«Ci sarà sempre un po' di sfottò, anche per l’arrivo di Salt Bae... Napoli è sempre così, come è stato per l’arrivo di Flavio (Briatore, ndr) cui tanti auguravano un flop... Anche per Salt Bae ci sarà questo carosello... Ma poi faranno la fila per andarci». Parola di Gino Sorbillo, che col Crazy Pizza di Briatore – prima della pace siglata con scambio di pizze – non si era risparmiato in ironia: adesso però il pizzaiolo napoletano ha imparato ed è lui uno dei primi a saltare sul carro dello chef turco che al secolo fa di nome Nusret Gökçe e che col suo gesto per salare la carne ha conquistato i social.
Salt Bae: oro, eccessi e bistecche milionarie
È bastato che venisse annunciata la nuova apertura della bisteccheria di lusso, per scuotere il sonnacchioso Natale partenopeo. Si sono scatenati influencer e testate locali nella corsa all’ironia per una delle insegne già al centro di commenti dei fan, ma anche dei detrattori. Questo tanto più in una città di mare dove semplicità e schiettezza sono tra gli ingredienti della cucina tradizionale: la teatralità della salatura, l’eclettismo dello chef turco, il suo istrionismo e l’uso di oro sui piatti (ha fatto scalpore la sua Golden-Giant-Tomahawk da 1.600 dollari, bisteccona laccata in oro) può attrarre, ma anche respingere il pubblico sotto al Vesuvio.
"Prima criticano, poi prenotano"
«Sinceramente – argomenta Sorbillo – non capisco perché per molti napoletani queste cose siano un po' marziane... Vedevo gente che andava a guardare dalle vetrate del Crazy Pizza di Flavio... Poi, però, sono proprio loro i primi a prenotarsi per sedersi lì». Qual è il mood gastronomico napoletano? «Purtroppo, spesso devono arrivare gli altri per farci capire l'importanza e il potere della nostra città. Molti non capiscono, vorrebbero lasciare tutto come è. Invece, per fortuna, ci sono imprenditori che da fuori vengono a investire qui». Quindi, Salt Bae è una opportunità per Napoli? «È sicuramente una bella notizia. Come è stato per l’arrivo di Crazy pizza, e senza fare polemiche, io sono davvero contento che molti investitori internazionali scelgano Napoli per aprire nuove realtà. Napoli, del resto, è il trampolino del mondo: se una cosa funziona qui, può funzionare ovunque». Ma gastronomicamente parlando, non è una città un po’ conservatrice? «Al di là delle polemiche e di chi sia più o meno conservatore, Napoli è una città dinamica, di innovazione e di arte. La cucina è anch'essa un'arte. Non è diversa da Madrid o da Londra... Perché a Dubai questo investimento sarebbe salutato con entusiasmo, mentre a Napoli deve essere un fattore di polemica?» Forse perché c’è un forte di senso di identità? «Sì, ma come noi abbiamo esportato ed esportiamo la nostra pizza nel mondo, perché gli altri non possono aprire qui?»