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“Il coronamento di un sogno” lo definisce senza mezzi termini Andrea Aprea. E non si stenta a credergli. A inaugurare, oggi, non è solo un nuovo ristorante, quello che porta il suo nome, ma anche un concetto di ristorazione che si muove sul filo della memoria per definire un progetto che a 360 gradi esprime passato e presente e suggerisce uno sguardo verso il futuro. Uno sguardo aperto, come quello che si offre alla vista dall'ultimo piano della Fondazione Rovati sul Parco di Porta Venezia e sui giardini Indro Montanelli.
A riavvolgere il filo degli ultimi 12 mesi, ci sono stati il saluto al Park Hyatt (dove da un paio di mesi è operativo Guido Paternollo alla guida del nuovo ristorante Pellico 3), dopo una decina di anni di crescita che ha portato grandi soddisfazioni e riconoscimenti (tra questi anche le Tre Forchette del Gambero Rosso), l'annuncio della nuova destinazione, nel Museo Etrusco della Fondazione Rovati, nel ristorante che inaugura proprio oggi, completando il giro di opening cominciato 24 ore fa, con l'apertura del bistrot al piano terra, la consulenza al Faro di Capo d'Orso a guidare la mano del resident Salvatore Pacifico.
Il bistrot al piano terra
Il piano terra è il regno di una ristorazione casual che punta tutto su piatti immediati: insalate, focacce, l'immancabile club sandwich, piatti a tutto confort e twist on classic – dal vitello tonnato allo spaghetto con pomodoro, limone, basilico; dal galletto alla plancia ravvivato da salsa piccante, insalata di taccole al sesamo alle eliche cacio e pepe con gamberi rossi e mela verde.
Un po' caffetteria, un po' bistrot, apertura all day long, con il plus dello spazio, affacciato sulla corte interna che accoglia anche una manciata di tavolini affacciati sul giardino segreto di Palazzo Bocconi-Rizzoli-Carraro, che si aggiungono a quelli interni, che punteggiano lo spazio dominato dal bancone semicircolare. A firmare gli interni, Flaviano Capriotti, architetto che ha curato tutti gli interni, aprendo un dialogo intimo ed espressivo tra spazi e cucina.
Il ristorante Andrea Aprea tra cucina e design
C'è un filo rosso che lega l'allestimento alla proposta ristorativa, frutto di un lavoro di concerto tra architetto e chef che si esprime al massimo nel main restaurant. Non si tratta solo di design, ma di capacità di interpretare il senso dei luoghi senza farsene sovrastare, e di tessere un dialogo aperto che vive di rimandi e rilanci. Così è il bucchero, la ceramica nera tipica dei vasi etruschi (siamo pur sempre nel museo etrusco) a rivestire le pareti inclinate della sala, che come quinte accompagnano lo sguardo verso la cucina: 190 metri quadrati e un'impressionante Moltemi che domina il boccascena quando le tende - che ne segnano il profilo proprio come un sipario - consentono la vista al lavoro di chef Aprea e del suo staff. Agli ospiti sono dedicati 210 metri quadrati, 8 tavoli, 32 coperti appena dominati da un grande lampadario in vetro e foglia d'oro, scenografico come quello di certi foyer.
La cucina di Andrea Aprea
Qui c'è lo spettacolo dal vivo: la grande cucina di Andrea Aprea che si muove tra il ricordo e l'attesa, i sapori di ieri, le formule di domani, l'idea di un presente gastronomico che elabora suggestioni e vive di slanci e riflessioni. La lettura del tempo è la chiave di volta di una proposta che si dipana in tre menu che esprimono questo rapporto con il tempo: Contemporaneità, un percorso di 5 portate dedicato al rapporto tra memoria e innovazione; Partenope che esprime, in 6 portate, le suggestioni della Campania, terra di origine di Aprea, che racconta la sua filosofia di cucina nel degustazione più lungo – 8 corse – chiamato Signature dove trovano spazio i piatti più iconici dello chef. “La mia cucina contemporanea guarda al futuro senza mai dimenticare le sue origini”, scrive lo stesso Aprea sul menu.
Così se la Triglia all'acqua pazza, il Tortello alla genovese o la Linguina nera con polpo alla Luciana sono riflessioni sulla cucina campana, piatti come Scampi, porcini e dragoncello, l'Agnello melanzana ricci di mare e provola affumicata o la Pesca, cioccolato bianco, evo gelsomino parlano il linguaggio dell'oggi, con spinte dissonanti ed equilibrismi minuziosi, da cui probabilmente nasceranno i signature di domani.
Quelli di oggi sono alcuni dei piatti più amati dello chef, la Patata in stagnola all'amatriciana - “Una dinamite” la definì una volta – il Ri-Sotto-Marino o il Rombo alla mugnaia. Ad accompagnare la cucina, una cantina importante: 650 etichette di tutto il mondo, grandi maison e piccolissimi produttori, vini da scoprire o da riscoprire, in viaggio dentro al cuore dell'e più interessanti regioni enologiche del mondo.
Ristorante Andrea Aprea - Milano - corso Venezia 52 - ristorante: 02.38273030 - caffè bistrot: 02.38273031 - www.andreaaprea.com
a cura di Antonella De Santis