Massimo Viglietti. Un cuoco e il suo pensiero
Abituato a sentirsi descrivere come uomo burbero e scontroso, Massimo Viglietti ci tiene subito a fare tabula rasa. Lui, che tra pochi giorni spegnerà 60 candeline, non ha mai iniziato a crederci, in quel ritratto poco lusinghiero che molti gli hanno cucito addosso: “Io sono sempre stato fuori dagli schemi, non perché voglio fare lo strano, ma perché è il mio carattere. Capisco che vedere un uomo della mia età con la cresta e l'orecchino possa indurre a prendermi poco sul serio, ma chi in passato ha avuto voglia di approfondire, mi ha conosciuto per quello che sono: una persona seria, coerente, che non ha mai perso la voglia di divertirsi”.
Insomma, una personalità complessa, ma dichiarata. Che anzi della complessità ha fatto la sua ricchezza, trasmettendola naturalmente al mestiere che ha respirato sin da bambino, e che continua ad amare, quello del “bruciapadelle”, come si definisce non senza un pizzico di provocazione. La cucina, per Massimo Viglietti, ligure di Alassio da tempo stabilmente a Roma, è stata prima di tutto il mezzo per uscire dal guscio: “Sono sempre stato timido, sono cresciuto in contesti ristretti... La cucina è stato il mio modo per riconoscermi, e comunicare quello che sono. E dopo tanti anni ancora mi appaga, voglio morire spadellando, sentirmi ogni giorno come un bambino che entra nel negozio dei giocattoli. Il nostro è un mestiere meraviglioso, ma bisogna onorarlo, lavorare per passione, non per ambire ai riconoscimenti della critica. Sono stanco delle liturgie, stanco di lavorare solo per dimostrare a tutti i costi qualcosa, stanco degli chef esaltati che non staccano mai la spina, o che non si curano dei propri stagisti. Dobbiamo essere riconoscenti a un mestiere che ci permette di esprimerci, conoscere persone, crescere. Il problema del settore oggi è rappresentato dal fatto che non c'è un umanesimo intorno, si è persa la spiritualità”.
Il nuovo progetto. L'incontro con Onorio Vitti
Questo è Massimo Viglietti, pronto a cimentarsi con un nuovo progetto, a partire dal mese di marzo, dopo l'addio ad Achilli (al suo posto, in via dei Prefetti, è arrivato il giovane Tommaso Tonioni), che l'ha visto per diversi anni alla guida di una delle cucine più apprezzate della Capitale. E si resta a Roma, pur sull'altra sponda del Tevere, in piazza Cavour: “Sono il nemico numero uno della routine, che porta impoverimento, e quindi perdita di stimoli. Se un cuoco non riesce a comunicare, è finita. Avevo bisogno di rientrare in contatto con le mie idee, sono carico e ho voglia di ricominciare a cucinare. Sarò un po' come la fenice che rinasce dalle ceneri”. Con la complicità di Onorio Vitti, erede di una lunga tradizione familiare al servizio del pubblico, nello storico caffè Vitti di piazza San Lorenzo in Lucina, che presto completerà l'offerta con una decina di camere, proprio sopra al bar. Sposato con la giapponese Yukari, l'imprenditore romano ha aperto da molti anni, nel quartiere Prati, uno dei primi ristoranti giapponesi in Italia, Taki. Che tra un paio di mesi sarà pure la nuova casa di Massimo Viglietti: “Ho trovato in Onorio un sostenitore e un complice di grande apertura mentale, un ottimo compagno di viaggio. Insieme abbiamo pensato a un'idea di ristorazione gourmet in cui mi metterò in gioco completamente”.
Massimo Viglietti da Taki
Taki gourmet, come potrebbe chiamarsi il progetto, sorgerà in uno degli spazi del locale giapponese, già articolato in tre aree distinte: il kaiten, il bistrot e lo spazio destinato, prima dell'incontro tra Onorio e Massimo, a trasformarsi in matcha bar. Superata la prima idea, le due salette direttamente affacciate su piazza Cavour ospiteranno invece l'idea di cucina del cuoco ligure: “Lo immagino come un happening, una piece teatrale. Ci saranno dentro un mucchio di medaglie con il loro rovescio, tra Giappone e Mediterraneo, ma senza necessità di scomodare il fusion. Per giocare insieme agli ospiti, coinvolgerli in modo semplice, lineare, ma sempre diverso”. Ormai più di un anno fa, Viglietti ha avviato un progetto gastronomico giocato proprio sul coinvolgimento del cliente, nato all'interno della Casina Valadier e oggi replicato al Boscolo Circo Massimo. Anche di questa idea si nutrirà il nuovo ristorante: “Avremo una tavolo lungo a diretto contatto con la cucina, a vista. E qualche tavolo più riservato nella saletta adiacente. In totale circa 35 coperti, 4 persone comprese me a cucinare e servire, senza distinzioni di sorta. Vogliamo incuriosire la città, non è detto che l'idea si riveli di per sé redditizia, perché contiene una bella componente di rischio e follia. Ma nell'ambito di un sistema strutturato e diversificato come quello di Taki, si può osare”.
Tra Giappone e Mediterraneo, per giocare con la cucina
Chi sceglierà di cedere alla curiosità, deve aspettarsi un percorso di degustazione guidato (“la carta per lo chef è limitante, non trasmette fino in fondo il suo pensiero”, sostiene con forza Massimo), in due forme: “Una versione ridotta e una proposta più articolata, con eventuale pairing, che gioca su vino, sake, tè...Senza limiti”. Circa 120 e 160 euro le rispettive fasce di prezzo ipotizzate per i menu. E la cucina? “Sarà personale, come molti definiscono la mia cucina senza riuscire a etichettarla. Con inserti classici giapponesi, preparati dai cuochi di Taki, per favorire l'interazione tra i due mondi. I gusti non hanno confini, le cucine devono stare al passo con i tempi, interpretare un ciclo storico”. E Viglietti ha molta voglia di vivere il presente: “Quando c'è in ballo un progetto, bisogna viverlo fino in fondo, giorno per giorno. Ora farò questo, curioso di scoprire cosa succede”.
Prima, però, mentre da Taki si lavora sull'allestimento, è in programma una breve fuga in Francia: “Vado a festeggiare il mio compleanno da Pierre Gagnaire, per me uno dei più grandi di sempre”.
a cura di Livia Montagnoli
Foto di apertura di Alberto Blasetti