakech, il laboratorio di pasticceria, Mamma Rita Lab, la linea di prodotti gastronomici In.gredienti, quella di design Alajmo.Design e una società di eventi. I fratelli Alajmo continuano la loro marcia a passo di carica nel mondo dell'ospitalità internazionale a tutto tondo. E aggiungono un tassello importante a un gruppo che oggi conta oltre 200 dipendenti. Così mentre si annuncia la chiusura con un po' di anticipo rispetto al previsto de La Montecchia - il ristorante a tutto orto della famiglia Alajmo, regno incontrastato del patriarca Erminio - ci si prepara a giocare nuove carte.
“Ci sono tante idee in ballo” esordisce Raffaele Alajmo, ma poi aggiunge, secco: “nessuna ancora sviluppata”. Si riferisce alla nuova avventura che nasce sulla scorta del pop up Hostaria in Certosa, aperto in fretta e furia in modalità post-Covid lo scorso 19 giugno sull’Isola della Certosa a Venezia e diventato in poco tempo una nuova meta gastronomica della Laguna. Il ristorante temporaneo però, non sarà solo una avventura estiva. “A fine ottobre andremo in letargo e poi partirà la riprogettazione e in inverno il cantiere” per prepararsi alla fase successiva.
L'Isola della Certosa
L'Isola della Certosa, 24 ettari a nord ovest da Venezia dal cui centro dista poche centinaia di metri e pochi istanti di barca, ha ospitato nei secoli passati un complesso monastico di cui si vuole oggi recuperare la memoria, e in età napoleonica fu convertita a uso militare: un forte. Dopo anni di abbandono, la rinascita: “Abbiamo bonificato l'area, attraverso un partenariato pubblico-privato col Comune di Venezia, e cancellato le tracce dell'insediamento industriale militare” spiega Alberto Sonino, della società Vento di Venezia che gestisce da una decina d'anni l’isola e la darsena Venezia Certosa Marina. “Tra gli obiettivi a medio termine c'è anche il recupero della Certosa stessa. Un edificio di pregio che testimonia la lunga storia religiosa dell'isola in cui abbiamo trovato anche opere d'arte e reperti archeologici”. Oggi è un parco pubblico attrezzato per accogliere barche da diporto: con i suoi 300 ormeggi, spazi fino a 60 metri di lunghezza e fondali in banchina fino a 6 metri, è tra i pochi porticcioli della zona in grado di accogliere ogni tipo di imbarcazione. E ora si appresta a diventare un'area ricettiva di grande fascino, immersa com'è tra la Laguna e il verde della vegetazione rigogliosa. Che quest'anno ha aggiunto un altro elemento di attrazione: quell'Hosteria che porta la firma degli Alajmo.
Hostaria in Certosa a Venezia. La stagione 2020
“Siamo soddisfatti” tira le somme Sonino. “Alla fine sembra che ci sia stata una logica anche in un anno in cui si è dovuto navigare a vista. Un anno difficilissimo in cui ogni progetto è frutto di ragionamenti finanziari avventurosi”. Il successo di questa stagione estiva li ha confortati della direzione intrapresa, complice la bellezza del panorama e la posizione, a metà strada tra il Lido e l'Arsenale. Gli utenti? “Due macrogruppi: da una parte veneziani che si godono la trasferta in Laguna restando vicino al centro storico, dall'altra un turismo di nicchia, un'elite - culturale non solo economica – che guarda oltre allo stereotipo della Venezia da cartolina”. Perché il capoluogo veneto vive anche di seconde case e di stranieri che l'hanno scelta come buen retiro: contraddicendo il luogo comune - “è bella ma non ci vivrei” - Venezia non è deserta come si dice. “Abbiamo avuto tante famiglie e tanti giovani, cui forse mancava un'offerta di qualità”.
Isola della Certosa. I progetti futuri
Ora è il momento di pianificare, elaborare, progettare: “molte cose sono in embrione e vogliamo farle tutte” continua Alajmo.“Come, per ora, è difficile dirlo”. Fino al 25 aprile non era neanche nei pensieri dei fratelli Max&Raf uno sbarco in Certosa. Poi la chiamata di Sonino: “siamo partiti a palla”. È il momento, adesso, di procedere con un nuovo e più ampio programma che metta insieme, su un terreno comune, diverse professionalità e competenze. Da una parte il progetto di rigenerazione di Sonino e l'attività legata al porto turistico, dall'altra la prospettiva di trasformare l'isola in un vero resort con una adeguata proposta gastronomica. Si può parlare di un albergo degli Alajmo? “Parliamo di una condivisione di gestione, prospettive e di intenti, per creare un'offerta coerente” fa Sonino. “Bisogna trovare un terreno comune nella trasformazione e rigenerazione degli edifici come dei prodotti per non ripetere offerte che ci sono già” gli fa eco Alajmo. Riserbo sul valore dell'operazione: “l'isola ha un suo piano di investimenti complessivo” risponde ancora Sonino, “che include il piano di bonifica e i nuovi edifici, un piano che stiamo riconformando: c'è da studiare la sostenibilità di un investimento in questa direzione sulla base degli elementi raccolti finora”. Si parla, in ogni caso, di segmenti distinti: offerta ricettiva, enogastronomica, agricola. Business plan sfidanti e difficili da far quadrare ma la voglia di rischiare pare esserci eccome.
Isola di Certosa a Venezia. Resort e ospitalità
Sulla Certosa è da tempo previsto e autorizzato un progetto per trasformare alcuni edifici in residenze, “un'opportunità che si sta concretizzando adesso” puntualizza Sonino “anche grazie alla collaborazione con il gruppo Alajmo che ha dato un'accelerazione a un progetto definito da tempo”. Che si profilerà come una specie di resort diffuso con stanze ma soprattutto unità abitative. “Le prime 5, una specie di prototipo, sono in costruzione” continua Alberto: “per ora ci sentiamo di annunciare quelle”, ma si vorrebbe arrivare alla primavera 2021 con ben 30 unità, 20 camere e 10 appartamenti, oltre a un edificio per l'accoglienza; arrivando poi, a pieno regime, a circa 50 unità. Diffuse a debita distanza nello sconfinato spazio dei 24 ettari. “Ci aspettiamo un turismo di media durata. Non una notte o due, ma qualche giorno, per chi volesse scoprire una Laguna ancora poco conosciuta, senza poi dimenticare gli eventi”. E l'eco della Mostra del Cinema appena conclusa si fa ancora sentire.
Alajmo alla Certosa atto secondo
“L'offerta gastronomica sarà diffusa, esattamente come l'ospitalità” interviene Raffaele. “Oltre all'Hosteria nel lato ovest dove è adesso, avremo un chiosco nel lato est dell'isola e probabilmente un altro vicino alla piscina che dovrebbe essere costruita, e poi stiamo studiando una proposta itinerante. Una specie di street food per i vialetti del parco, dove non ci sono strade... un park food”. L'idea è definire una proposta in linea con quella che ha avuto tanto successo in quest'estate: ingredienti e ricette locali, “facile, immediata, comprensibile che rassicuri tutti i palati e che racconti, attraverso la semplicità, la bellezza del nostro territorio” la definiva Massimiliano Alajmo al suo esordio in Laguna. Dai moscardini all’aglio, olio, limone e prezzemolo con patate bollite alla tartare di ricciola con insalatina e salsa tartara, al tipico scartosso di calamari, cipolla e fiori di zucchina fritti. “Vogliamo portare l'esperienza da cui siamo partiti, quella delle Calandre, a un livello più democratico” sintetizza spiega Raffaele Alajmo, “adattando un modello già consolidato alle nuove collaborazioni, anche questa nata relativamente da poco. Se possiamo arricchiamo quel concept, quello dell'Hosteria, ma al momento stiamo in fase di studio per la proposta di tutto il resto”. Un concept che include anche l'asporto – servizio fondamentale nell'estate della pandemia - che in Certosa significa cibo da ritirare e consumare senza scendere dalla barca.
Isola di Certosa. L'orto degli Alajmo
Nel progetto anche un orto di circa 5 ettari per la produzione di ortaggi, piante officinali, miele (ma non mancano dei vigneti) di cui potranno giovarsi anche altre insegne della galassia Alajmo, Calandre in testa. Un'attività non di vetrina e una produzione senza forzature, che recupera la tradizione orticola dell'isola e della Laguna intera, di cui testimoniano le esperienze del Giardino Mistico degli Scalzi o del carcere della Giudecca, uno dei molti orti segreti della Laguna. Per non parlare della grande produzione agricola delle altre isole: da Sant'Erasmo a Mazzorbo (dove come sappiamo, oltre alla ristorazione, si fa anche vino) fino al Cavallino. A curare l'attività agricola, Luca Rando, deus ex machina dell'Orto di Leopoldo in Sabina e agronomo di riferimento del team Alajmo, cui si devono anche gli orti di Marrakesh che forniscono pomodori e altri prodotti nostrani al ristorante Sesamo di Alajmo. “Non abbiamo mai gestito un orto direttamente, però” precisa Raffaele. Lo faranno ora, dando seguito a uno degli auspici di cui ci parlava Massimiliano nelle prime settimane di lockdown. L'obiettivo è coltivare materie prime per i ristoranti, ma anche coltivare delle professionalità: “nell'isola stiamo già lavorando su formazione di professionalità legate alla nautica” spiega Alberto, che aggiunge, laconico “anche il gruppo Alajmo ha un'esperienza sulla formazione e dato che nei servizi di nicchia non è facile trovare personale preparato...”
a cura di Antonella De Santis