"È ora di ripensare il lusso". A proporre questa autocritica è lo chef Daniel Humm dell'Eleven Madison Park di New York che, in un'intervista al TIME, si è mostrato consapevole della necessità di ripensare i menu e in generale l’approccio al cibo. "Non è il costo degli ingredienti che si usano, ma il pensiero umano, il lavoro manuale... Le esperienze che si possono fare solo in pochi posti al mondo". Nei due anni trascorsi da quando il suo prestigioso ristorante (Tre Stelle Michelin, eletto miglior ristorante del mondo nel 2017) è diventato vegano, le verdure non sono mai state così buone, elevate allo status di prodotto di lusso, con un culto normalmente riservato al foie gras, al manzo di Kobe, al caviale e all'aragosta al burro che serviva prima.
Il lusso veg e come farlo comprendere ai clienti e al grande pubblico
Una svolta, quella dello chef sul cibo vegetale, di cui avevamo già parlato un paio di anni fa, ma che in questa intervista alla celebre rivista americana emerge come un nuovo modo di concepire il lusso e di come questo possa poi condizionare a catena le abitudini e i consumi della gente comune. "Nella moda, le cose che si vedono sulle passerelle finiscono da H&M" ha dichiarato lo chef, come se la sua nuova percezione del successo non debba passare necessariamente per un’altra Stella (per altro impossibile, dato che ne ha già Tre), ma piuttosto nel vedere la sua tartare di carote nel menu di McDonald's. Un approccio che aveva già sperimentato nel periodo della pandemia con il suo servizio di delivery vegano.
Secondo Humm per convincere i cuochi casalinghi e i ristoranti di fascia bassa – quelli insomma che non possono permettersi lo stesso tipo di magie tecniche - a ridurre la carne, non bastano le alternative, ma bisogna rivoluzionare il modo in cui pensiamo alla carne. "Molti di noi credono che la carne abbia un valore superiore a quello delle verdure" afferma, mentre la realtà è che, almeno negli Stati Uniti, un'industria della carne iper-efficiente e parzialmente sovvenzionata significa che la carne può finire per costare meno di frutta e verdura. Ma al momento pochi clienti sono disposti a spendere per un'entrée di barbabietole e carote quanto per una bistecca, anche se elaborare un piatto di verdure costa di più in termini di manodopera e ingredienti. Come l'haute couture che si diffonde nella fast fashion, Humm spera che ristoranti come il suo aprano la strada ad altri per eliminare la carne dal menu. "Se Eleven Madison Park riesce a cambiare la percezione di cosa sia un ingrediente di alta qualità e la gente è disposta a pagare di più per barbabietole, carote e cetrioli, questo permetterebbe a molti ristoranti veg di essere redditizi".
Gli altri ristoranti stellati senza carne
Come l'Eleven Madison Park e l'Atelier Crenn, anche il Geranium di Copenaghen, un tempo incentrato sulla carne, nel 2022 si è orientato verso un menu a base vegetale e ha mantenuto le sue Tre Stelle aggiudicandosi il World's Best Restaurant nello stesso anno. Ma l'esplosione di ristoranti vegetariani e vegani di alto livello non significa che la cucina senza carne si stia effettivamente diffondendo a macchia d’olio. Le vendite di alternative vegetali alla carne sono diminuite precipitosamente quest'anno, anche a causa dei prezzi elevati e delle preoccupazioni dei consumatori per gli alimenti ultra-processati. Per Humm i consumatori non hanno problemi ad approcciare alle prelibatezze vegetariane preparate da chef stellati, ma quando si tratta di cucinare a casa, la carne regna ancora sui fornelli e questo è un paradigma che andrebbe cambiato. Un cambiamento che passa in primis da un cambio di percezione dei prodotti vegetali.
L’impatto del consumo di carne sul clima
Una riduzione del 50% del consumo globale di carne e latticini potrebbe davvero aiutare a combattere il cambiamento climatico. È quanto emerge da un nuovo studio pubblicato il 12 settembre su Nature Communications dall'International Institute for Applied Systems Analysis dell'Austria. I ricercatori hanno scoperto che le alternative a base vegetale potrebbero ridurre le emissioni di gas serra dell'agricoltura del 31% entro il 2050. Gli americani consumano la maggior quantità di carne pro capite – circa un quintale all'anno - e questa cifra è rimasta a malapena invariata negli ultimi due decenni, nonostante la crescente consapevolezza dell'enorme influenza dell'industria della carne e dei latticini sul riscaldamento globale.