Questa notte c'è la cerimonia di premiazione di The World's 50 Best Restaurant. Per molti è l'Oscar della ristorazione. L'unico evento capace di tenere incollati al monitor gli appassionati di qualsiasi latitudine e fuso orario, che ha come corollario una dose spropositata di glamour e fibrillazione. L'evento - con il red carpet, i brindisi tintillanti e il parterre internazionale delle grandi occasioni - è in perfetto stile hollywoodiano, e quest'anno lo sarà ancora più perché la cerimonia sarà nella città più iperbolica del mondo, a Las Vegas, non luogo per antonomasia, tutto luci caleidoscopiche e ricostruzioni faraoniche. Aspettativa alle stelle, sveglie puntate per chi è dall'altra parte del globo, e una buona dose di fermento per tutto il mondo della ristorazione d'autore, coinvolta dall'evento. Quella che ambisce a entrare in classifica e rosicchiare un gradino dopo l'altro, fino ad arrivare in cima e da lì entrare nella hall of fame dei migliori al mondo, fuori gara una volta conquistato il titolo. Poter dire di essere il migliore ristorante al mondo, o il secondo, o il quinto (ma anche dodicesimo va bene) ha un prestigio incredibile e soprattutto un peso (a fine mese) difficile da quantificare, poiché equivale a entrare nelle traiettorie dei globe trotter gourmet di tutto il mondo, clienti, addetti ai lavori, appassionati che leggono la classifica come la Bibbia della ristorazione, guida imbattibile ai quattro angoli del mondo.
Perché pur non rispondendo a precisi criteri di valutazione (come avviene invece per la guida Michelin), i ristoranti in classifica parlano uno stesso linguaggio, magari con termini diversi. Sono ristoranti d'autore, con una creatività spinta, uno stile riconoscibile, spesso lussuosissimi ma con quel tot di irriverenza che li rende più informali; in alcuni casi coincidono con i premiati dalla Michelin, in altri no. L'impronta delle due maggiori guide è diversa, come se ci fosse una tonalità complessiva che non consente di suonare all'unisono, se non in alcuni casi. Basti pensare al Noma a cui la terza stella è arrivata quando già aveva primeggiato nella Fifty ed era considerato universalmente uno dei ristoranti più influenti al mondo, capace di creare un nuovo canone. Quello di René Redzepi era il migliore ristorante al mondo, come lo è stato lo scorso anno il Central di Virgilio Martinez.
Come si decide qual è il migliore ristorante al mondo
Solo a pensarlo gira la testa. Chi lo decide? Chi ha provato tutti i ristoranti per poi dire quale supera gli altri? Un gruppo di persone che batte palmo a palmo i 5 continenti? O magari va a testare una rosa di locali che ha superato una rigida selezione? Niente di tutto questo: si tratta di un voto libero aperto a tutte le insegne del globo. Un sondaggio tra esperti in cui ogni insegna può avere un voto, vince chi ne riceve di più. Dunque se nelle guide tradizionali si fa un lavoro preventivo di scrematura e ci si assicura che ognuno dei locali che hanno superato la prima selezione riceva almeno una visita di un ispettore e in base a quella venga valutato (con un voto o un simbolo, poco importa), in questa classifica il funzionamento è un altro: c'è una Academy composta da 1.080 persone (50% uomini e 50% donne, divisi in zone del mondo, ognuna con un suo capo area, chair person come nel caso di Eleonora Cozzella per l'Italia) che votano i loro ristoranti preferiti, da 6 a 10, non tutti della propria regione. La regione non coincide per forza a un Paese (così è nel caso dell'Italia): a volte corrisponde a più Paesi, a volte solo a una frazione, nel caso di Nazioni particolarmente ampie e ricche di insegne.
Quali sono i vincoli da rispettare? A parte quelli di riservatezza ed etica del voto, ovvero non avere interessi commerciali nel locale, solo l'aver provato i ristoranti negli ultimi 18 mesi e poterlo dimostrare, a richiesta, con foto o altro che testimoni la visita. Il come e perché è avvenuta la visita non importa. Importa solo che ci sia stata. Questo significa che per avere possibilità di salire la classifica, si devono ricevere più visite possibili: se un posto pur buonissimo non viene raggiunto da abbastanza voters, non potrà mai ambire a una buona posizione. Bisogna tenere a mente questo elemento per capire le conseguenze dirette di questo sistema, per esempio il fatto che le regioni più lontane e svantaggiate rischiano di non vedere arrivare nessuno. In quanti si spingono in un paese remoto per provare un solo ristorante?
Occorre studiare delle strategie per portare questi esperti a provare i ristoranti. A volte si riesce creando eventi ad hoc, a volte invitando a proprie spese gli addetti ai lavori nei ristoranti, siano a Lima, a Bangkok o a Madrid, magari facendo rete con altri ristoranti o spalleggiati da sponsor o uffici del turismo (dato che poi un buon piazzamento impatta anche sull'indotto turistico). Tutto questo di solito è nelle mani di chi studia strategie di comunicazione e brand identity. I cuochi facciano i cuochi: cucinino e stiano al gioco. La 50 Best è dunque non solo la classifica dei migliori ristoranti ma anche quella dei pr. Intendiamoci: queste agenzie (che a volte sono anche uffici stampa, a volte no) non possono far diventare buono un locale scarso – parte fondamentale del loro lavoro è scovare talenti e puntare su cavalli di razza – ma ne possono costruire la reputazione, portarlo al centro dell'attenzione, farlo partecipare a eventi o cene in giro per il mondo, fare in modo che diventi più attrattivo e venga visitato. Un vero gioco di strategia.
Ma si sa chi sono gli aventi diritto al voto? No. In teoria i votanti devono mantenere un rigoroso anonimato. Ma come per ogni microcosmo, le illazioni, le ipotesi, le spiate o i millantati crediti arrivano anche se uno non li va a cercare, figuriamoci se parte del lavoro è proprio intercettare chi è coinvolto in questo sistema. Il lavoro dei pr dei ristoranti è fare in modo che vengano visitati. Per questo c'è una corsa all'invito che spesso coinvolge diverse insegne che si alleano per far arrivare qualche esperto in odore di voto. A volte si tratta di appassionati, altre di food writer, altre ancora di chef o addetti ai lavori. Gente che è abituata a spostarsi da una parte all'altra del mondo solo per provare qualche ristorante. Stupisce che non sia nato un circuito clandestino di scommesse (o magari è nato, ed è così clandestino che non ne siamo a conoscenza): monitorando come si muove in un anno la gente che conta, si ha qualche idea dell'andamento dei voti (ci abbiamo provato lo scorso anno e i risultati hanno confermato i pronostici), ma volendo si potrebbe anche fare una classifica dei pr e degli investimenti necessari per aspirare a un buon piazzamento.
La cosa indiscutibile, però, è che siamo qui a parlarne e che anche noi punteremo la sveglia, per assistere alla proclamazione. Grande favorita la Spagna, che si è sempre ben piazzata, un po' perché ha agenzie di comunicazione potenti e super professionali, un po' perché storicamente è una delle grandi destinazioni dell'alta ristorazione, che è un asset fondamentale nel Paese, con grandi investimenti ed eventi internazionali (che hanno spesso come corollario visite alle migliori insegne del Paese), un po' - infine - perché son spagnoli la medaglia d'argento e di bronzo 2023, ma soprattutto perché lo scorso anno la cerimonia si è tenuta a Valencia, con l'arrivo in massa di migliaia di addetti ai lavori (di cui ovviamente molti voters), occasione ghiotta per gli uffici stampa, ma anche gli enti del turismo, che ne hanno approfittato per portare gente nei migliori ristoranti. Il prossimo anno la cerimonia sarà per la prima volta in Italia, sperando che porti un miglioramento nei piazzamenti degli italiani che lo scorso anno non andarono benissimo e anche quest'anno registra già delle sonore retrocessioni.